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Appalti, De Micheli festeggia l’aumento delle gare in agosto. Ma nei primi otto mesi 2020 è calato sia il numero sia il valore: ecco i dati

La ministra ha detto che tra gennaio e agosto "abbiamo avuto un numero molto più elevato di opere e cantieri" rispetto al 2019. I numeri del Cresme: giù del 10% i bandi, -4% il valore messo a gara. L'aumento dell'importo registrato in agosto dipende da tre maxi bandi di Ferrovie. Il vicepresidente Ance alle opere pubbliche: "Con il decreto Semplificazioni meno gare perché consente affidamenti diretti. Ma non risolve il problema dei tempi autorizzativi. Meglio puntare di più sugli appalti dei Comuni per la messa in sicurezza del territorio"

La macchina degli appalti pubblici è ancora ingolfata. In attesa che il decreto Semplificazioni convertito in legge a inizio settembre faccia sentire i suoi effetti, e il governo nomini i commissari per le opere strategiche individuate dal ministero delle Infrastrutture, poco si muove. Nei primi otto mesi del 2020, complice ovviamente il lockdown, i bandi di gara per lavori pubblici e servizi sono diminuiti di più del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il valore complessivo messo a gara è di 22,4 miliardi, il 4% in meno rispetto ai 23,4 miliardi dei primi otto mesi 2019 (dati Cresme). La cartina di tornasole su quanto effettivamente si stia lavorando nei cantieri è il numero di ore lavorate dagli iscritti alle casse edili: a luglio, dato dell’ultima rilevazione dell’Osservatorio nazionale di categoria, sono state l’1,46% in meno sullo stesso mese dell’anno prima. Secondo i costruttori dell‘Ance, il provvedimento del governo non servirà a molto visto che resta irrisolto il nodo dei tempi autorizzativi. Meglio allora puntare con più decisione sul “modello spagnolo” degli investimenti veloci da parte dei Comuni per la messa in sicurezza del territorio e la riqualificazione degli edifici pubblici e delle strade.

Che cosa dicono davvero i dati Cresme – Martedì la ministra delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, durante l’assemblea di Confcooperative ha citato dati del centro ricerche sull’edilizia Cresme secondo i quali in agosto “con l’entrata in vigore del decreto Semplificazioni, prima ancora che venisse convertito, le gare sono aumentate del 26 per cento rispetto al 2019″ e che “il totale dei primi otto mesi” del 2020 “è molto più elevato delle gare e del numero di cantieri del 2019 perché abbiamo incrociato la decisione politica e la semplificazione amministrativa”. In realtà le stesse tabelle delll’Osservatorio nazionale opere pubbliche del Cresme mostrano che, a fronte di un aumento del 26% a valore legato ad alcuni maxi bandi di Rete Ferroviaria Italiana, in agosto si è registrato un calo del 14% nel numero dei bandi di gara pubblicati. E nei primi otto mesi 2020 i bandi di gara per lavori e servizi sono stati 13.366 contro i 14.366 dello stesso periodo 2019: il 10,1% in meno (-4% a valore). Sono aumentati solo quelli pubblicati da Regioni, società miste tra regioni e Anas e Ferrovie. In calo invece i bandi di Comuni e concessionari autostradali. Nulla di strano se si considera che in mezzo c’è stata l’emergenza Covid. Anche se il lockdown ha risparmiato i cantieri delle grandi infrastrutture e delle opere di pubblica utilità, che non sono mai stati fermati. Certo è che non si può (per ora) parlare di un forte rilancio grazie all’ultimo decreto.

Ance: “Il vero nodo sono i tempi morti in attesa delle autorizzazioni” – Anche i numeri raccolti dall’associazione nazionale costruttori edili (Ance), che a differenza di quelli Cresme non comprendono gli appalti di servizi, mostrano che in agosto l’importo totale bandito è stato di 3,2 miliardi, il 22% in più rispetto all’agosto 2019. “Ma in agosto ci sono stati tre maxi bandi di Ferrovie che da soli cubano 2,2 miliardi”, sottolinea Edoardo Bianchi, vicepresidente Ance alle opere pubbliche. Nel bimestre luglio-agosto i bandi Rfi (3 miliardi totali) hanno pesato per il 40% del totale. L’altro dato che salta all’occhio è la contrazione dei bandi per importi inferiori ai 5 milioni di euro, cioè quelli per i quali il nuovo decreto consente di derogare al Codice appalti procedendo per affidamento diretto (fino a 150mila euro) o procedura negoziata invitando al negoziato un numero ristretto di imprese. “Una tendenza destinata a proseguire, perché le stazioni appaltanti non sono più tenute a pubblicare in Gazzetta ufficiale ogni bando sopra la soglia comunitaria. In fase di conversione del decreto Semplificazioni abbiamo ottenuto solo che ne sia data pubblicità sul sito dell’ente”, spiega Bianchi. Che evidenzia come il vero nodo non sia comunque che si pubblicano pochi bandi di gara, ma quello che succede dopo: “Il 66% degli anni necessari per realizzare un’opera si perde nei cosiddetti tempi di attraversamento, quelli che passano in attesa di autorizzazioni e passaggi burocratici. Eppure nel decreto ci si è concentrati sulla fase che di tempo ne richiede di meno, quello dell’aggiudicazione”.

Il “modello spagnolo” dei cantieri nei piccoli Comuni da potenziare – Un modello vincente, secondo il vicepresidente Ance, è quello degli appalti semplificati “alla spagnola” importato in Italia con la manovra 2019 e confermati per il 2020 stanziando fondi ad hoc (rispettivamente 400 e 500 milioni) destinati ai piccoli Comuni per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici. Finora è stato un successo, con la quasi totalità delle risorse spesa in meno di un anno. “Ma le cifre sono molto piccole: noi auspichiamo che con il Recovery fund vengono aumentate le risorse a disposizione”, commenta Bianchi. “Nessuno meglio degli enti locali può occuparsi di manutenzione e messa in sicurezza del territorio e 100 appalti di questo tipo hanno un impatto molto maggiore sull‘occupazione di manodopera rispetto a un solo grande appalto”.