Cultura

Facciate e segni del tempo, come valorizzare le nostre città all’epoca del superbonus

Alcuni giorni fa mi ha telefonato un noto giornalista torinese, chiedendomi lumi su una vicenda che lo preoccupava e nello stesso tempo appassionava, tanto da raccontare poi la sua avventura su La Stampa.

Si trattava del palazzo dei suoi nonni, dove si stavano compiendo imponenti lavori di manutenzione straordinaria. Uno dei tantissimi lavori che hanno trasformato la città di Torino, come tutte le città italiane, in un unico immenso cantiere. Non è un improvviso desiderio di rinnovamento urbano, ma il risultato di norme varate nella Legge di bilancio 2020, prorogate sino al 31/12/2021, per mezzo delle quali sono previste invitanti deduzioni fiscali. Si tratta del superbonus 110, detto anche “ecobonus” e del “bonus facciate” della L.178/2020, il primo destinato al risparmio energetico, il secondo al decoro delle facciate.

Tutti gli amministratori, già l’anno scorso, si sono affrettati a convocare assemblee straordinarie per deliberare questa “occasione della vita”. Ovviamente il progetto e la successiva costruzione, sono dettagli, solo pratiche edilizie da sbrigare in fretta per ottenere l’agognato sconto fiscale. Cosicché nella scelta dei progettisti, ininfluente il curriculum e così per le imprese di costruzioni, non certo qualificate Soa, obbligatorio per i lavori pubblici, con la categoria adeguata al restauro, un dettaglio per l’appunto.

Che sarà mai fare un cappotto termico, che sarà mai dare un po’ di tinta, mica ci vuole un architetto esperto, basta un qualsiasi tecnico abilitato, così anche per la sicurezza: il noto D. Lgs. 81/08 prevederebbe, in fase di esecuzione, la presenza quotidiana e costante del Responsabile, la figura che serve ad evitare tragici incidenti ai lavoratori.

Le nostre città sono dotate di un tessuto storico importante e delicato, frutto di stratificazioni determinate dai tanti edifici che ne costituiscono la trama. Questi sono stati progettati in epoche lontane, sia nella componente interna, sia strutturale, sia nell’involucro. Alla parte iniziale della costruzione: materiali di rivestimento dei paramenti esterni, decori, stiacciati, si sono aggiunti poi nel tempo altri “segni”. Per quanto riguarda la scelta cromatica più giusta, o si consulta l’archivio edilizio storico, oppure si effettuano dei saggi, al netto del fatto che in molte città ci sono dipartimenti di Arredo Urbano che indicano criteri, anche se a volte poco condivisibili.

Queste sono le buoni prassi di un architetto che ama definirsi tale anche per doveroso rispetto al collega che l’ha preceduto centinaia di anni prima.

Molte città, Torino in primis, si sono dotate di un piano colore, sul quale molte volte mi sono non trovata d’accordo perché si rifà al piano del periodo francese dell’800 che interpreta edifici di età barocca con cromie diverse delle originarie. Per un edificio per cui ebbi l’incarico di restauro, a seguito di saggi, ebbi la sorpresa di trovare una inedita tonalità azzurro polvere, ben diverso dal giallino d’ordinanza imposto dal Comune. La mia scelta fu ovviamente accettata dalla Commissione di Arredo Urbano, proprio per le prove dei saggi effettuati.

Per quanto riguarda viceversa “misteriosi” segni che appaiono sulle facciate dei nostri palazzi, quasi sempre ad altezza d’uomo, essi sono le indicazioni segnaletiche che apparvero negli anni 40. Lettere di salvezza in quanto dovevano preservare i cittadini da attacchi aerei e permettere loro di salvarsi in tempo. Apparvero così dopo la pubblicazione in GU del 20 giugno 1940 n. 144, le lettere R, US, V, C, I, P, indicanti in ordine: rifugio antiaereo, uscita di sicurezza, cisterna d’acqua, idranti, pozzo.
Gli edifici sensibili come scuole, ospedali, chiese ed edifici storici erano dotate di vistosi segni anche sui tetti, che avrebbero dovuto preservarle da devastanti attacchi aerei; purtroppo molte volte non andò così…

Solo recentemente si è manifestata la sensibilità alla conservazione e restauro di questi simboli realizzati con vernici particolarmente resistenti quali la membranite. Due Comuni, Roma e Faenza, a seguito della ricerca e segnalazioni di esperti e studiosi, hanno provveduto a normarle, nelle altre città occorre ricorrere all’impegno del singolo progettista che si può appellare al D. Lgs. 42/04 ma anche a generici intenti di tutela nei R.E. comunali.

Un altro tassello per il rispetto, la tutela e la preservazione della Storia e della Bellezza.