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Gagarin, l’uomo che aprì le porte dello Spazio

12 aprile 2021. Si celebrano due anniversari: 60 anni fa il primo uomo a orbitare intorno alla Terra, 40 anni fa la missione del primo veicolo spaziale riutilizzabile.

12 aprile 1961. Sono le 9:07 del mattino a Baikonur, Kazakhstan, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Nelle prime luci dell’alba c’è grande animazione intorno al razzo Vostok-K 8K72K. In cima ad esso 4750 chili di capsula spaziale denominata Vostok I dal carico utile limitato. Non più di 72 kg per un metro e settanta di altezza. Perché, prima assoluta, viene inviato nello spazio, o meglio lanciato, perché non può fare nulla per controllare il volo, un essere umano.

Il fatto è che non si sapeva se in assenza di peso l’occupante potesse essere in grado di pilotare. Forse per tacitare pesanti senso di colpa, qualcuno decise di mettere in una busta chiusa il codice di sblocco e di darla al cosmonauta, forse pilota. Si chiama Yuri Alekseyevich Gagarin. Tenente dell’aviazione dell’Unione Sovietica. Un piccolo, grande uomo. Altezza 1.57 m. Peso 68 kg. Dal suo profilo psicoattitudinale: “…modesto; elevato grado di sviluppo intellettuale, memoria formidabile; immaginazione ben sviluppata; rapido nel reagire; eccelle nella matematica superiore; comprende la vita meglio dei suoi colleghi…”.

Quale comprensione della vita è necessaria per imbarcarsi in una missione quasi suicida? Nessun uomo era mai andato prima nello spazio e tornato vivo. Il tasso di successo dei lanci sovietici era pari a un mezzo: ogni due lanci uno falliva. Yuri lo sa. Ha lasciato scritta una lettera di addio a sua moglie da consegnare in caso di…, ma non si tira indietro.

09:07 ora locale; 06:07 UT. Il responsabile di lancio Korolyov informa via radio Gagarin: “Stadio preliminare… intermedio… principale… Decollo! Ti auguriamo buon volo. Tutto va bene”. Gagarin: “Si parte! Arrivederci… ci si vede presto, amici cari. Poyakhali!” Poyakhali in russo è un modo amichevole per dire “facciamolo!”.

Alle 06:17 UT si stacca il secondo stadio e la Vostok 1 è in orbita. 108 minuti più tardi la capsula rientra dopo avere percorso circa 41mila chilometri intorno alla Terra. Un giro completo.

Ore 07:25 UT. Inizia la procedura di rientro. I retrorazzi si accendono per 42 secondi, frenando la capsula. Si stacca il modulo di controllo, ma non del tutto. Rimane attaccato da un fascio di cavi.

Ore 7:35 UT le due parti iniziano il rientro e cominciano a ruotare in modo incontrollato. Fortuna vuole che i cavi cedano. La capsula è libera. La Vostok 1 continua a ruotare come una trottola impazzita, ma Yuri comunica a terra che tutto va bene.

Ore 07:55. Quota settemila metri. Si stacca il portellone. Due secondi dopo Gagarin viene espulso. All’altezza di 2500 metri si apre il paracadute principale della capsula, ormai senza occupante. Anche il paracadute di Gagarin si apre senza problema. Alle ore 08:05 Gagarin atterra. Un contadino e sua figlia osservano la scena. Stanno per scappare, impauriti, quando quell’omino, nella sua tuta arancione, dice loro di non avere paura e mostra loro il suo casco dove era stata dipinta a mano, poco prima della partenza, la sigla CCCP dicendo che lui è un cittadino sovietico appena sceso dallo spazio e deve trovare un telefono per chiamare Mosca.

Dal punto divista tecnico la missione Vostok 1 dimostrò la capacità di gestire il problema dell’assenza di peso e la possibilità di rientrare nell’atmosfera senza danni. Aprì la seconda fase della corsa allo spazio dove vennero messe a punto le tecniche di rendez-vous, le passeggiate spaziali, l’attracco e stacco fra veicoli orbitali e stazioni spaziali.

