Cronaca

Patrick Zaki, anche Milano gli conferisce la cittadinanza onoraria. Dopo Napoli un altro capoluogo tra le “100 città per Patrick”

La metropoli lombarda aderisce all'iniziativa lanciata sulla piattaforma online GoFair, con lo scopo di aumentare il peso dell'opinione pubblica e convincere il governo ad agire con più determinazione per chiedere la scarcerazione del ricercatore

Patrick Zaki è cittadino onorario di Milano. Anche il capoluogo lombardo ha aderito alla campagna “100 città per Patrick” promossa su GoFair con lo scopo di aumentare il peso dell’opinione pubblica per richiedere la scarcerazione del ricercatore egiziano 29enne dell’Università di Bologna che da oltre sei mesi è detenuto in Egitto con diverse accuse tra cui propaganda sovversiva su Facebook.

Insieme a Napoli, che ha aderito più di un mese fa, la campagna ideata da un consigliere comunale di Pomigliano D’Arco ha raggiunto anche Milano, aumentando il numero di comuni che chiede un intervento del governo sul caso, partendo dal presupposto che “Patrick è un nostro cittadino”. “Il fatto che Zaki non sia un cittadino italiano, ci impedisce di avere una posizione rigida come nel caso Regeni” spiega, su Awarepec.com, la presidente di GoFair Francesca Carlotta Brusa. Oltretutto, anche a causa della pandemia, “il caso Zaki è stato messo in secondo piano dai media” chiarisce la presidente. Per questo era necessaria una cassa di risonanza forte che non poteva che partire dai Comuni, in quanto “sono gli enti locali più vicini ai cittadini”.

Il ricercatore è in carcere da sabato 22 febbraio in una condizione di detenzione preventiva rinnovabile. Per i reati che gli sono contestati, Patrick Zaki rischia l’ergastolo, che in Egitto è automaticamente commutato in 25 anni di carcere. Oggi il giovane si trova nella Sezione II Scorpion del carcere di Tora, al Cairo, dove sono trattenute altre importanti figure del dissenso egiziano come l’avvocata Mahienour el-Masry e Alaa Abdelfattah.

“Spostato tra diversi luoghi di detenzione illegali, interrogato illegalmente, minacciato e torturato con colpi e scosse elettriche” racconta, su Facebook, il gruppo di attivisti che gestisce la pagina “Patrick Libero”. “Rapporto d’arresto falsificato e false accuse. Campagna diffamatoria sui media. Spostato tra quattro diverse strutture di detenzione legale senza preavviso. Cinque mesi dall’ultima visita in carcere, con solo due lettere molto brevi da parte sua. Cinque mesi senza sapere nulla di Patrick che sta affrontando la minaccia di una pandemia in un carcere sovraffollato e poco igienico, mentre soffriva di asma. Sette settimane di rinvii di udienza. 72 giorni di detenzione senza comparire davanti ad un Procuratore. 140 giorni di detenzione senza una base legale. Patrick ha già trascorso sei mesi in custodia cautelare, senza seri provvedimenti per indagare sulle accuse contro di lui”.