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Irlanda del Nord, dopo Brexit si teme il ritorno della violenza politica

Era prevedibile che l’accordo stipulato tra l’Unione Europea e il Regno Unito riguardo al confine irlandese riattivasse nell’Irlanda del Nord le tensioni politiche tra unionisti e filo-repubblicani. Ma nessuno aveva previsto una ripresa tanto rapida e feroce della violenza politica. A 100 giorni dalla Brexit nelle città dell’Irlanda del Nord tornano gli scontri tra cattolici e protestanti e le immagini di gruppi di ragazzini incappucciati e adulti che bruciano gli autobus, che si scontrano con le forze dell’ordine e si tirano le molotov sopra i muri divisori tra un quartiere e l’altro fanno presagire la fine di un periodo di pace che sembrava aver per sempre relegato la violenza dell’Ira e dei gruppi paramilitari degli Orange, i Loyalist, nel passato remoto dell’isola.

La genesi della rinascita della violenza politica nell’Irlanda del Nord va ricercata nei trattati stipulati da un governo britannico disattento, che ha voluto raggiungere un compromesso a tutti i costi, e dalla burocrazia governativa di Bruxelles, che in materia politica è decisamente poco professionale perché fondamentalmente autoreferenziale. La lista degli errori della Von der Leyen è lunga e continuerà ad esserlo fino alla fine del suo mandato, senza alcuna conseguenza tangibile per lei o il suo entourage perché non è stata eletta e quindi non potrà mai esserlo di nuovo. Eppure, l’ostinazione ad imporre un confine ‘duro’, con controlli e verifiche sui movimenti di merci e persone tra l’Unione Europea e il Regno Unito, sta avendo un impatto politico tremendo sulla popolazione dell’Irlanda del Nord, della Repubblica Irlandese e del Regno Unito.

Per tutta la durata delle negoziazioni Londra si è rifiutata di accettare le richieste di Bruxelles di erigere un confine in Irlanda. Lo scopo era prevenire il ritorno della violenza settaria che tra il 1960 ed il 1998, quando venne firmato il Good Friday agreement, aveva mietuto tremila vittime.

L’accordo firmato in extremis a ridosso della Brexit da Londra e Bruxelles prevede così lo spostamento del confine nel mare d’Irlanda, quindi all’interno del Regno Unito: ciò significa che de facto l’Irlanda del Nord rimane parte dell’Unione Europea e del Regno Unito allo stesso tempo, con l’obbligo però di non diventare una porta secondaria di accesso tra i due.

Tutto ciò ha creato distorsioni economiche prevedibili che hanno confermato i timori di molti: che l’Irlanda del Nord venisse tagliata fuori dall’unione britannica, costretta a gestire i flussi di merci come se de facto fosse nell’Unione Europea. Già a gennaio giravano le immagini dei supermercati di Belfast o Londonderry vuoti: molte spedizioni dal Regno Unito si sono infatti arrestate a causa delle lunghissime pratiche burocratiche introdotte per attraversare il confine e dell’incertezza su come svolgerle. Gli importatori irlandesi hanno denunciato l’aumento dei costi dei prodotti britannici dovuti alle spese doganali, una situazione surreale.

Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la minaccia da parte dell’Unione Europea di ignorare parte dell’accordo, onde evitare che i vaccini europei raggiungessero il Regno Unito attraverso l’Irlanda del Nord. L’idea, anche remota, che si erigesse un confine all’interno dell’Irlanda ha scatenato le ire delle forze Loyalist, già preoccupate che il confine nel mare del Nord facesse gravitare l’Irlanda del Nord sempre più verso la Repubblica Irlandese, fomentando la spinta a diventarne parte. Non è bastata la dichiarazione della Von der Leyen che tale minaccia era stata un errore del suo ufficio a placare gli animi.

Insufficienti sono state anche le rassicurazioni di Londra riguardo alla possibilità di posporre la ratificazione dell’accordo riguardo al confine nel mare d’Irlanda al 2024, quando le forze politiche dell’Irlanda del Nord potranno esprimersi a riguardo. Naturalmente Bruxelles non ne vuole sapere e ha minacciato altre ritorsioni.

A 100 giorni dalla Brexit il pensiero che nell’Irlanda del Nord torni la violenza politica degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta fa paura, e ci si augura che sia Boris Johnson che Ursula Von der Leyen non vogliano passare alla storia come coloro che ne hanno riacceso la miccia.