Scienza

Vaccini Covid, a che punto siamo dopo i ritardi di Pfizer e quelli annunciati da Astrazeneca. La “sorpresa” del russo Sputnik V. Ma per gli altri candidati ci vorranno mesi

Il taglio delle dosi impone all'Italia e all'Europa di non pensare solo a ricorsi scritti ma all'azione. Ma il punto è proprio questo: avere candidati vaccini in fase 3 che siano risultati sicuri ed efficaci. L'unico su cui l'Agenzia europea per i farmaci deciderà a breve è quello sviluppato dall'Università inglese, che però ha già annunciato problemi sulla catena produttiva

I ritardi di consegna delle dosi da parte di Pfizer, con il sospetto che la casa farmaceutica lesini fiale all’Europa per farle arrivare lì dove pagano di più, e l’annuncio di Astrazeneca di un problema alla catena produttiva con la conseguente pesante ricaduta sull’approvvigionamento, impone all’Italia e all’Europa di non pensare solo a ricorsi scritti ma all’azione. Ed è in questa ottica che la lungimirante Angela Merkel giovedì ha dichiarato che se l’Agenzia europea per i farmaci (Ema) dovesse approvare il vaccino russo Sputnik V la Germania non avrà problemi a collaborare con la Russia al di là delle “differenze politiche”.

Il punto è proprio questo: avere candidati vaccini in fase 3 che siano risultati sicuri ed efficaci con le società che possano chiedere l’autorizzazione ad Amsterdam e poter essere quindi somministrati. Pfizer-Biontech e Moderna – che a differenza della prima è stata finanziata con 2,5 miliardi di dollari dal governo Usa – sono gli unici due approvati in Europa da Ema. Al momento sono registrate 135 sperimentazioni in corso su 59 candidati vaccini per prevenire Covid, ma sono pochi quelli arrivati alla fase 3 e solo uno, quello di Oxford-Astrazeneca, potrebbe essere autorizzato nel giro di una settimana. L’annuncio dei ritardi del colosso anglo-svedese rimescola nuovamente le carte con i piani vaccinali che in diversi paesi hanno subito stop e rallentamenti.

Per tutti gli altri candidati ci vorranno mesi e nel caso di Sanofi addirittura poco meno di un anno. La Commissione europea nei giorni scorsi ha avviato le discussioni preliminari con la società farmaceutica Valneva e ha concluso i colloqui esplorativi e con Novavax. Gli altri contratti firmati riguardano: Pfizer, Moderna, AstraZeneca-Oxford, Curevac, Sanofi Gsk, Jansenn (Johnson&Johnson). I tempi perché tutti possano avere il vaccino sembrano allungarsi.

A rendere la situazione più delicata c’è l’offensiva delle varianti: inglese, sudafricana e brasiliana. Pfizer ha dichiarato che il suo vaccino copre la mutazione inglese e i ricercatori sono al lavoro per ricalibrare se fosse necessario adattarlo. Una volta sviluppato il composto la rimodulazione dovrebbe essere relativa veloci. Per i vaccini a Rna l’operazione dovrebbe prendere circa sei settimane, anche per quelli con vettore secondo gli esperti l’operazione non dovrebbe richiedere molto più tempo. L’incognita riguarda, in caso di rimodulazione, anche i tempi di autorizzazione del vaccino modificato.

Sono quattro le categorie di piattaforme vaccinali usate per lo sviluppo. Vaccini a virus, nei quali si utilizza direttamente il virus dopo averlo attenuato o inattivato; vaccini basati sugli acidi nucleici (Dna o Rna), nei quali si utilizzano le informazioni genetiche di una proteina del virus, di solito la proteina spike; vaccini a vettore virale, nei quali si utilizza un virus innocuo per l’uomo, geneticamente ingegnerizzato in modo tale da trasportare le proteine del virus contro il quale si vuole sviluppare l’immunità; vaccini basati su proteine, nei quali si utilizzano le proteine che si trovano sulla superficie del virus, o loro frammenti, oppure “Virus-Like Particles” (VLP), di fatto l’involucro esterno del virus svuotato del suo contenuto genetico. E questi sono i candidati vaccini che l’Unione europea aspetta di poter somministrare.

AstraZeneca-Oxford – Come è noto il candidato vaccino sviluppato dal prestigioso ateneo britannico era in pole position per l’approvazione. Ma il “pasticcio” della dose e mezza somministrata per un caso ad alcuni volontari (che si è rivelata più efficace rispetto alle due dosi previste dal protocollo) ha imposto ai ricercatori di implementare quei dati per validare i risultati che mostravano una efficacia al 90%. Il vaccino è stato approvato come è noto in Gran Bretagna a fine dicembre e in altri paesi più avanti proprio nella modalità della doppia dose, meno efficace ma testata su un numero sufficiente di persone per essere approvata dall’ente regolatore inglese Mhra (Medicines and Healthcare products Regulatory Agency). Il composto – sviluppato con la tecnica del vettore virale – è quello che in questo momento si trova in fase più avanzata in termini di revisione autorizzativa da parte di Ema, che ha fissato la data del responso al 29 gennaio, anche se la decisione, secondo indiscrezioni, potrebbe arrivare anche 48 ore prima. La società ieri ha fatto sapere che le consegne iniziali del vaccino saranno inferiori agli obiettivi prestabiliti a causa di un problema tecnico della produzione: “Forniremo decine di milioni di dosi a febbraio e marzo all’Unione europea, nel frattempo continueremo ad aumentare i volumi di produzione” ha dichiarato un portavoce.

