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2021, l’anno di Biden alla Casa Bianca. Nella sua squadra l’usato sicuro, come in fondo Uncle Joe

La squadra non è ancora completa, ma il profilo ne è già chiaro: un team di riserve promosse titolari, a partire dal capitano, anzi dal ‘comandante in capo’ Joe Biden. Mancano ancora figure essenziali, come quella del segretario alla Giustizia, ma, scrive Lisa Lerer sul New York Times, “s’inizia ad avere una prima impressione reale di chi deciderà e guiderà le politiche degli Stati Uniti nei prossimi anni”.

C’è un mix di genere e di etnie: molte donne – alcuni settori sono loro esclusiva, come ad esempio il gruppo stampa della Casa Bianca -, molti neri, e ispanici, asiatici, anche una nativa americana – una prima assoluta, Deb Haaland – e un ministro apertamente gay –pure una prima, Pete Buttigieg. Prevale il grigio della competenza: zero glamour. Politicamente, il centro sovrasta la sinistra.

Alcune scelte fanno già discutere, più di tutte quella del segretario alla Difesa, Lloyd J. Austin III, un generale nero in congedo, che avrà bisogno di deroghe per la conferma, se ci sarà, del Senato. Polemiche e scaramucce testimoniano le difficoltà che Joe Biden avrà nel tenere insieme le anime di un partito diviso e diverso. Scegliendo gli uomini e le donne al suo fianco, Biden è rimasto se stesso: un centrista e uno dell’establishment, con un’Amministrazione centrista e dell’establishment

Tanto più che la strategia di del presidente eletto pare quella di non antagonizzare i repubblicani: almeno fino al 5 gennaio, fino ai ballottaggi in Georgia, non si saprà se essi manterranno il controllo del Senato. Fra i democratici, c’è chi è scettico in merito, convinto che i repubblicani e il loro capo al Senato, Mitch McConnell, contrasteranno Biden su tutti i fronti, indipendentemente da quella che sia la sua squadra.

La vecchia guardia

E’ una squadra ella vecchia guardia. A parte Pete Buttigieg, 38 anni, l’ex sindaco di South Bend nell’Indiana, ed ex aspirante alla nomination democratica, scelto come segretario ai Trasporti, è tutta gente matura: più gli over 60 – 11 – che gli under 50 – cinque -.

Nel 2009, Biden, allora 66 anni, era il più anziano membro della prima Amministrazione Obama. Dodici anni dopo, Biden, nel frattempo 78 anni, è sempre il più anziano, ma ben cinque elementi della sua squadra sono più anziani di quanto lui fosse nel 2008: Janet Yellen, 74 anni, la segretaria al Tesoro, prima donna in quel ruolo, è la senior del team.

Certo, l’età è solo un fattore, ma diventa significativo se si tratta di far entrare il partito democratico in una nuova era. Tutta la leadership del partito è in là cogli anni: Biden è il più anziano presidente mai eletto e il più anziano a fare il suo ingresso alla Casa Bianca, la speaker della Camera, confermata, Nancy Pelosi, ha 80 anni; Chuck Schumer, il capo dei repubblicani al Senato, ne ha 70.

In campagna, Biden s’è presentato come un “candidato di transizione”, l’uomo politico e di Stato sperimentato e fidato che saprà fare sbocciare i nuovi talenti del Partito democratico. Ma il suo team non è un ponte fra le generazioni. Gli ‘under 50’ finora scelti sono, oltre a Buttigieg, Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, Katherine Tai, la ‘trade representative’, Miguel Cardona, all’Istruzione, e Michael Reagan, responsabile dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente, l’Epa.

L’Obama ter

Di solito, quando una nuova Amministrazione s’installa, ci s’affanna a scoprirne i volti nuovi. Stavolta, invece, molti sono al secondo o al terzo passaggio in ruoli simili, al più sono stati promossi. Proprio come il vice divenuto presidente.

La maggior parte hanno già servito sotto Obama, alcuni esattamente nella stessa esatta posizione, come Tom Vilsack, che fu segretario all’Agricoltura per otto anni e che lo sarà ancora. Altri hanno solo fatto uno scatto di carriera, come Alejandro Mayorkas, che era il numero due al Dipartimento per la Sicurezza interna e ora ne diviene il responsabile.

Tutto questo usato sicuro, come in fondo è ‘Uncle Joe’, si può spiegare con il fatto che il Paese deve affrontare sfide straordinarie, in economia, negli esteri, sul fronte della sanità; e che ci vuole quindi gente d’esperienza, che sa come cavarsela con la burocrazia.

Il rischio, però, osserva la Lerer, è che, mettendo insieme la stessa gente, si mettono di nuovo insieme le stesse idee, invece di produrne di nuove. Magari mischiando un po’ le carte: come avviene per John Kerry, l’uomo giusto per tutti i ruoli.

