Società

Coronavirus, non c’è solo il corpo da curare e proteggere ma anche la salute mentale

Sono oltre otto mesi che non sentiamo altro che parlare di salute, salute, salute. Il tema è diventato all’ordine del giorno, anzi direi del minuto. Virologi, epidemiologi, biologi, immunologi sono entrati improvvisamente nelle nostre case, presenti nei tg, nei talk show, in qualunque momento informativo. Di per sé, un bene, finalmente la scienza ha avuto la sua rivincita – anche se per un motivo purtroppo tragico – in un paese dove l’ignoranza, anche degli stessi giornalisti, ha sempre tenuto lontani gli esperti dai luoghi dove si danno, appunto, le notizie.

Ma la salute non è solo fisica. C’è anche quella mentale, con la quale si intende qualcosa di fondamentale: ossia la tenuta psichica delle persone, il loro equilibrio, condizione perché le persone siano non solo funzionanti, ma non facciano del male a se stesse e agli altri. Insomma, qualcosa di cruciale, importantissimo. Già prima del virus, purtroppo, della salute mentale non importava niente a nessuno. In pochissimi ne parlavano, come se essa fosse scontata, quasi una precondizione: così non è, semmai è un esito, cioè il contrario.

Così nessuno, dico sia a livello informativo che istituzionale, si è mai granché preoccupato del fatto che oggi chi non ha soldi per pagarsi uno psicoterapeuta o uno psichiatra privato di fatto non ha nessun pronto soccorso. Né nessuno aiuto, perché i centri di salute mentale, quelli che restano, non sono in grado di dare un vero sostegno né ai malati meno gravi che a quelli gravi. I quali, chiusi i manicomi, oggi non sanno letteralmente dove andare. Gli esiti possono essere estremi, come il suicidio.

Oggi in Italia si tolgono la vita ben 4000 persone ogni anno, che non sempre si suicidano per motivi “privati”, ma per contesti, sociali, economici, culturali che aggravano le patologie individuali. Per non parlare dell’abuso incontrollato di psicofarmaci, una vera epidemia che nessuno controlla, anche se gli psicofarmaci a volte possono aggravare i sintomi più che curare.

In questo contesto già drammatico per la salute mentale, si è abbattuto il Covid-19. Che, come lo stesso Istituto Superiore di Sanità fa notare, aumenta i rischi di suicidio. E non è difficile capirlo: l’angoscia di essere contagiati e magari morire, la restrizione delle libertà personali, la crisi economica con disoccupazione, precarietà, povertà, la violenza domestica a causa del confinamento, il consumo di alcol, la riduzione dei servizi dedicati alla prevenzione del disagio mentale e del suicidio, lo stress e burn out degli operatori sanitari. Ce n’è abbastanza per dire che questa dovrebbe essere un’emergenza assoluta, che dovrebbe essere in primo piano, anche nelle parole degli esperti.

E invece la maggioranza di loro – mi riferisco ad esempio a Walter Ricciardi, Massimo Galli e altri del Comitato scientifico ma non solo – nelle loro richieste non prendono minimamente in considerazione le conseguenze sulla tenuta mentale delle persone delle misure che richiedono. Come se la tenuta mentale, ripeto, fosse scontata, come se non si rischiasse il collasso.

Ovviamente non è esattamente il loro ruolo, ma allora perché non mettere nel Comitato un esperto di salute mentale, uno/a psichiatra? Qualcuno che tenga viva in questo momento veramente tragico la bandiera degli effetti delle misure sulla psiche delle persone?

Penso che siamo a un punto in cui anche gli psicoterapeuti e gli psicoanalisti, insieme agli psichiatri, dovrebbero far sentire la loro voce, proprio come gli scienziati che scrivono per chiedere il lockdown. E penso anche che il governo dovrebbe cominciare ad investire dei soldi in strumenti di sostegno alle persone. Esiste un numero di emergenza pubblico che non sia solo quello legati ai sintomi fisici? Una app per il disagio mentale? Si è pensato a uno psicologo nelle scuole fatto per questo periodo in cui la crisi sta devastando la vita dei nostri minori? Si tratterebbe comunque di misure palliative, perché ci vorrebbe ben altro e soprattutto la salute mentale, come spiegano bene gli psicoanalisti, si costruisce in tempo di pace, ma almeno sarebbe un segno di interesse verso il tema.

E chi aiuta le famiglie dal punto di vista psicologico, famiglie che devono tenere insieme la sopravvivenza economica, la frequenza della scuola e il sostegno alla didattica a distanza, la cura dei figli non solo dal punto di vista fisco ma anche mentale? E’ dura per chi ha gli tutti strumenti economici, psicologici e culturali, figuriamoci per chi non li ha.

L’unico ad aver parlato degli effetti psicologici della crisi è stato, poiché settimane fa e come al solito isolato, il presidente Sergio Mattarella. Purtroppo, non ho sentito nessun altro politico che se ne sia occupato. E capisco certo che il presidente Giuseppe Conte e il governo, che in questo momento sono impegnati in una durissima ricerca di un equilibrio tra tutela della salute fisica e tutela dell’economia, siano presi da ben altro, ma qualche esponente della nostra classe politica, magari della cosiddetta “sinistra”, poteva spendersi per questo. Figuriamoci. Qui non si sa neanche di cosa si sta parlando. Un ruolo fondamentale ce l’ha, anche, l’informazione.

Come ho scritto in un precedente post, non aiuta, a mio avviso, il bollettino dei casi giornalieri dato con enfasi totale – ci sono paesi in cui questo non accade -, le continue aperture all’insegna del panico, del terrore, della paura, della chiusura. E che cosa dovrebbe fare la gente dopo aver letto certi titoli? Come fa, letteralmente, ad andare avanti? L’unica difesa è l’isolamento, il disinteresse. Eppure i giornali dovrebbero essere d’aiuto.

Se pure il Covid-19 passerà e arriverà un vaccino, sarà fondamentale ricostruire il sistema sanitario non solo per la cura dei disturbi fisici ma anche del malessere e della disperazione psicologica. Occorre pensare a chi si prende cura dei malati gravi e dove finiscono; occorre anche, importantissimo, che il sistema possa aiutare sul territorio tutte quelle persone non gravissime ma che l’abbandono o l’incuria finiscono per dirottare verso gli psicofarmaci o le droghe. E che si aggravano quando potrebbero essere curati, con conseguenze sulle persone che gli stanno vicine, specie se minori.

E poi, ovviamente, bisognerebbe occuparsi della salute mentale dei nostri minori, passati da una iperprotezione quasi patologica a una violenta pandemia che ha cambiato le loro vite. Vite che non torneranno probabilmente mai come prima, se è vero che la pandemia è un esempio degli choc che subiremo nei decenni futuri, segnati dalle conseguenze dei cambiamenti climatici. Per tutto questo è assolutamente urgente cominciare a prendersi cura anche delle nostre menti. La salute mentale è egualmente importante a quella fisica, perché senza di essa, letteralmente, non c’è vita. Pur nelle enormi difficoltà del momento, chi ci governa dovrebbe ricordarlo.