Curevac – Di questo vaccino – a Rna messaggero come Pfizer e Moderna – si parla relativamente poco. Ma la Germania è entrata con 300 milioni di euro nella partecipazione dell’azienda (con sede a Tubinga) e l’Unione europea ha chiuso un contratto (l’unico parzialmente consultabile dagli europarlamentari) per 405 milioni di dosi. L’azienda di biotecnologie tedesca sostiene che il suo vaccino è stabile a una temperatura di 5 gradi centigradi per almeno tre mesi. Lo studio di fase 2b/3 è partito a metà dicembre con più di 35mila partecipanti in Europa e America Latina. Due settimane fa è arrivata la notizia che il colosso farmaceutico Bayer e Curevac hanno stretto un’alleanza perché la prima supporti la seconda per ottenere l’approvazione, per elaborare gli studi necessari a questo scopo e per la catena di distribuzione. Una volta completato lo studio di fase 3, le due aziende dovranno chiedere l’autorizzazione e l’Ema valutarla. Da quella richiesta alla possibile autorizzazione potrebbe passare un mese.

Jonhson&Johnson (Jansenn) – La casa farmaceutica ha diffuso i dati di fase 1/2a lo scorso 14 gennaio con la notizia che gli anticorpi neutralizzati sono stati rilevati nel 90% dei volontari. La fase 3 della sperimentazione è stata avviata a settembre. Il candidato vaccino della Janssen si basa su un adenovirus umano, ossia su un virus che appartiene alla stessa famiglia di quello del raffreddore, reso inoffensivo e utilizzato come navetta per trasportare nelle cellule la principale arma del virus Sars Cov 2: la proteina spike, l’artiglio che il nuovo coronavirus usa per aggredire le cellule. Per questo studio era previsto l’arruolamento di 60mila volontari in 215 centri negli Usa. Il candidato vaccino è monodose e l’efficacia al momento è stata dichiarata all’80%. Anche questo vaccino è uno di quelli opzionati anche dall’Ue. Lo scorso dicembre Janssen, ha avviato la rolling submission presso l’Agenzia europea per i medicinali (Ema). Solo quando saranno disponibili i dati di fase 3 si potrà richiedere l’autorizzazione.

Sanofi Gsk – Il candidato vaccino in questione – sviluppato con la tecnica delle proteine ricombinanti – deve ripetere la fase 2 perché è stata rilevata una “bassa risposta immunitaria negli anziani”. L’Italia – attraverso i contratti firmati da Bruxelles – ne aveva opzionato oltre 40 milioni. Questo ritardo che farà slittare a fine 2021 una possibile autorizzazione ha spinto Sanofi e il governo francese a studiare la possibilità per il gruppo farmaceutico – il cui ad era stato al centro di una polemica a maggio – di utilizzare le sue catene di produzione per realizzare i vaccini di BioNTech e Janssen.

Sputnik V – A sorpresa nel portafoglio europeo, dopo le dichiarazioni della Merkel, potrebbe quindi entrare il vaccino russo. Il composto è stato realizzato dal Gamaleya Research Institute, ente di ricerca statale russo, in collaborazione col ministero della Difesa, è un vaccino a vettore virale. A novembre, tra lo scetticismo della comunità scientifica, Mosca ha dichiarato una efficacia del 90%. Da ieri è stato approvato in Ungheria ed è già somministrato in alcuni paesi come Argentina, Bolivia, Serbia, Algeria, Palestina e Bielorussia. Ieri l’amministratore delegato del fondo sovrano Russian Direct Investment Fund (RDIF) ha annunciato che la prossima settimana “una prestigiosa rivista peer-reviewed europea pubblicherà i risultati della fase 3 e sarà chiaro a tutti la bontà del lavoro svolto”. Una volta che i dati saranno disponibili potrà essere chiesta l’autorizzazione agli enti regolatori.

Vaccini cinesi e cubani – Fino a pochi giorni fa nessuno dei vaccini cinesi aveva già concluso la fase 3. Quello della società statale Sinopharm, stando ai risultati preliminari resi noti alcuni giorni fa, avrebbe un’efficacia del 79,34 per cento. C’è poi quello dell’azienda privata Sinovac, entrambi basati su virus inattivato. L’Istituto Finlay di Cuba sta sviluppando due vaccini contro il Covid-19 chiamati Soberana 02 e Soberana 01, quest’ultimo in una fase di studio meno avanzata. Il governo cubano prevede di produrre nel 2021 100 milioni di dosi. Non sono disponibili dati su questi composti. È basato sulle proteine ricombinanti il candidato vaccino CB-2019 della Clover Biopharmaceuticals australiana. Nessuno di questi, al momento, è stato preso in considerazione per l’uso in Europa.