Diverso è diverso

Una promessa mantenuta è quella della diversità: dieci delle venti ‘prime scelte’ sono donne e 11 non sono bianchi. Fra le tante prime volte, la prima donna al Tesoro, la Yellen, il primo ministro dichiaratamente gay – Buttigieg -, il primo nero alla Difesa – il generale Austin -, il primo ispanico e il primo immigrante alla Sicurezza interna – Alejandro Mayorkas – e la prima ministra nativa-americana – la Haaland, all’Interno -.

Eppure, c’è chi è insoddisfatto anche della diversità. Il generale Austin, che pure ha una sua carica di novità, scontenta le donne del settore che puntavano su Michèle Flournoy, accantonata fors’anche perché veniva dalla stessa società finanziaria del segretario di Stato Anthony Blinken, altro promosso. I gruppi per i diritti civili e Black Lives Matter chiedono un segretario alla Giustizia che sia nero e che abbia un solido background sui temi della giustizia criminale e del diritto di voto.

Chi non può essere né soddisfatto né rassicurato è la sinistra del partito, che ha finora avuto poco o nulla, in termini di nomine – e non è che vada molto meglio con il programma -. Le scaramucce fin qui verificatesi anticipano le difficoltà che Biden avrà nel cercare di tenere unito sulla sua agenda un partito diviso in fazioni e diverso.

Una squadra di amici e sodali?

Lisa Lerer, nell’articolo del New York Times già citato, ricorda una frase di Abraham Lincoln fatta propria da Obama, quando, prima di diventare presidente, disse ai giornalisti che voleva formare “un team di rivali”, cioè di ministri che si sarebbero sfidati e stimolati l’un l’altro. Biden pare invece muoversi in direzione opposta: una squadra di gente che lui conosce e che si conosce, gente con cui ha già lavorato e che gli è leale. Il capo dello staff della Casa Bianca, Ron Klain, collaborò con lui per la prima volta trent’anni fa, come assistente al Congresso; Blinken è stato al suo fianco per quasi vent’anni.

Obama scelse la sua maggiore rivale, Hillary Clinton, come segretario di Stato. Biden non s’è preso in squadra né Bernie Sanders né Elizabeth Warner, qualificatissima per il Tesoro, preferendole quella Yellen che nel 2013 Obama aveva nominato alla Federal Reserve.

La sinistra è riuscita a stoppare alcune sue ‘bestie nere’, come la Fleurnoy e Rahm Emanuel, che fu capo dello staff di Obama, ma non ha avuto abbastanza forza da imporre sue figure in ruoli chiave, con l’eccezione della Haaland.

I posti da riempire

Restano da attribuire una dozzina d’incarichi pesanti, fra cui il segretario alla Giustizia e il direttore della Cia, la più famosa e potente tra le agenzie dell’intelligence Usa. Alla Giustizia, molto citate sono Sally Yates, già vice di Loretta Lynch nell’Amministrazione Obama e brevemente alla guida del Dipartimento fin quando Trump non la licenziò nel febbraio 2017, e Lisa Monaco, ex zarina dell’anti-terrorismo. Ma il fatto che l’annuncio tardi fa presumere che vi siano problemi. Si parla pure del senatore Doug Jones, che non ha conservato il suo seggio in Alabama, e del giudice Merrick Garland, che Obama voleva alla Corte Suprema.

Per la Cia, sarebbe in pole position Tom Donilon, già consigliere per la Sicurezza nazionale nell’Amministrazione Obama. Lo scrive Politico, che cita pure Michael Morrell, ex vice della Cia, che diresse ad interim due volte, sempre sotto Obama. Entrambi hanno esperienza sotto pressione e familiarità con la burocrazia della sicurezza nazionale al più alto livello.

Ma ognuno ha detrattori: Morrell è accusato di avere difeso il ricorso alla tortura in passato, inimicandosi alcuni senatori democratici; Donilon è criticato da suoi ex collaboratori, perché sarebbe un capo insolitamente duro che pretende molto lavoro per scopi non sempre chiari.

Nel ‘toto nomine’ per la Cia o la Giustizia c’è pure l’ex procuratore Jeh Johnson, che fu segretario alla Sicurezza interna con Obama. Quand’era consigliere generale del Pentagono, tentò di chiudere la prigione di Guantanamo, senza riuscirci.

Il quadro delle scelte finora fatte

Segretario di Stato: Anthony Blinken – 58 anni, diplomatico esperto, dovrà ricostruire orgoglio e fiducia al Dipartimento di Stato e restituire credibilità agli Usa nel Mondo. Cresciuto a Parigi, è considerato ‘francofilo’.

Consigliere per la Sicurezza nazionale: Jake Sullivan – 44 anni, è consigliere di fiducia di Biden e conosce bene Blinken, con cui ha già lavorato. Hillary Clinton, che lo volle nella campagna 2016, lo descrive come “un talento di quelli che ne nasce uno per generazione”.

Direttore della National Intelligence: Avril D. Haines – 51 anni, la prima donna in quel posto, ha lunga esperienza, ma pure qualche scheletro nell’armadio (difficile evitarli, nell’intelligence).

