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Recovery, Conte coinvolge maggioranza e Parlamento: “Ma non possiamo permetterci ritardi”. E arriva un primo segnale distensivo da Italia viva: “Positivo, qualcosa è cambiato”

Dopo le minacce di crisi di Italia viva, il premier ha avviato un nuovo giro di consultazioni con la maggioranza sulla gestione dei fondi Ue. Ha già incontrato M5s e Pd, nelle prossime ore vedrà renziani e Leu. L'obiettivo è "arrivare in Cdm prima della fine dell’anno". Intanto sono arrivate le prime aperture da Iv

Andare in fretta sul Recovery plan perché “non possiamo permetterci ritardi“, ma al tempo stesso riportare al centro il confronto con le forze di maggioranza e soprattutto il Parlamento. E, tra le altre cose, la garanzia che tra gli interventi principali ci sarà la riforma della Giustizia, perché su quella “ci giochiamo la credibilità come Paese”. Senza dimenticare l’attenzione sulla sanità che non si limita ai 9 miliardi indicati nella bozza, ma prevede altri investimenti “trasversali”. Giuseppe Conte, dopo una settimana di minacce dei renziani sulla tenuta del governo, ha scelto di insistere con la strada delle consultazioni per cercare di appianare le tensioni prima che sia troppo tardi: domenica sera ha riconvocato le forze di maggioranza e oggi ha assicurato che avranno ampio coinvolgimento nella stesura del progetto. Senza dimenticare le Camere, alle quali spetterà l’ultima parola. Ecco la concessione di Conte: di fatto quel Consiglio dei ministri al quale fu presentata la bozza del Piano di Ripresa e Resilienza (e dal quale partirono gli scontri) è stato cancellato e ora si riapre un dibattito tra i partiti. Anche se, per il premier, prioritario rimane “fare in fretta” e quindi “dobbiamo approfittare di queste vacanze per lavorare e per cercare di fare tutte le interlocuzioni e arrivare in Cdm prima della fine dell’anno, tra il 26 e il 31 dicembre“.

Una strategia quella di Conte che, per la prima volta dopo quasi due settimane di ricatti e attacchi quotidiani, è stata accolta con segnali distensivi da parte dei renziani: “Ieri qualcosa è cambiato”, ha detto Ettore Rosato a RaiNews24 sottolineando la richiesta di maggiore “collegialità”. E in questo senso, il fatto che Conte abbia convocato queste riunioni, ha aggiunto, “è un fatto positivo“. Proprio Rosato, neanche 24 ore prima, aveva pronunciato frasi completamente opposte e si era addirittura spinto a dire che in assenza di un percorso delineato, “l’esperienza di governo per Italia viva è finita”. Oggi invece ha cambiato completamente tono e riconosciuto che il premier “ha ripreso in parte alcune questioni che avevamo posto, dicendo che le risorse debbano essere allocate con una discussione seria con Comuni, Regioni e opposizione“. Un cambio di posizione netto, se si pensa che solo questa mattina Matteo Renzi, in un retroscena riferito da la Stampa, si vantava di aver messo tutti “all’angolo”, senza lasciar trasparire possibilità di mediazione.

Dopo la verifica di maggioranza della scorsa settimana, che di fatto i renziani avevano sospeso fino a data da destinarsi, Conte oggi ha riconvocato le forze che sostengono il governo per parlare della spartizione dei fondi europei. La nuova serie di incontri non prevedeva la presenza di leader politici, ma delle compagini governative delle singole forze, accompagnate dai capigruppo e da chi, in queste settimane, ha lavorato al dossier. Per il governo hanno partecipato anche il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il ministro degli Affari europei Enzo Amendola. La prima a essere ricevuta è stata la delegazione M5s. In quell’occasione il ministro Alfonso Bonafede ha fatto sapere di aver chiesto “che venga istituito un gruppo di lavoro che lavori sul piano in vista dell’approdo in Cdm. Un gruppo che includa i rappresentanti delle forze di maggioranza”. E’ questa una novità molto importante: potrebbe essere la strada per aggirare i malumori dei renziani e permettere un maggiore coinvolgimento.

Poi alle 19 è stato il turno del Pd. Nel mezzo il premier si è assentato per una cerimonia informale di auguri al Colle con Mattarella e le alte cariche dello Stato: un incontro durante il quale non è escluso che il capo dello Stato abbia espresso il suo auspicio perché le forze di maggioranza lavorino il più possibile con spirito di intesa. Intanto il nuovo faccia a faccia con i renziani è in programma per domani 22 dicembre alle 11. Mentre alle 13 toccherà a Leu. Lì si capirà se la distensione mostrata in queste ore da Renzi e i suoi è sincera o se il governo deve prepararsi ad affrontare una vera e propria crisi interna.

