Società

Le eccezioni in Italia sono la norma: ecco quattro esempi per me significativi

Le vicende anomale – che dovrebbero essere una eccezione, come dice la stessa parola – divengono sempre più frequenti, se non semplicemente normali, nel nostro Paese. Prendo alcuni esempi – fra grandi e piccole questioni – che mi sembrano significativi.

1. Il primo riguarda l’evasione fiscale. Con circa 150 miliardi di evasione l’anno (su un totale di entrate fiscale di circa 450 miliardi), l’Italia ha il record della evasione in Europa. E poiché siamo in emergenza sanitaria a causa del Covid, ricordo che la spesa totale per la sanità in Italia è di 110 miliardi annui. Il deterrente più efficace – il carcere per i grandi evasori – non è nemmeno preso in considerazione, per cui L’Institut de criminologie et de droit pénal ci diceva pochi anni fa che i detenuti per reati economici – e soprattutto per evasione fiscale – erano 156 in Italia, 8.601 in Germania, 12.000 negli Stati Uniti.

Le pene, negli altri Paesi, sono sempre superiori ai due anni. Eppure, il recupero totale della evasione permetterebbe ai contribuenti, a gettito complessivo invariato, di pagare circa il 30% in meno di tasse. Perché, fra i politici, nessuno si attiva? Perché tutti i partiti sanno di avere numerosi evasori fra i propri elettori. In Italia si contano 19 milioni di lavoratori dipendenti (fra pubblico e privato) e 17 milioni di pensionati: un totale di 36 milioni di persone che non possono evadere le tasse sul loro reddito principale (e spesso unico).

Solo loro – tramite i loro organismi rappresentativi – avrebbero la capacità, se si unissero al di là delle diverse posizioni politiche, di “costringere” i partiti e i governi ad affrontare con misure severe e risolutive la vergogna della evasione. Perché non si attivano i capi delle grandi organizzazioni sindacali?

2. Secondo tema, di particolare attualità: la lotta contro il Covid. Non è una impresa facile per nessuno e sarebbe ingiusto non riconoscere al governo di essersi mosso con decisione e agli italiani di aver accettato – sia pure con alcune eccezioni – le forti limitazioni alla loro libertà di movimento e di socialità. Tuttavia, non si può ignorare quello che per me è un errore inspiegabile: aver scelto come Commissario (dunque, come massima autorità nella lotta alla pandemia) un personaggio – Domenico Arcuri – di secondo piano, ma soprattutto del tutto privo delle competenze mediche indispensabili per quel ruolo e che per di più non ha lasciato il suo precedente incarico in Invitalia, continuando ad occuparsi di un problema di dimensioni immani come quello del centro siderurgico di Taranto.

3. Terzo tema, di minore entità ma emblematico di un diffuso menefreghismo. Dall’inizio della scorsa estate molti dei piccoli paesi italiani non ricevono più né i quotidiani né i periodici per un disaccordo fra i distributori (che chiedono un compenso maggiore per il loro servizio) e i titolari delle rivendite (per lo più, bar e supermercati) che rifiutano di concedere questo aumento perché con giornali e riviste il guadagno è già ora è molto limitato. Fatico a sapere se qualcuno (la Fieg, un po’ inspiegabilmente, rimanda alla responsabilità dei politici locali) ha tentato o sta tentando di risolvere questo problema – apparentemente non di particolare gravità – ma il fatto è che da 7-8 mesi si è privata una parte dei cittadini italiani del diritto alla informazione e alla pluralità delle fonti.

4. Quarto tema, del genere “inverosimile”. Sulle nostre strade statali e superstrade, gli autovelox che fotografano le macchine in transito, ne rilevano la velocità e segnalano gli eccessi alla polizia stradale, con conseguente arrivo a domicilio di pesanti contravvenzioni, sono – da qualche tempo – segnalati in anticipo, per cui tutti gli automobilisti rallentano e passano davanti agli autovelox mantenendosi entro i limiti indicati per quella strada. Conseguenza: tutti corrono come pazzi, rallentano quando viene segnalata la prossimità di un autovelox e poi riprendono la loro corsa beata. Tutto questo per una sentenza inverosimile della Cassazione in base alla quale le contravvenzioni sono valide solo se contestate direttamente.