Diritti

Libia, le associazioni scrivono al governo Draghi: ‘Si cancellino accordi’. Pronta la risoluzione trasversale: ‘Stop finanziamenti a chi viola diritti’

Stralciare gli accordi, cancellare il Memorandum con la Libia. E sospendere i finanziamenti alla presunta Guardia costiera libica, in realtà gestita e infiltrata da milizie e trafficanti. Con una lettera-appello rivolta al governo Draghi, 29 associazioni e ong laiche e religiose, riunite nel tavolo Asilo e Immigrazione e impegnate sul fronte dell’accoglienza, hanno rivendicato la necessità di una netta discontinuità sul fronte della gestione dei flussi, rispetto all’indirizzo in vigore fin dal 2017 dai tempi del governo Gentiloni, con Marco Minniti ministro dell’Interno, e poi confermato dagli esecutivi successivi.
Una linea che, in vista della discussione sul Decreto Missioni (atteso a Montecitorio per il prossimo 15 luglio, ndr) sarà però confermata anche dall’attuale governo: “Restiamo sbalorditi dal fatto che l’Italia stia andando avanti come se niente fosse successo in questi anni, come emerso dalle audizioni dei ministri degli Esteri e della Difesa, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, in commissione. Il governo continua a pagare le motovedette che sparano anche ai nostri pescatori, nonostante gli 800 morti in mare superati quest’anno, secondo quanto riportato dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) “, ha rivendicato Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione dell’Arci, nel corso di una conferenza stampa in Senato.
“Da allora, oltre alla strage di innocenti in mare, assistiamo all’intervento della cosiddetta Guardia Costiera libica, finanziata con risorse italiane e dell’Ue, che ha operato respingimenti riconducendo più di 60mila persone nei centri di detenzione governativi e soprattutto, fatto ancor più grave, in quelli gestiti dalle milizie paramilitari. Chiediamo lo stop di questi finanziamenti”. Anche perché, spiegano, inchieste e denunce non mancano, come hanno mostrato anche le recenti immagini del video-denuncia di Sea Watch, con la motovedetta Ras Jadir, donata dall’Italia, che effettuava manovre di tentato speronamento di un’imbarcazione con 63 migranti a bordo, nella zona SAR maltese, per poi spararle contro.
“In queste ore il Governo ha inviato al Parlamento la delibera che rinnova le missioni militari, compresa quella che riguarda la Libia e il sostegno alla Guardia costiera libica. Bisogna invece interromperlo al fine di porre fine ai respingimenti illegali”, hanno continuato le associazioni, lanciando un appello anche ai partiti di tutto l’arco del Parlamento, nel corso della conferenza stampa a Palazzo Madama. “Se è vero che il presidente Draghi è un convinto europeista, abbiamo tenuto a fargli sapere che così l’Europa rischia di affogare nel Mediterraneo”, ha aggiunto Miraglia. Il rifinanziamento prevederà lo stesso assetto per quanto riguarda le missioni in Libia: saranno investiti 30 milioni in più per le missioni navali Irini e Mare sicuro, mentre nessuna novità ci sarà per la ricerca e il soccorso. Lo stesso Lorenzo Guerini in commissione aveva anche precisato che “si interverrà solo se qualche assetto di Mare sicuro si troverà proprio vicino a un natante in distress, altrimenti la missione non rientra nelle attività di soccorso in mare. Questo è molto preoccupante”, hanno ricordato le associazioni.
L’appello è raccolto però, almeno per ora, soltanto da un drappello trasversale di parlamentari, deputati e senatori, di diversi partiti della vecchia maggioranza giallorossa: da Riccardo Magi (+Europa), ai dem Francesco Verducci e l’ex viceministro dell’Interno Matteo Mauri, passando per il deputato e presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto, fino a ex deputate M5s come Doriana Sarli e Yana Chiara Ehm. Numeri che non bastano però per cambiare linea. Tradotto, sarà un remake di quanto già visto negli anni passati: anche lo scorso anno, il 16 luglio 2020, la Camera approvò il rinnovo delle missioni internazionali tra le divisioni della vecchia maggioranza, soprattutto sul dossier della Libia, con i voti anche del centrodestra e tra le polemiche di un fronte che raggiunse a Montecitorio 23 dissidenti, contrari al rifinanziamento, tra i quali gli stessi Palazzotto e Magi, ma anche Nicola Fratoianni (LeU), Matteo Orfini e Laura Boldrini (Pd).
Divisioni che si ripeteranno presto in Aula: “Siamo pronti a presentare una risoluzione alternativa per stoppare il rifinanziamento. Abbiamo aspettato fino ad oggi che ci fossero novità da parte dei ministri degli Esteri e della Difesa, Luigi Di Maio e Lorenzo Guerini, sulle modifiche al Memorandum sul quale si era impegnata la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, ma dobbiamo registrare la resa incondizionata del governo italiano rispetto alle milizie libiche che gestiscono sia la presunta Guardia costiera libica che il traffico degli esseri umani“, ha rivendicato Palazzotto.
E ancora: “Ci sono dei costi che il nostro Paese non si può permettere. Si interrompa subito la missione di supporto alla guardia costiera libica fino a quando non ci saranno garanzie effettive”. Non è l’unico: “Voterò no al rifinanziamento, non possiamo far finta di non vedere le continue violazioni dei diritti umani perpetrate nei centri di detenzione libica”, ha spiegato pure il dem Verducci. “Dobbiamo stabilizzare la Libia, ma non possiamo continuare a essere complici e autori di quei reati”, è la linea del senatore ex M5s Gregorio De Falco.
“Ci aspettiamo che quest’anno finalmente il Pd prenda posizione, Enrico Letta è sempre stato attento a questi temi, dato che con lui al governo c’era stata anche l’esperienza di Mare Nostrum. Bisogna ripartire da lì. Ma tutto il Parlamento prenda posizione”, ha rivendicato lo stesso Verducci. La richiesta è che intervenga lo stesso neo segretario, dopo che il documento approvato dall’assemblea del partito ai tempi della gestione ZIngaretti, nel febbraio 2020, chiedendo discontinuità, era stato poi invece dimenticato e ignorato in Aula. “Ci aspettiamo una svolta dai dem”, è il segnale rivolto verso il Nazareno. Già da anni, però, al di là dei cambi in segreteria, non in grado di archiviare la stagione Gentiloni-Minniti.