Rappresentante degli Usa all’Onu : Linda Thomas-Greenfeld – 68 anni, attivista democratica, segna il ritorno al multilateralismo della Casa Bianca. Avrà un posto nel gabinetto – Trump lo negò, anche a Nikki Haley -, ha una lunga esperienza diplomatica.

Segretario alla Difesa. Lloyd J. Austin III – 67 anni, è stato l’unico generale afro-americano a capo del Comando centrale degli Stati Uniti, che sovrintende a tutti gli scenari di guerra americani attuali. Ma la sua conferma è a rischio perché senatori, anche democratici, potrebbero non gradire un generale alla guida del Pentagono – Trump, però, ne impose uno, James ‘cane pazzo’ Mattis -, tanto meno uno congedato da pochi anni.

Segretario alla Sicurezza interna: Alejandro N. Mayorkas – 61 anni, da vice a titolare, probabilmente per fare il contrario di quello che voleva fare l’Amministrazione Trump.

Inviato speciale per il Clima: John F. Kerry – 77 anni, ex candidato democratico a Usa 2004, ex senatore, ex segretario di Stato dal 2013 al 2017. Più establishment di così giusto i Clinton.

Segretario al Tesoro: Janet L. Yellen – 74 anni, un mostro sacro delle finanze statunitensi: è stata con Obama la prima donna a presiedere la Federal Reserve, sarà con Biden la prima donna a capo del Tesoro. Prestigio e competenza.

Trade Representative: Katherine Tai – 46 anni, un’americana d’origine asiatica tratterà con la Cina e con le altre controparti commerciali degli Stati Uniti. E’ un avvocato e ha lavorato al nuovo Nafta.

Segretaria all’Interno: Deb Haaland – 60 anni, la prima nativa americana – è dei Laguna Pueblo – a diventare ministro, dopo essere stata nel 2018, insieme a Sharice Davids, la prima eletta deputata. Dovrà curare i rapporti con le 574 tribù riconosciute a livello federale, ma anche lavorare sul fronte dell’ambiente in sintonia con Kerry, la McCarthy, Reagan e la Granholm.

Segretario alla Sanità e ai servizi umani: Xavier Becerra – 62 anni, latino – il primo nel ruolo -, è una scelta a sorpresa: il suo background non ha a che fare con la sanità, ma con la giustizia. Dovrà gestire la lotta alla pandemia da coronavirus ed è un difensore dell’Obamacare.

Segretaria all’Energia: Jennifer M. Granholm – 61 anni, ex governatore del Michigan, era una delle tante potenziali vice di Biden, come Susan Rice. La sua scelta piace agli ambientalisti.

Segretario di Trasporti: Pete Buttigieg – 38 anni, non ha esperienza di trasporti e di infrastrutture, ma la sua scelta è un’apertura alla comunità Lgbt. E Pete, se non ha background, ha qualità.

Segretario all’Agricoltura: Tom Vilsack – 69 anni, dopo otto anni con Obama in quel posto, si ritrova di nuovo a gestire l’agricoltura. E’ una scelta che soddisfa più i conservatori che i centristi: una scelta da presidente di tutti e non di parte.

Segretario all’Istruzione: Miguel A. Cardona – 45 anni, di origini portoricane, è strenuo difensore dell’istruzione pubblica. Esattamente l’opposto dell’attuale ministro Betsy DeVos.

Segretaria all’Edilizia sociale: Marcia L. Fudge – 68 anni, una nomina che crea malumore, perché l’ex presidente del Black Caucus del Congresso avrebbe preferito l’Agricoltura.

Segretario ai Veterani: Denis McDonough – 51 anni, un altro ‘reduce’ dell’era Obama, in un posto che spesso produce più grane che onori.

Direttore del Consiglio politico della Casa Bianca: Susan Rice – 56 anni, te l’aspetti agli Esteri, te la ritrovi alla politica interna. Forse perché passare il vaglio del Senato per lei sarebbe stato difficile: le pesa addosso la strage di Bengasi del 2012, quattro americani uccisi nel Consolato Usa. Ma resta una delle grandi esperte di politica internazionale dell’era Obama.

Direttore dell’Ufficio della gestione e del bilancio: Neera Tanden – 50 anni, origini indiane, è figura divisiva e discussa. E’ ostile ai sindacati, che considera una forza conservatrice.

Coordinatrice del Clima alla Casa Bianca: Gina McCarthy – 66 anni, già architetto delle politiche sull’ambiente di Obama all’Epa, dovrà riuscire a rendere realizzabile l’impegno elettorale di Biden, raggiungere la ‘carbon neutrality’ entro il 2050.

Amministratore dell’Agenzia per la Protezione dell’ambiente: Michael S. Reagan – 45 anni, è stato uno specialista dell’Agenzia che ora guiderà, restituendo alla scienza il primato sulla ciarlataneria (e sul tornaconto economico).