Cronaca

Il rider Gianni e la sua lezione alla Napoli violenta e disfattista

Sei vigliacchi in spregio a qualsiasi regola del saper campare hanno aggredito, strattonato e picchiato Gianni, 52 anni, professione per cosi dire, rider. Lavoro sottopagato, precario, scamazzato. Il raid è avvenuto di sera, in via Calata Capodichino, arteria che collega i quartieri a Nord di Napoli con il centro della città, e in piena zona rossa pandemica. Aggressione per sottrargli un modesto scooter e incassare secondo il borsino della ricettazione di strada, poco più di cento euro da spartirsi in sei ovvero 16 euro e 6 centesimi a testa.

Come in The Truman Show nessuno dei protagonisti immaginava e sapeva che le sequenze dell’infame violenza fossero immortalate da una telecamera di uno smartphone. Pochi secondi e il pestaggio diventa virale su web e nei Tg. Immagini forti che hanno scosso una Napoli sopita, affannata, in ansia e che balla sull’orlo di un eterno precipizio.

Nonostante il buio, non solo della notte, la risposta del ‘popolo dell’amore’ è stata immediata, generosa, disinteressata. Pochi clic e sono stati raccolti in una manciata di ore fondi per oltre 11mila euro. Una raccolta partecipata per ricomprare il mezzo a due ruote a Gianni che nel frattempo indomito – pochi minuti dopo la rapina – ha preso la sua auto per concludere e portare a termine le consegne. Una forza di volontà incredibile, un combattere contro tutti e tutti, una grande e silenziosa dignità che meriterebbe l’attenzione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e il riconoscimento di una onorificenza.

Sì, Gianni, ieri notte, ha onorato la nostra Costituzione dimostrando di essere un cittadino italiano e un napoletano degno. Gianni rappresenta la Napoli onesta e laboriosa che, nonostante le brutture, ha il sole negli occhi e non cerca alibi e neppure nonsipuotismo ma pretende un presente e un futuro diverso. È una storia che trasmette calore, passione, sentimento. Napoli stamane si è svegliata da un torpore ipnotico è come se avesse ricevuto un cazzotto nello stomaco. È un calcio all’indifferenza ad una assuefatta ‘normalità’ criminale e predatoria.

Contro ogni retorica, ipocrisia e dell’abbondante cultura del ‘taralluccio e vino’ è lo stesso Gianni che nel ringraziare la città di tanta solidarietà e del buon cuore sussurra: “Io non vorrei approfittare della bontà dei cittadini napoletani”. A chi gli chiede se ha avuto paura dice di no, perché in fondo lui stava lavorando e lo scooter “fino a prova contraria è di mia proprietà” e poi a sorpresa rivolge il pensiero a chi l’ha aggredito: “Mi dispiace per quei ragazzi perché erano solo dei ragazzini”.

Gianni è padre di due figli. Fino al 2015 era un garantito: svolgeva la professione di macellaio in un grande supermercato. Poi ci sono stati degli esuberi ed è toccato a lui andare via. Sono 5 anni che vaga senza meta. Perdere il lavoro a Napoli non è la stessa cosa se resti disoccupato a Milano. Da allora ogni giorni s’inventa mille lavori per portare avanti la sua famiglia con onestà perché lui come ribadisce paga proprio tutto come è giusto che sia: le tasse, le multe, i tributi.

I presunti autori della rapina sono in stato di fermo tra loro anche dei minorenni: il Questore di Napoli, Alessandro Giuliano e Alfredo Fabbrocini, capo della squadra mobile sanno dove cercare, è stato recuperato anche lo scooter. La storia è finita? Per niente. C’è una Napoli allo sbando. Mancano opportunità, interventi sociali, formazione, prevenzione. Non c’è nulla. Non è una giustificazione per chi delinque o consapevolmente s’immette nella carriera criminale o segue le orme familiari. Come rileva Gianni ogni giorno in molti quartieri di Napoli e della città metropolitana si consuma la tragedia della disoccupazione. Abbiamo tassi di povertà e di deprivazione sociale pari e forse superiori al periodo del dopoguerra. I cosiddetti lavori non osservati, l’arte dell’arrangiarsi, la precarietà senza regole che dava una mano a sbarcare il lunario è stata spazzata via dal demone della pandemia. La solidarietà della porta accanto non regge lo tsunami Covid. È un tessuto sociale/solidale che ormai, non esiste più.

Qualcuno nei palazzi della politica si è reso conto che da Napoli in giù è in corso una progressiva desertificazione? Qui l’ascensore sociale, se un tempo era bloccato ora neppure più motore e cavi ci sono. Perfino il reddito di cittadinanza appare una misura per vip. Proprio così. Ci sono categorie sociali, famiglie che non posseggono i requisiti minimi per accedere alla misura diventata di contenimento della povertà.

Quelle immagini violente ci raccontano le cose che con il favore delle tenebre accade a Napoli e spesso non vengono neppure denunciate. Anzi si cerca un interlocutore criminale di quartiere o di vicolo che agganci organizzi un ‘cavallo di ritorno’, almeno si punta a ridurre il danno. Sono anni che imperversano bande di predatori che non sono per forza collegati alla camorra ma ‘lavorano’ in proprio per farsi notare. Molti, infatti, aspettano l’agognato ingresso in qualche clan o gruppo criminale. Un salto di qualità per conquistare un prestigio sociale al contrario: ora mi rispetteranno, appartengo. È impotenza ma soprattutto una vera e drammatica emergenza.

Un’altra storia bisogna per forza scriverla a Napoli, adesso. Non c’è più tempo. Ai tanti Gianni è riposta la speranza che prima o poi qualcosa pur dovrà cambiare a Napoli.