Diritti

Pegasus, il software spia fa ancora danni: ecco una nuova ricerca

Una nuova piattaforma interattiva, realizzata da Forensic Architecture col sostegno di Amnesty International e di Citizen Lab, ha rivelato la diffusione globale del famigerato software Pegasus, realizzato dall’azienda israeliana di sorveglianza elettronica Nso Group.

Il progetto, intitolato “Violenza digitale: come Nso Group favorisce il terrore di stato”, documenta attacchi informatici contro difensori dei diritti umani nel mondo e mostra le relazioni tra la “violenza digitale” del software Pegasus e i rischi cui vanno incontro, nel mondo reale, avvocati, attivisti e altri esponenti della società civile.

Nso Group è uno tra i principali player di un’industria della sorveglianza che si muove nell’ombra. Il suo software Pegasus è stato usato in alcuni dei più insidiosi attacchi ai difensori dei diritti umani. Quando si installa in uno smartphone, consente a chi compie l’attacco di ottenere completo accesso a messaggi, e-mail, fotografie, video, microfono, videocamera, telefonate e contatti.

Nella piattaforma, Edward Snowden è la voce narrante di una serie di video sugli attivisti per i diritti umani e i giornalisti presi di mira dal software Pegasus. Hanno collaborato anche il compositore Brian Eno e la regista Laura Poitras, il cui film sul progetto è stato presentato nei giorni scorsi al festival di Cannes.

La piattaforma online è uno dei più completi database sulle attività di Nso Group: vi si trovano informazioni sulle licenze all’esportazione fornite dai governi israeliani, sui compratori, sugli attacchi informatici e fisici ai danni di persone spiate dal software Pegasus: intimidazioni, minacce e arresti. La piattaforma fa inoltre luce sulla complessa struttura aziendale di Nso Group.

Amnesty International e Citizen Lab hanno più volte denunciato come centinaia di difensori dei diritti umani nel mondo siano stati presi di mira grazie all’uso del software Pegasus.

Amnesty International continua a chiedere a Nso Group di adottare misure urgenti per assicurare che non causi o contribuisca a causare violazioni dei diritti umani e di intervenire ogni volta che ciò succeda. Le sue forniture di strumenti per sorveglianza elettronica devono essere accompagnate da un’adeguata diligenza dovuta sui diritti umani e dall’adozione di misure per assicurare che i difensori dei diritti umani e i giornalisti non continuino a essere vittime dalla sorveglianza illegale.

Una delle storie narrate sulla piattaforma è quella dell’accademico e attivista marocchino Maati Monjib. Nell’ottobre 2019 Amnesty International aveva denunciato che il suo telefono era stato infettato dal software Pegasus. Monjib continua a essere attaccato dalle autorità marocchine per le sue attività in favore dei diritti umani. Nel dicembre 2020 è stato persino arrestato, prima di essere rimesso in libertà con la condizionale il 23 marzo 2021. “Le autorità sapevano ogni cosa io dicessi. Ero in pericolo. La sorveglianza fa danni enormi alla salute mentale della vittima. La mia vita è cambiata molto a causa di tutte queste pressioni” racconta Monjib nel video pubblicato sulla piattaforma.

Amnesty International chiede che le accuse contro Monjib siano annullate e che le autorità pongano fine alle azioni persecutorie contro di lui e i suoi familiari.