Scienza

Coronavirus, si aggiornino le linee guida sulle terapie domiciliari

Si è svolta il 5 agosto scorso un’importante conferenza stampa alla Sala Nassiriya del Senato sulle terapie domiciliari dei pazienti affetti da Covid-19. Si è trattato in realtà di un aggiornamento della proposta già presentata nell’aprile scorso e qui disponibile.

Il 5 agosto, unico relatore sui contenuti medici è stato il dottor Alberto Donzelli, coordinatore del Comitato scientifico della fondazione Allineare Sanità e salute. Come indica il nome stesso, la fondazione si propone di riallineare e far convergere finalità e interessi di coloro che operano in Sanità con il raggiungimento della salute, cosa facile a dirsi, ma che implica un capovolgimento completo dell’attuale modello sanitario che basa remunerazione degli attori e finanziamenti delle loro organizzazioni sulla malattia e non sulla salute.

Gli attuali sistemi sanitari infatti in quasi tutti i paesi occidentali – compreso il nostro – sono fondati sulla remunerazione delle prestazioni fornite e “premiano” di fatto la malattia perché, tanto più numerosi e complessi saranno gli interventi diagnostici e terapeutici forniti (e ampio il differenziale tra tariffe e costi di produzione), tanto più elevato sarà il ricavo e guadagno finale che ne deriva. Ciò porta a gravi distorsioni dell’intero sistema, che vede non conveniente il raggiungimento e il mantenimento della salute e che punta piuttosto all’incremento delle prestazioni erogate, a partire da quelle più remunerative. Anche per il trattamento della Covid questo è il modello che abbiamo visto essere puntualmente riproposto, ad esempio con l’abbandono del plasma iperimmune a vantaggio dei ben più costosi anticorpi monoclonali.

Fortunatamente, in aggiunta a quanto già illustrato in aprile, esistono farmaci efficaci e di basso costo per il trattamento precoce della Covid e questi sono stati l’oggetto della conferenza stampa del 5 agosto. Il primo farmaco che dovrebbe entrare nel trattamento precoce del Covid-19 è l’ivermectina che rientra fra i farmaci essenziali dell’Oms: è a basso costo, fu scoperto nel 1975 e valse il Nobel agli scopritori, si assume per bocca, è ampiamente usato in veterinaria e utilizzato nell’uomo come antielmintico e per infestazioni da pidocchi, scabbia eccetera. Contro la Covid è impiegato con successo in Sud America, India e alcuni paesi africani e un aggiornamento in tempo reale del suo utilizzo nella Covid è qui disponibile.

A oggi sono stati pubblicati complessivamente 60 studi – di cui 30 randomizzati e controllati – che hanno testato ivermectina su oltre 20mila partecipanti affetti da Covid 19 dimostrando una riduzione della mortalità mediamente del 64% per un uso precoce e del 96% in profilassi; anche altri parametri quali ospedalizzazione e perdita di infettività sono nettamente migliorati e il trattamento è ben tollerato (e lo è stato anche a dosi più alte di quelle normalmente usate).

Un altro farmaco di basso costo e che pure rientra fra i farmaci essenziali riconosciuti dall’Oms è lo iodopovidone, noto con il nome commerciale di Betadin e usato da 150 anni come antisettico. In uno studio randomizzato e controllato condotto in Bangladesh 303 pazienti con Covid-19 in fase iniziale hanno eseguito sciacqui/gargarismi, gocce nasali e oculari con 1% di iodopovidone ogni quattro ore per quattro settimane e altri 303 trattamento identico ma con sola acqua tiepida, in entrambi i casi in aggiunta alle terapie standard. Nel gruppo trattato con Betadine i vantaggi sono stati molto significativi: nella settima giornata solo il 2.6% dei pazienti rispetto al 70% dei controlli era positivo al virus, il supporto con Ossigeno si è reso necessario nel 3.3% versus il 21% e addirittura la mortalità è risultata dello 0,7% nel gruppo Betadin, versus il sei percento nel gruppo di controllo. Anche da altri studi randomizzati e controllati che avevano come obiettivo la negativizzazione virale o miglioramenti clinici sono emersi risultati parimenti confortanti, anche in termini di mortalità.

Anche l’indometacina, un anti-infiammatorio di comune impiego, è stato utilizzato in confronto con paracetamolo su 210 pazienti Covid, i pazienti hanno ricevuto tutti lo stesso trattamento (ivermectina, doxicliclina, vit C…) con l’unica differenza che metà sono stati randomizzati a indometacina e gli altri a paracetamolo. I vantaggi nel gruppo che ha ricevuto indometacina sono stati importanti sia sulla riduzione dei giorni di febbre, tosse e dolori muscolari, ma soprattutto sulla funzionalità respiratoria perché mentre nessun paziente trattato con indometacina ha avuto bisogno di ossigeno, ben 20 di quelli trattati con paracetamolo l’hanno dovuto ricevere.

Mi auguro che le istituzioni preposte rapidamente recepiscano queste conoscenze e aggiornino linee guida e indicazioni operative, anche perché trovo davvero sconcertante che queste tematiche, che dovrebbero essere patrimonio comune di tutte le forze politiche, siano di fatto ignorate dai rappresentanti della “sinistra” e del Movimento 5 Stelle, e siano viceversa appannaggio pressoché esclusivo della “destra”, visto che anche la conferenza stampa del 5 agosto era stata indetta da Lega e Forza Italia. Se davvero la salute e l’utilizzo appropriato delle risorse stanno a cuore a chi ci governa, schieramenti e logiche “ideologiche” dovrebbero tramontare una volta per tutte.