Economia

In libreria “Terra Incognita” di Sebastiano Barisoni. Una mappa per capire i tempi che viviamo e andare incontro al futuro senza (troppe) paure

Viviamo una crisi o l'inizio di una vera rivoluzione? Questa la domanda cruciale a cui il libro cerca di rispondere. Con una sola certezza, in ogni caso "Non è la nave più grande ad avere maggiori possibilità di successo di fronte ai grandi cambiamenti ma quella più capace di adattarsi"

Esce oggi il primo libro di Sebastiano Barisoni, vicedirettore di Radio24-Il Sole 24 Ore e storico conduttore del programma Focus Economia. “Terra Incognita”, edito da Solferino, è, come recita il sottotitolo “Una mappa per il nuovo orizzonte economico” e approda in libreria in un momento storico, come sappiamo, davvero particolare. Provvidenziale quindi una voce in più a disposizione dei lettori che vogliono capire cosa sta accadendo e cosa è accaduto negli ultimi anni nelle nostre società, da un punto vista economico ma non solo. Il testo ha il pregio di usare un linguaggio comprensibile a tutti, anche quando si addentra in argomenti piuttosto complessi. Ma questa è sempre stata la cifra comunicativa dell’autore.

“Terra Incognita” intreccia elementi autobiografici con una lettura più ampia dei cambiamenti che si sono susseguiti nell’ultimo ventennio. Con i due motori della globalizzazione e della rivoluzione tecnologica a spingere con una velocità a tratti eccessiva e con i due grandi momenti di “rottura” della traiettoria impostata: la crisi 2008/2009 e l’odierna pandemia. Non è un caso che il libro sia dedicato ai giovani che non hanno mai conosciuto il mondo “prima” e per cui quello odierno è l’unico mondo conosciuto. Oggi “stiamo attraversando una crisi economica o una vera e propria rivoluzione?”, questa è la domanda cruciale a cui Barisoni prova a dare una risposta nel suo libro o, quantomeno, a fornire al lettore gli elementi per poter fare la sua valutazione.

Pur specificando che nessuno è portatore di certezze, tanto meno in questa fase, l’autore sembra propendere per la prima ipotesi. “Non c’è la scoperta scientifica e tecnologica in grado di mutare i rapporti economici e produttivi in modo strutturale”. Il messaggio di fondo del libro è, tutto sommato, rassicurante, perché gli strumenti per superare (anche) questa crisi e “mappare” la terra inesplorata in cui ci siamo addentrati si trovano all’interno del già conosciuto. Non c’ è insomma l’ipotesi di un radicale ripensamento del modello di sviluppo, come pure alcune voci suggeriscono. Forse risulta un poco sbrigativa la trattazione del “dilemma ecologico” con cui questo modello si sviluppo rimane in piana rotta di collisione. Lo sviluppo, scrive Barisoni, dovrà essere “maggiormente sostenibile grazie ad un’economia più circolare, oltre che verde” ma ” una cosa è parlare di cambiamenti all’interno di un modello, che certamente vi saranno, un’altra è immaginare un processo rivoluzionario che muta il modello stesso”. Si tratta di rimettersi in moto, non di cambiare macchina.

Salvare il buono della globalizzazione Sulla globalizzazione l’autore lancia un monito che si può riassumere con il detto attenzione a non buttare via il bambino con l’acqua sporca. Ricordiamoci delle conquiste di libertà e della ricchezza che ha portato in tutto il mondo, correggiamola, smussiamone gli effetti collaterali che hanno pesato soprattutto sulle classi medie occidentali, ma non rinunciamoci. Lo stesso approccio è riservato alla rivoluzione digitale, il vero grande fattore di cambiamento, che pone il consumatore in una posizione di forza mai vista prima ma che è sempre un’arma a doppio taglio perché siamo tutti, a turno, sia da un lato che dall’altro dello schermo. Ma si può anche giocare in contropiede: “Per non subire passivamente una rivoluzione dettata dal web occorre anche riconoscere che ci sono aspetti di umanità e di empatia che l’intelligenza artificiale e gli algoritmi non sono in grado di raggiungere e su cui le imprese dovrebbero puntare forze e strategie”.

Italia, ora o mai più – Nel libro si trova un invito a vincere le nostre fisiologiche ritrosie nell’abbracciare novità e cambiamenti perché tanto indietro non si torna e non si può tornare. Invito prezioso in un paese che, anche per ragioni demografiche, è molto diffidente non solo verso il domani ma anche nei confronti dell’oggi. Eppure l’Italia, nonostante tutti i suoi difetti su cui Barisoni non fa sconti, sembra avere anche qualche freccia al suo arco. Meritocrazia, capacità di fare sistema, empatia e capacità di adattarsi alle nuove circostanze sono gli assi del poker che serve per vincere questa difficile mano. Almeno una carta l’abbiamo già, quanto a capacità di far fronte a situazioni impreviste gli italiani non sono secondi a nessuno: “Circola l’aneddoto per cui in ogni consiglio di amministrazione di una grande multinazionale è utile avere almeno un membro italiano perché è quello più preparato a gestire situazioni impreviste”. Sulle altre tre, e in particolare sulla scelta di puntare davvero sulla meritocrazia e sulla capacità di fare sistema, c’è molta strada da fare (e in fretta) anche perché questa volta scorciatoie non ce ne sono e “dobbiamo essere bravi nello scritto oltre che nell’orale”.

Valutare se i punti indicati da Barisoni per orientarsi siano quelli giusti è questione che compete ad ogni lettore. Ricordandosi magari quello che osservava Ludwing Wittgenstein: “Ogni volta che pensiamo al futuro del mondo intendiamo il luogo in cui esso sarà se continua a procedere come ora lo vediamo procedere, e non pensiamo che esso non procede seguendo una linea retta, ma una linea curva, e che la sua direzione muta costantemente”. Tradotto: il futuro non è mai come ce lo immaginiamo oggi.