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Migranti, accordo tra Draghi e Merkel: otto miliardi dall’Ue per il rinnovo degli accordi con la Turchia sul blocco della rotta balcanica

La somma è un decimo dei 79,5 miliardi che la Commissione europea ha destinato al finanziamento dei progetti di cooperazione internazionale: in cambio, Roma ha ottenuto l'appoggio tedesco per rafforzare la presenza dell'Unione in Africa. Ancora in alto mare i negoziati sui ricollocamenti: "Ci vorrà del tempo"

Otto miliardi di euro stanziati per rinnovare l’accordo con la Turchia sul blocco dei migranti ed estenderlo nei prossimi mesi anche a Libia, Tunisia e Marocco. È la somma messa sul tavolo nel vertice tra Mario Draghi e Angela Merkel, un decimo dei 79,5 miliardi che la Commissione europea ha destinato al Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument, la linea di finanziamento per i progetti di cooperazione internazionale. Di questi, almeno sei – lo stesso importo stabilito cinque anni fa, nel 2016, al momento della chiusura dell’accordo – saranno destinati al governo di Ankara perchè prosciughi sul nascere il canale migratorio che dal Medio Oriente (e in particolare dalla Siria) porta in Europa attraverso la rotta balcanica.

Nell’incontro tenuto lunedì a Berlino, i due capi di Governo hanno condiviso la necessità di arrivare a un modello di gestione delle migrazioni che coinvolga sempre di più i Paesi di origine e transito e pesi sempre di meno sull’Europa. E il premier italiano ha confermato la volontà di puntare sull’accordo voluto proprio dalla Germania, il finanziamento al governo turco di Recep Tayyip Erdoğan, definito dallo stesso Draghi un “dittatore” appena poche settimane fa. Sul dossier migratorio l’impegno è ad “aiutarsi reciprocamente“, dichiara Draghi, spiegando che con la Cancelliera ci sono “vicinanze di vedute sulla dimensione esterna” del fenomeno. “Entrambi siamo dell’avviso che non si possa andare avanti senza la cooperazione con la Turchia“, ha rilanciato Merkel.

In cambio, Roma ha ottenuto l’appoggio tedesco per rafforzare la presenza propria e dell’Unione in Africa. “Non solo in Libia e Tunisia – specifica Draghi – ma anche in Sahel, Mali, Etiopia ed Eritrea. Occorre che l’Ue sia economicamente più sentita e che ci sia anche una presenza tecnica, non solo per contenere i flussi ma anche per organizzare l’immigrazione legale e aiutare questi Paesi a stabilizzarsi e ritrovare la pace”. Resta in alto mare invece la discussione sui ricollocamenti, che sta a cuore ai Paesi di primo arrivo (Italia, Spagna, Grecia e Cipro) ma su cui gli altri Stati membri si mostrano piuttosto freddi. “L’Italia è un Paese d’arrivo, noi invece siamo interessati da movimenti secondari“, ha messo in chiaro la Merkel. E Draghi ha dovuto ammettere che su questo tema i negoziati “prenderanno del tempo“.