Politica

Raggi, sulle novità per le concessioni dei beni immobili ho delle perplessità. Vi spiego quali

Il Fatto Quotidiano scrive che la sindaca Virginia Raggi per la sua seconda candidatura pensa a liste civiche, anche legate alla “sinistra radicale”. A me sembra difficile, visti i rapporti tra la maggioranza pentastellata e molte realtà del territorio, di cui è emblematica la vicenda, tuttora in corso, della stesura del nuovo “Regolamento delle concessioni dei beni immobili appartenenti al patrimonio demaniale e indisponibile di Roma Capitale”. La proposta, a prima firma del Presidente della Commissione Patrimonio M5S Ardu, è una “patata bollente” che riguarda decine di gruppi e associazioni che utilizzano locali appartenenti al patrimonio comunale, e rivela una visione politica del M5S assai distante da quella del mondo della sinistra solidale.

La Capitale possiede un patrimonio enorme – la base del bilancio comunale – su cui Carteinregola da anni chiede trasparenza: non esiste a oggi un unico elenco accessibile di tutte le proprietà della città, tanto meno con i dati su a chi sono concesse e a quali condizioni. La Proposta di Delibera si occupa – inspiegabilmente – solo di una parte del patrimonio, quello classificato come “indisponibile”, che vuol dire destinato a fini pubblici (mentre il patrimonio “disponibile” può essere anche assegnato per fare reddito), e nei Principi generali enuncia che “La gestione del patrimonio capitolino è volta a favorire l’integrazione e la crescita sociale e culturale delle comunità”.

Ma nell’incipit premette che “il patrimonio immobiliare capitolino costituisce una fondamentale risorsa economica, strumentale a garantire l’autonomia finanziaria della comunità locale”: una visione sbilanciata a favore del valore economico a scapito del valore sociale, che si ritrova in vari articoli, fino a quello intitolato Valorizzazione del Patrimonio Capitolino, in cui si parla di “programmazione di interventi di riqualificazione e valorizzazione, anche attraverso forme di partecipazione a fondi di investimento immobiliari istituzionali” e di “forme del partenariato pubblico privato e del project financing” per beni particolarmente ammalorati o in disuso”.

Carteinregola ha già inviato ai consiglieri osservazioni e proposte, ma la vicenda si presta a considerazioni più generali sulla distanza, a tratti siderale, tra i due mondi M5S /“sinistra”. Nel mondo pentastellato tutto ruota intorno al valore economico, e quindi il patrimonio, anche indisponibile, viene considerato prevalentemente dal punto di vista del risparmio e dei ricavi; inoltre viene agitato, per qualsiasi affidamento, il mantra della gara pubblica.

Aspetti che Carteinregola ha sempre sostenuto, ma per il patrimonio messo a reddito, dove ancora oggi imperano opacità, scarsi controlli, assegnazioni o proroghe di concessioni a scopo di lucro senza procedure di evidenza pubblica (si vedano le scelte del M5S per le concessioni ad ambulanti e stabilimenti balneari).

Invece, nel caso di immobili destinati a servizi per la collettività, riteniamo che le modalità di assegnazione dovrebbero essere diversificate, mettendo al centro i bisogni dei cittadini e il valore sociale che con il patrimonio pubblico si può creare, soprattutto nei quartieri meno dotati di strutture al servizio della cittadinanza, dove immobili pubblici possono diventare “standard sociale” (non solo assistenza, ma centri d’incontro, ludoteche, start up giovanili, ecc).

In alcuni casi l’Amministrazione può indire dei bandi finalizzati a determinati servizi – anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini per individuare esigenze e elaborare progetti – in altri rispondere alle proposte avanzate da enti e associazioni che intendono svolgere attività sociali o culturali in immobili inutilizzati. E va da sé che, come previsto dalle norme, l’assegnazione definitiva avviene dopo la pubblicazione di un avviso pubblico, e che, nel caso di più richieste incompatibili tra loro, sarà una commissione a fare una valutazione.

Ma il nodo più conflittuale riguarda le realtà sociali che operano da anni per lo più in quartieri periferici, a vario titolo in posizioni irregolari, che rischiano lo sgombero, o comunque di essere messe alla porta, magari dopo essere state messe in concorrenza con nuovi soggetti che non hanno alcun legame con il territorio, ma con proposte economicamente più convenienti. Per questi casi Carteinregola ha chiesto una sospensione e una valutazione dell’interesse pubblico delle attività delle associazioni da parte di una Commissione mista, istituzioni e realtà territoriali, su cui poi si esprima l’Assemblea Capitolina.

Ci sembra il “minimo sindacale”, considerando, tra l’altro, l’impegno di molte di queste associazioni, che durante l’emergenza Covid si sono attivate nei territori più disagiati, portando pacchi spesa, medicinali, sostegno ai cittadini in difficoltà. E molte di queste realtà, che per il Dipartimento sono “irregolari”, sono finite negli elenchi sui siti istituzionali tra gli aiuti sociali erogati dal Comune durante la pandemia. Una contraddizione che ben rappresenta una distanza che sarà difficile colmare in un pugno di mesi di campagna elettorale. Soprattutto se viene approvato questo Regolamento.

(su Carteinregola.it le proposte della nostra associazione inviate ai consiglieri capitolini)