L’incontro con i 5 stelle: “Sulla riforma della giustizia ci giochiamo la credibilità” – I primi ad essere convocati sono stati i 5 stelle. “Oggi non si chiude nulla, oggi inizia una interlocuzione”, ha esordito il premier stando alle indiscrezioni trapelate poco dopo sulle agenzie di stampa, ma “l’interlocuzione deve procedere in modo costante e serrato perché è interesse di tutti e in particolare della intera comunità nazionale che il Recovery Plan procede speditamente perché non possiamo permetterci ritardi“. Quindi ha ribadito che le Aule dovranno essere centrali in questo processo: “Il Piano nazionale deve riflettere e riflette le indicazioni del parlamento sulle linee guida”, ha detto. Il presidente del Consiglio, parlando con i 5 stelle, ha anche rivelato che, oltre alle 6 missioni del Recovery, “che si articolano in 18 componenti”, “a supporto dei progetti c’è la riforma della giustizia, una riforma di sistema che è stata tenuta separata dalle sei missioni ma che sarà un pilastro del Recovery: su questo, come sistema Paese, ci giochiamo una parte ingente di credibilità“. La riforma della giustizia è un tema caro ai 5 stelle, ma anche ai renziani che non perdono occasione per rilanciare sul punto: proprio l’averla ricordata tra le priorità potrebbe essere stato un segnalo rivolto a Renzi e i suoi.

Il bisogno di collegialità è stato l’altro punto centrale del suo discorso. Il premier ne aveva parlato già in mattinata: “Il Recovery plan dovrà esser un progetto nazionale, dovrà raccogliere tutte le istanze delle parti sociali, dovrà tornare in Parlamento per la sua approvazione”, aveva detto nel corso dell’intervento all’inaugurazione del Data Center Modena Innovation Hub. Poi, in serata, parlando con la delegazione M5s, ha ribadito: “Ringrazio i parlamentari che hanno lavorato nelle rispettive commissioni a quelle relazioni che sono state fatte con impegno. Non vedo l’ora di mandare il documento di aggiornamento per poi ricevere ulteriori indirizzi e predisporci al piano finale”. Quindi, ha specificato, “è un piano che fa parte di una strategia europea che acquisisce maggiore forza perché tutti gli Stati dovranno muoversi in direzione strategica. È interessante considerare che altri piani verranno elaborati, offriranno al nostro export la possibilità di espandersi”, ha spiegato Conte ricordando: “Il 60 per cento delle risorse sarà dedicato alla transizione verde e digitale, il 40 per cento a scuola, istruzione e ricerca, parità di genere, coesione territoriale, e salute”.

L’incontro con il Pd e le tensioni sulla task force – Durante il faccia a faccia con i dem, il premier si è concretato sul tema delicato della task force. “Occorrerà una riflessione ampia e condivisa”, ha detto Conte sempre secondo quanto fatto trapelare. “E’ chiaro che avremo bisogno di qualche strumento, che ci assicurerà innanzitutto un monitoraggio”. E’ quanto ha ribadito anche nei giorni scorsi: la governance è necessaria. “Ce lo chiede l’Ue, che vuole un monitoraggio puntale, concentrato, centralizzato. Su questo però potremo tornare a ragionarci tutti insieme per trovare le migliori soluzioni nell’interesse collettivo. Non è pensabile, e non ci abbiamo mai pensato, che ci sia una struttura centralizzata che possa essere invasiva”. “Non è pensabile” una task force che “possa intralciare le prerogative, i poteri, le facoltà ma anche responsabilità che competono alle amministrazioni centrali, territoriali, periferiche. Mi dispiace che il dibattito pubblico abbia creato tale polverone. I ministeri, le regioni, i sindaci sono e rimarranno soggetti attuatori“, ha spiegato ancora il premier.

Su questo punto i dem avrebbero chiesto maggiore chiarezza: “La questione della governance del Recovery non può essere accantonata”. E, avrebbero aggiunto, “è corretto impostarla nella forma della sussidiarietà ma non della sostituzione alle prerogative dell’amministrazione centrale e periferica dello Stato”.

Conte ha poi parlato dei fondi che saranno destinati alla sanità: “Come avrete già constatato, quando si fanno valutazioni per quanto riguarda la destinazione dell’allocazione delle risorse a determinati settori e attività bisogna fare attenzione che molto spesso ci sono dei progetti trasversali: la sanità, forse il caso più emblematico ma non l’unico, riceve delle risorse direttamente ma riceve anche ad esempio per l’efficientamento degli ospedali (compreso nella transizione verde)”. I dem hanno chiuso dicendo che “in un paio di giorni il Pd si riserverà di inviare una proposta sulla bozza del Recovery Plan che è stato consegnato nel pomeriggio alla delegazione”. E tra le perplessità espresse da parte dei dem c’è sicuramente la mancata riforma sul lavoro.

I dem in generale però si sono detti soddisfatti per lo sblocco dell’impasse sul Piano. Anche se hanno ribadito che bisogna “consentire la discussione in Parlamento e l’apertura di un dibattito nel Paese, con le parti sociali, le imprese, l’associazionismo, i giovani, le donne, le associazioni ambientaliste. È impensabile disegnare l’Italia del 2030 senza coinvolgere il sistema Paese. Conte ha ascoltato e, da qui alle prossime ore, si muoverà di conseguenza