Economia

Aprile, l’agenda del mese decisivo per il governo Draghi: meno di quattro settimane per consegnare il Recovery, chiudere Def e scostamento di Bilancio per i nuovi sostegni

Di qui a fine mese una serie di appuntamenti cruciali per la politica economica. Il Documento di economia e finanza con le stime aggiornate su deficit e pil si intreccia con le decisioni sull'ulteriore indebitamento necessario per finanziare gli aiuti alle attività chiuse e con il rischio di ritardi nell'arrivo dei fondi del Recovery. Poi andrà approvato il "decretone" per velocizzare la spesa delle risorse Ue e in parallelo c'è da completare il Piano di ripresa. Intanto parte il valzer delle nomine nelle agenzie fiscali e nelle partecipate

L’ulteriore scostamento di bilancio con cui finanziare il secondo decreto Sostegni, indispensabile per aiutare le attività chiuse. E in parallelo il Documento di economia e finanza con le nuove stime sulla crescita e i conti pubblici, da presentare entro dieci giorni. Poi il pacchetto di semplificazioni per velocizzare la realizzazione delle opere pubbliche e dunque la spesa dei fondi del Next Generation Eu, nonostante l’incognita della Corte costituzionale tedesca che potrebbe ritardarne l’arrivo. Subito dopo il Recovery plan con il dettaglio sui progetti: la versione definitiva va inviata alla Commissione Ue entro il 30 aprile, dopo il confronto con gli enti locali e un’ulteriore comunicazione alle Camere. È il tour de force che attende il governo Draghi e in particolare il ministro Daniele Franco di qui a fine mese: settimane cruciali per la campagna vaccinale ma anche piene di appuntamenti decisivi per la politica economica e gli interventi per uscire dalla crisi Covid. Nel frattempo andrà risolto pure il rebus Alitalia. E inizierà il valzer delle nomine, a partire da quelle nelle agenzie fiscali, anche se la partita sulle partecipate pubbliche entrerà nel vivo più avanti.

L’incrocio tra Def e nuovo scostamento per aumentare gli aiuti – Entro il 10 aprile il cdm dovrebbe dare via libera al Def, la cornice macroeconomica in cui si inserisce la legge di Bilancio. Ma già si mette in conto uno slittamento verso la metà del mese. Quest’anno l’appuntamento è più importante del solito perché le nuove previsioni sul deficit (già al 7% del pil) e sul debito, ora dato al 155,6% del pil, dipendono dall’entità dell’indebitamento aggiuntivo su cui il governo intende chiedere via libera al Parlamento. Un nuovo scostamento che segue i 132 miliardi ottenuti tra marzo 2020 e gennaio 2021 dal Conte 2. La Lega sta alzando la posta e punta su un minimo di 30 miliardi, mentre il ministro forzista della pa Renato Brunetta ha parlato di “20 miliardi di scostamento al mese”. Ma il premier ha chiarito che – come suggerisce il buonsenso – prima si faranno i conti su quante risorse servono e poi si stabilirà la cifra. Contestualmente occorre decidere come distribuire quelle risorse: in questi giorni si parla di aiuti mirati solo alle attività chiuse e quindi più danneggiate. Il neosegretario del Pd, Enrico Letta, ha auspicato un intervento sui costi fissi, ipotesi emersa già a febbraio ma poi tramontata per velocizzare i versamenti.

L’altro numero su cui si concentra l’attenzione è l’andamento del pil: dopo il crollo dell’8,9% registrato nel 2020, la Nota di aggiornamento al Def dello scorso autunno lo dava in aumento del 5,1% tendenziale e del 6% programmatico, cioè considerando l’impatto delle misure di stimolo e dei fondi europei. Ora il nuovo esecutivo sta valutando una revisione al ribasso delle stime, alla luce della terza ondata e delle conseguenti nuove restrizioni, del ritardo della campagna vaccinale e del probabile rinvio dell’arrivo dei primi fondi a valere sul Next generation Eu. Stando alle ultime indiscrezioni la crescita tendenziale sarà limata al 4,1% mentre il deficit supererà il 10% del prodotto interno lordo.