Stette il mondo immemore, orbo da tanto spiro… che aveva aperto le porte dello spazio. Gagarin viene nominato eroe e pilota cosmonauta dell’Unione Sovietica, insignito dell’ordine di Lenin. Gli vengono eretti monumenti. Nominate strade. Gira il mondo, è già entrato nel mito, invitato da molti, ma non da uno. John Fitzgerald Kennedy vietò che fosse invitato negli Usa. Yuri suscitava troppe simpatie. Per la sua impresa, certamente, ma anche per il suo fascino personale, il suo sorriso sincero. Gli Usa avevano preso una seconda sonora sberla. Il loro ego era già stato ferito dai bip bip trasmessi dallo Sputnik, il primo satellite artificiale lanciato in orbita dai sovietici il 4 ottobre 1957. A titolo di curiosità, era una sfera di 58 cm di diametro, pesante 83.6 kg.

Gli americani la presero male, molto male. Al punto che un mese e mezzo dopo l’impresa di Gagarin, il neo-presidente Kennedy annuncia al Congresso il programma di “…far sbarcare un uomo sulla Luna e riportarlo sano e salvo sulla Terra” entro la fine del decennio. Un vero azzardo, un salto nel buio, ma i sovietici devono essere battuti nella corsa allo spazio.

L’obiettivo venne conseguito. Le missioni Apollo sono storia. Tuttavia lo smacco subito non è mai stato del tutto assorbito. Fu davvero un caso che il primo lancio del primo STS, Space Transportation System, meglio conosciuto come Space Shuttle Columbia, sia avvenuto il 12 aprile 1981?

Il conto alla rovescia era iniziato il 5 aprile. Ora zero prevista cinque giorni dopo, il 10 aprile. Guarda caso insorse un problema di sincronizzazione fra i 5 computer di bordo. Ci volle una giornata di lavoro per scoprire che c’erano 40 millisecondi di differenza fra i 4 elaboratori primari e quello di scorta. Altre 24 ore per aggiornare il software e risolvere il problema e l’ora zero si sposta al 12 aprile. Ufficialmente tutto accadde per coincidenze fortuite. Storia plausibile, anche se alquanto improbabile. Dopo 54,5 ore e 36 orbite terrestri il Columbia plana silenziosamente e atterra con grande eleganza. Nulla a che fare con quella di grossa palla di metallo di un paio di metri di diametro, attaccata a un paracadute, che rimbalza senza controllo nella campagna della grande madre Russia venti anni prima.

Chissà se fu solo per caso che il pilota dello Shuttle Columbia, Robert L. Crippen, venne insignito con la medaglia d’oro del Congresso, il più alto riconoscimento per meriti aerospaziali del governo Usa. Ricorda qualcosa?

La competizione spaziale fra Federazione Russa (l’Unione Sovietica appartiene al passato) e gli Stati Uniti non si è certo esaurita. Collaborano quando serve, ma non sempre. Non è più una gara a due. Sono entrati nuovi contendenti: Europa, India, Arabia Saudita e soprattutto Cina. Ne vedremo delle belle. Non ci sarebbe da meravigliarsi se qualcuno annunciasse una grande scoperta nell’ambito della missione su Marte proprio il 12 aprile 2021…

Grazie Yuri, gli eroi possono essere anche piccoli e belli, ma muoiono comunque giovani. Te ne sei andato in uno stupido incidente aereo mentre ti stavi addestrando il 27 marzo 1968. Avevi solo 34 anni. Che le stelle siano con te. Grazie anche a tutti coloro, uomini e donne, che dedicano la loro vita ad aprire nuove prospettive per l’umanità tutta, oltre i confini del magnifico pianeta blu che ci ospita. Anche in loro onore il 12 aprile è stato dichiarato dalle Nazioni Unite nel 2011 “Giornata internazionale dell’uomo nello spazio”.