Scienza

Covid, il “ritorno alla normalità” a inizio del 2022. Lo studio con tutti gli scenari possibili e le condizioni necessarie

uno studio condotto dall'Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Kessler, pubblicato sul server medRxiv e quindi non sottoposto ancora a revisione paritaria. Le stime lasciano sperare e sognare, ma a accanto ad esse ci sono delle condizioni essenziali

Per l’Italia il tanto agognato “ritorno alla normalità” potrebbe arrivare in estate, probabilmente ad agosto, mentre per raggiungere l’obiettivo “Zero-Covid” bisognerà aspettare gennaio-febbraio dell’anno prossimo. È lo scenario delineato da uno studio condotto dall’Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Kessler, pubblicato sul server medRxiv e quindi non sottoposto ancora a revisione paritaria. Le stime lasciano sperare e sognare, ma a accanto ad esse ci sono delle condizioni essenziali. La prima è di riportare nel più breve tempo possibile i contagi a 50 ogni 100mila abitanti a settimana. Non facile se consideriamo che oggi ci troviamo di fronte a cifre molto superiori, all’incirca quadruplicate. Seconda condizione: vaccinare 500mila persone al giorno. Terza condizione: riaprire gradualmente mantenendo l’Rt a 1 così da bilanciare l’allentamento delle misure con l’effetto vaccini.

Secondo lo studio, in base al migliore scenario, se le vaccinazioni procederanno a ritmo sostenuto, la campagna vaccinale in Italia potrebbe chiudersi nell’arco di 13 mesi totali, cioè per l’inizio del 2022. In questa situazione, le misure di contenimento potrebbero essere eliminate del tutto in 12 mesi, sempre a inizio dell’anno prossimo. Bisognerà poi attendere 18 mesi per arrivare in Italia a una situazione di “zero Covid”, che potrà essere dichiarata ufficialmente quando in due settimane non verrà registrato alcun contagio.

Altra questione centrale riguarda le varianti, che possono cambiare la situazione in qualsiasi momento. Lo studio ipotizza, infatti, che le varianti possano far aumentare la trasmissibilità del coronavirus dal 20% all’80% in più rispetto al virus originario. Nella peggiore delle ipotesi, cioè con una trasmissibilità superiore al 20%, diventerebbe arduo raggiungere l’obiettivo “zero Covid” in 2 anni. Tuttavia, i vaccini potrebbero fare la differenza: anche se il virus dovesse avere una maggiore trasmissibilità fino al 60%, in presenza di una forte campagna di vaccinazione, si potrebbero comunque allentare le misure di contenimento quasi completamente dopo 14 mesi.

Lo studio ribadisce che l’obiettivo principale rimane quello di raggiungere una capacità di vaccinazione di almeno 4 dosi giornaliere ogni mille abitanti. È infatti così che il ritorno alla normalità e l’abolizione delle misure di mitigazione potrebbero avvenire entro 7-15 mesi. Molti però gli ostacoli ancora da superare. “Le limitazioni nella fornitura di vaccini e nella logistica delle campagne vaccinali – spiegano gli esperti – implicano la necessità di diversi mesi prima che l’immunizzazione della popolazione si traduca in un impatto significativo. Nel frattempo, gli interventi non farmaceutici rimarranno lo strumento principale per mantenere il controllo dell’epidemia”.

Gli scienziati hanno preso in esame anche scenari in cui la vaccinazione viene rivolta prioritariamente ai ragazzi in età scolare e ai lavoratori. Ebbene, gli scenari mostrano un possibile allentamento delle misure anticipato di tre mesi. “Il nostro lavoro dimostra che i programmi di vaccinazione in scenari di mitigazione possono consentire un ritorno alla normalità entro un anno dal loro inizio se si ottengono una capacità e una copertura sufficienti”, dicono i ricercatori. “Sarà necessario monitorare le caratteristiche epidemiologiche delle varianti emergenti e l’efficacia dei vaccini, in modo tale che i modelli di previsione possano tenere conto di questi dati”, concludono.