Il pacchetto semplificazioni e le assunzioni nella Pa – In vista della presentazione del Piano di ripresa e resilienza, aggiornato e completo di target intermedi e finali, il governo deve poi preparare il terreno per facilitare la “messa a terra” dei finanziamenti. Le procedure vanno velocizzate per assicurarsi che le risorse siano spese entro il 2026: in caso contrario, la Commissione non rimborserà le spese. E lo stesso rischia si presenterà se l’Italia non rispetta il cronoprogramma. Franco ha annunciato “un pacchetto di norme di semplificazione procedurale che agevoli la concreta messa in opera degli interventi anche nel caso la realizzazione sia responsabilità degli enti territoriali”. I ministeri direttamente coinvolti nelle grandi linee di intervento del Piano, dalle Infrastrutture e mobilità sostenibile a quello della Transizione ecologica di Roberto Cingolani fino alla Trasformazione digitale di Vittorio Colao, stanno mettendo a punto proposte per evitare i colli di bottiglia. Al dicastero guidato da Enrico Giovannini lavora una commissione ad hoc con rappresentanti della Corte dei conti, del Consiglio di Stato e della Funzione pubblica. Tra le ipotesi c’è quella di una commissione unica per l’approvazione di tutti i pareri e le autorizzazioni sui progetti. In corso di valutazione l’ipotesi di sospendere temporaneamente il Codice appalti, proposta che non piace per nulla all’Autorità anticorruzione.

Su un binario parallelo viaggeranno le nuove procedure, preannunciate da Brunetta, per reclutare con contratti a termine gli specialisti e i tecnici necessari alla pubblica amministrazione per l’attuazione dei progetti. Il 6 aprile è atteso in Gazzetta ufficiale il bando Sud per reclutare nelle amministrazioni del Mezzogiorno 2.800 tra tecnici ingegneristici, esperti in gestione, rendicontazione e controllo, progettisti, esperti di innovazione sociale, analisti dei dati.

Il Recovery da consegnare a Bruxelles – Ma l’appuntamento più importante, intorno a cui ruota tutto il resto, è l’ultimo: l’invio a Bruxelles della versione completa e finale del Pnrr. In ballo ci sono 191,5 miliardi a valere sulla recovery and resilience facility più 13,5 miliardi dal fondo React-EU e 1,2 miliardi del Just Transition Fund, per un totale poco superiore a 206 miliardi. Rispetto al piano lasciato da Conte ci sarà una scrematura dei progetti – lì le voci da finanziare valevano 14 miliardi in più rispetto alle risorse Ue disponibili – anche se quelli “meritevoli” saranno portati avanti comunque con altre coperture. La prossima tappa, mentre procede la stesura finale, è l‘incontro dell’8 aprile tra il premier Draghi, i ministri e gli enti locali, per discutere anche della governance. Il titolare del Tesoro ha anticipato che nei ministeri, ma anche in tutte le altre amministrazioni che saranno in prima linea, saranno previsti “presidi settoriali” e “strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione del piano”. Oltre a una “piattaforma digitale pubblica centralizzata” che seguirà passo passo tutti i progetti rendendo via via disponibili i dati e i progressi nella spesa. Le nuove comunicazioni di Draghi al Parlamento, richieste dalle risoluzioni approvate da Camera e Senato nei giorni scorsi, dovrebbero essere calendarizzate l’ultima settimana di aprile, a ridosso della scadenza.

La partita delle nomine: da Cdp a Enel, Eni e Rai – E a quel punto per il governo si aprirà un’altra partita, quella delle nomine. I rinnovi dei vertici delle agenzie fiscali – Dogane, Entrate e Demanio – sono stati rinviati al prossimo consiglio dei ministri. Subito dopo arriverà l’ondata delle controllate pubbliche. I conti li ha appena fatti il Centro studi CoMar: con le prossime assemblee saranno rinnovati 74 consigli d’amministrazione e 41 collegi sindacali per un totale di 518 gli incarichi. Gran parte delle nomine (427) riguarda le 75 società a controllo indiretto attraverso gruppi come Enel, Eni, Ferrovie (con Anas), Invitalia e Poste Italiane. Le altre 91 sono all’interno di 15 società a controllo diretto, tra cui Cassa Depositi e Prestiti, Eur, Ferrovie dello Stato, Gse, Invimit, Rai, Sogei, oltre a Mps e Leonardo per i collegi sindacali. In Cdp è data per probabile la riconferma del presidente Giovanni Gorno Tempini. Mentre come ad, nel caso non fosse confermato Fabrizio Palermo, potrebbe arrivare l’attuale vicepresidente della Bei, Dario Scannapieco, o Matteo Del Fante, ex dg della Cassa, ora in Poste. La scelta è assai rilevante perché il gruppo che gestisce il risparmio postale gioca un ruolo di primo piano nella partita Autostrade e in quella della rete unica, su cui a breve sono attese decisioni.