Politica

Monica Cirinnà e lo scivolone sulla colf: da che pulpito viene l’indignazione

Certe uscite vengono male, a volte. E l’intervista rilasciata da Monica Cirinnà costituisce, in termini tecnici, uno scivolone bello e buono. Sia per l’uso di parole che andavano evitate, sia perché quando sei così visibile è meglio pesare ogni singolo termine. E su questo, credo, possiamo essere tutti e tutte serenamente d’accordo.

Concentriamoci, pure, su un altro punto di tal questione. Le scuse. La senatrice dem ha riconosciuto il suo errore. Non ha detto che è stata fraintesa. Non ha addossato la colpa a chi non ha capito le sue parole. Non ha usato quel fastidiosissimo “se qualcuno si è sentito offeso”. Si è scusata. Fine. Non è proprio una cosa che sentiamo dire spesso alla nostra classe politica. Forse bisognerebbe dargliene atto.

Ancora: è vero che le parole creano immaginari specifici. Per cui, l’uso di certi vocaboli si presta a essere letto come classista. Fa parte, appunto, delle criticità imputabili. Ma soffermiamoci sulla persona: risulta tra quelle che usano abitualmente questo tipo di linguaggio? O la sua eccezionalità non potrebbe far pensare che di scivolone, appunto, si tratta? Rifletterei anche su questo.

E basterebbe questo per chiudere la questione, ma viviamo in tempi crudeli. Una volta scatenata l’indignazione a buon mercato e a costo zero contro il nemico di turno, la bufera di parole di cui si nutre il web non solo non si ferma, ma prende forza da se stessa. La gente si costerna, s’indigna e s’impegna a sottolineare il male del mondo, attaccandolo. Identificato il mostro, basterà accanirsi contro di esso. Il mostro, a questo giro, è lei.

Non mi interessa difendere il personaggio pubblico. E nemmeno il personaggio politico. Mi interessano invece gli squilibri, soprattutto quelli narrativi, in atto.

In primis: l’agio economico come colpa. Rimando alle parole di Andrea Scanzi: “La gente è invidiosa, e tutto ti perdona fuorché il successo. I soldi, la fama, la felicità (apparente). Se si vede un uomo o una donna (o entrambi!) di successo, scatta in molti il sentimento di invidia: ‘Perché loro sì e io no?’. E parte il linciaggio. Un meccanismo tanto antico e banale quanto abietto”. Certo: dice ciò in riferimento alla cuccia del cane, ma credo che possano valere anche per spiegare quell’odio più viscerale. Quello di pancia.

Aprendo una parentesi sulla “cuccia del cane”, rifletterei anche su un altro aspetto: il fatto che due politici abbiano denunciato il ritrovamento di un’ingente somma li ha resi, di default, come ladri colti con le mani nel sacco. Frutto di un’antipolitica che dura da vent’anni e che ha inquinato il dibattito pubblico. A proposito di squilibri narrativi.

Se hai una tenuta agricola, dai lavoro a diverse persone e crei ricchezza, in un sistema come il nostro, è inevitabile che la tua vita sia abitata dal benessere. È un problema? Se lo è, è di sistema. Le polemiche che leggo, però, sul fatto che sia una donna di sinistra e che abbia una tenuta a Capalbio a volte sembrano più il riflesso di un discreto rodimento che una critica al sistema. E fanno decisamente ridere quando provengono da quelle latitudini politiche che fanno la loro fortuna proprio sul mantenimento di privilegi e disuguaglianze.

Le accuse di classismo, poi. Ripeto: al netto del fatto che certe uscite siano infelici e da evitare, ma nessuno di noi ha mai detto di qualcuno che ci ha deluso per il trattamento subito dopo un rapporto di lavoro, che era pagato bene? E dunque che, secondo noi, non c’erano i motivi per piantarci in asso sul più bello? Magari usando una formula iperbolica. Poi, ho riso molto quando ho visto mettere certi like agli stati indignati contro Cirinnà per le parole “classiste” sulla colf. Dagli stessi che, in occasione dell’aperitivo ultra-chic con cui aprono intere stagioni della loro vita sociale su Instagram, accompagnano il tutto con selfie di rito e un “ciao povery” come didascalia. E basterebbe questo per derubricare il tutto come una delle tante formule di scarso senso del ridicolo che i social hanno reso fin troppo evidente.

Ma c’è dell’altro, temo. Controllerei da quali pulpiti vengono tweet e post indignati, condivisioni e ironie fin troppo facili. Non tanto per quanto riguarda la semplice utenza, ma per quel che riguarda protagonisti politici fin troppo noti. Non vorrei, infatti, che dietro questo ennesimo shitstorm si stia lavorando, dietro le quinte e attaccandosi ad altro, per avvelenare il clima del dibattito in vista della ripresa delle attività parlamentari a settembre. Quando ripartiranno i lavori sul ddl Zan. Di cui Cirinnà è una delle più fervide sostenitrici. Eviterei di prestare il fianco, seppur in modo inconsapevole, a questo tipo di dinamiche.