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Si apre il World Economic Forum di Davos, per la prima volta “virtuale”. Pandemia, diseguaglianze e clima i temi dei dibattiti

Per la prima volta il vertice sarà "virtuale" con soli collegamenti video. Spicca l'assenza di Joe Biden ma il parterre è comunque ricco. I partecipanti si pongono l'obiettivo di "migliorare le condizioni del mondo", ma sinora alle parole sinora non sono mai seguiti fatti concreti

Come ogni anno, i “potenti” si ritrovano, un po’ più ricchi dell’anno prima, per dibattere del problema dell’aumento delle diseguaglianze. L’occasione è quella del famoso, o famigerato, World Economic Forum che si svolge da lunedì 25 a venerdì 29 gennaio. Solitamente il vertice si tiene a Davos, nelle Alpi svizzere. Quest’anno però il Forum sarà virtuale, con collegamenti da remoto. Almeno in questo la pandemia non ha fatto distinzioni. Ne ha fatte molte invece per quanto riguarda le iniquità a livello globale, aumentate ancora più velocemente del solito. Com’era abbastanza facilmente prevedibile, anche l’accaparramento dei vaccini sta diventando una specie di guerra con paesi di serie A e B e con il fondo destinato all’acquisto del farmaco per i paesi più poveri al momento gravemente sotto finanziato.

Più nello specifico i temi all’ordine del giorno del vertice sono: “Il nuovo mondo nell’era della pandemia, le rivoluzioni che ci impongono il cambiamento climatico e l’accelerazione digitale, con tutti i contraccolpi in termini di sostenibilità e sviluppo economico e sociale, senza dimenticare la deriva verso polarizzazioni e disuguaglianze”. “Vaste programme”, come si vede, su cui si confronteranno capi di Stato, leader di multinazionali e colossi bancari, scienziati ed economisti . Negli anni scorsi si arrivava a Davos, per discutere di riscaldamento globale, con una staffetta di jet privati, elicotteri e Suv. Quest’anno almeno l’impatto ambientale sarà, forzatamente, più modesto.

Ci sono tutti, tranne Joe Biden – Tra i partecipanti di spicco della politica ci sono il presidente della Repubblica popolare cinese, Xi Jinping, il presidente francese Emmanuel Macron, la cancelliera tedesca Angela Merkel, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte interverrà mercoledì prossimo. Assente invece, salvo sorprese dell’ultimo minuto, il nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden. In collegamento ci saranno poi il Segretario generale, Nazioni Unite, Antonio Guterres, il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, la presidente della Bce Christine Lagarde e anche il Direttore dell’Istituto Nazionale di Allergia e Malattie Infettive degli Stati Uniti Anthony Fauci che farà il punto sulla sfida contro il Covid-19.

Tema portante designato è “Global Reset Iniziative”, vale a dire impulso a ripartire dal ripensamento degli attuali modelli economici per far fronte alle grandi sfide globali, a partire proprio dalla pandemia con i suoi effetti devastanti sul tessuto economico e sociale. A riassumere intenzioni e obiettivi di questa edizione è la formula ufficiale con cui è stato presentato dal Wef: “La pandemia Covid-19 ha dimostrato che nessuna istituzione o individuo da solo può affrontare le sfide economiche, ambientali, sociali e tecnologiche del nostro mondo complesso e interdipendente” e il 2021 “è un anno cruciale per ricostruire la fiducia e questo incontro si concentrerà sulla creazione di impatto e sulla definizione delle politiche e di partnership necessarie”.

Riuniti per “migliorare le condizioni del mondo” – Si inizia dunque lunedì e tra gli appuntamenti clou, ci sarà quello con il presidente cinese Xi Jinping e con la sessione “Risposta alla crisi Covid-19” con Anthony Fauci. Sempre lunedì interverranno la presidente della Bce Christine Lagarde e il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire che insieme al numero uno di Volkswagen, Herbert Diess e al presidente e ceo di Goldman Sachs, David Solomon, discuteranno di come agire per ripristinare la crescita economica nell’era post pandemia. In sintesi, il calendario degli appuntamenti è così articolato: lunedì 25: progettare sistemi economici coesi, sostenibili e resilienti; martedì 26: guidare la trasformazione e la crescita responsabili dell’industria; mercoledì 27: migliorare la gestione dei beni comuni a livello globale; giovedì 28: come sfruttare le tecnologie della quarta rivoluzione industriale; venerdì 29: avanzare nella cooperazione mondiale.

Saranno in tutto circa 100 le sessioni in programma e la parola d’ordine è “migliorare le condizioni del mondo” passando per lo sviluppo della cooperazione tra gli Stati, la salvaguardia del pianeta, il rilancio economico, la digitalizzazione, la lotta contro le disuguaglianze. Da osservatori si può solo immaginare la frustrazione dei protagonisti del vertice che anno dopo anno discutono del problema delle disparità economiche senza mai cavare un ragno dal buco. E pensare che iniziare ad aggredire il problema sarebbe incredibilmente semplice. Basterebbe ad esempio ri bilanciare i sistemi fiscali. Aliquote più alte per i ricchi, più basse per gli altri. Invertendo la rotta che si è seguita negli ultimi 40 anni e che ha portato a condizioni paradossali per cui il prelievo che grava su un operaio o un impiegato è in proporzione maggiore rispetto a quello degli individui più ricchi del mondo. O a situazioni per cui Carlos Slim, l’uomo più ricco del Messico, con i soli interessi che incassa sul suo patrimonio potrebbe pagare lo stipendio minimo di 2 milioni di lavoratori messicani. D’altronde sono stati pubblicati ormai diversi studi che rilevano come non ci sia nessuna relazione tra tasse basse per i ceti più abbienti e crescita economica, sconfessando la tesi con cui governi e classi agiate hanno sempre difeso il trattamento fiscale favorevole.

Un altro provvedimento altrettanto semplice sarebbe quello di intervenire sulle giurisdizioni segrete, o paradisi fiscali che dir si voglia, dove anno spariscono centinaia di miliardi che fanno capo a multinazionali o individui molto ricchi che così evitano di pagare le tasse. Si calcola ad esempio che l’esodo di capitali Africa sia di 160 miliardi di dollari l’anno, cinque volte rispetto a quello che il continente riceve sotto forma di aiuti internazionali. Sono soldi che attraverso varie triangolazioni finiscono comunque nel ricco occidente che non alza certo barricate per impedirlo. Se fossero investiti nel rafforzamento dei sistemi sanitari locali questi fondi salverebbero la vita a circa mille bambini al giorno. Cinque minuti davanti a un punch caldo in uno chalet svizzero (quest’anno con una tazza di caffè davanti al Pc) sarebbero sufficienti per stendere le due righe con cui limitare la segretezza di certe giurisdizioni. Basta volerlo. Appunto.