Cronaca

Nel Lazio i reparti Covid sono pieni: la Regione pronta ad aumentare i posti letto disponibili

L'allarme lanciato dal membro esecutivo dell’Oms Ricciardi è suffragato dai dati: i ricoverati sono ben 853, a fronte degli 866 posti a disposizione. Il Lazio però ha previsto una gestione “a fisarmonica”: in base alle richieste, è prevista una crescita del 30% dei letti, tale da sfiorare i 1.500. Discorso a parte per le terapie intensive, che per ora restano sufficientemente capienti

Numeri alla mano, ha ragione Walter Ricciardi: i reparti Covid nel Lazio sono pieni. Ed è possibile che nelle prossime ore l’unità di crisi regionale inizi a ragionare sul secondo ‘upgrade’ delle strutture dedicato nel giro di appena due settimane, dopo la “fase VI” varata il 28 settembre. L’allarme lanciato a Sky Tg24 dal membro esecutivo dell’Oms e consigliere del governo italiano, è suffragato dalla fotografia attuale sulla gestione del contagio nella Capitale. Secondo il bollettino del 9 ottobre, diramato dalla Regione Lazio, il totale dei ricoverati nei reparti Covid sono ben 853, a fronte degli 866 posti letto ordinari a disposizione in 14 ospedali del Lazio. Discorso a parte per le terapie intensive, che restano sufficientemente capienti: i ricoverati in “rianimazione” sono 57, contro i 200 posti attualmente attivati. Vale la pena tracciare un confronto con i dati dell’11 aprile, il picco dell’epidemia nel Lazio in un fase di incertezza quando non si sapeva bene dove si sarebbe arrivati. In quel momento, a Roma e dintorni i ricoverati “ordinari” erano 1264 e quelli in terapia intensiva ben 203, mentre la Regione produceva il suo sforzo massimo sul fronte strutturale, con 2mila posti letto ordinari a disposizione più 450 di terapia intensiva.

Il Lazio ha previsto un sistema cosiddetto “a fisarmonica” per la gestione dell’epidemia, con il coinvolgimento massimo di oltre 26 fra ospedali e cliniche private in tutto il territorio. La cosiddetta “fase V”, l’allestimento base per la gestione minima dei contagi con 850 posti totali, si è conclusa il 28 settembre scorso, quando l’unità di crisi è stata costretta ad un’espansione dell’offerta del 30% e il raggiungimento di quota 1124 letti a disposizione. In quell’occasione si è deciso di riaprire anche il bunker anti-Al Qaeda realizzato negli anni 2000 in un edificio adiacente all’Istituto Spallanzani. Nei prossimi giorni la Regione Lazio dovrebbe varare il secondo upgrade, con una crescita ulteriore di un altro 30%, tale da sfiorare i 1.500 posti totali. “Se continuano questi numeri bisognerà allargare ancora la rete dei posti, vediamo nei prossimi giorni”, fanno sapere dalla Regione Lazio. Parallelamente, si lavora alle convenzioni con le strutture alberghiere per la gestione dell’isolamento domiciliare e della fase post-ricovero: il piano del 28 settembre prevedeva il raggiungimento “entro il mese di ottobre” di una disponibilità di circa 500 posti, numero che ora andrà necessariamente rivisto al rialzo.

D’altronde, oltre alla preoccupante situazione della provincia di Latina, che ha spinto la Regione a varare importanti misure restrittive relative ad assembramenti e orari di apertura dei locali, va considerato come stia crescendo il numero dei focolai locali. A Nepi, in provincia di Viterbo, le autorità sanitarie hanno chiuso una palestra dopo aver trovato ben 12 persone positive tra gli iscritti, mentre 3 sono i casi derivanti da una cerimonia di battesimo nel comune di Vitorchiano, sempre nell’Alto Lazio. In provincia di Rieti, invece, sono tornati i focolai nelle case di riposo, con ben 25 positivi tra operatori e ospiti della struttura nel piccolo comune di Concerbiano.

Problemi potrebbero sorgere a breve sul fronte del personale. Prendiamo la situazione del Policlinico Umberto I, fra i principali ospedali della Capitale e uno dei tre hub Covid del Lazio. Qui, secondo i dati forniti dai sindacati, ci sono già 12 operatori sanitari contagiati in 7 reparti diversi e che nulla hanno a che fare con la gestione dei malati Covid. I loro colleghi, in attesa dei risultati del tampone – per i quali i tempi di attesa superano ormai i 6 giorni – stanno continuando ad andare a lavorare. La direzione del nosocomio ha fatto richiesta alla Regione per assumere altri 110 infermieri solo il 30 settembre scorso. Secondo Roberto Chierchia, segretario regionale della Cisl Fp, “si è agito con estremo ritardo”, in quanto “ora ci vorranno diverse settimane affinché i lavoratori vengano aggregati, fra chiamate, autorizzazioni e periodi di preavviso”. L’epidemia, conclude il sindacalista “è iniziata 6 mesi fa, non l’altro ieri, questa mancanza di lungimiranza è incomprensibile”.