Cultura

Coronavirus, il teatro è stato ridicolizzato e ignorato. E c’è chi parla di bullismo dello Stato

Di tutti i settori colpiti dalla crisi conseguente al lockdown, sicuramente la cultura (come spesso capita) è stato il più danneggiato e il meno tutelato. Un paradosso beffardo: proprio nel periodo in cui è apparso evidente anche ai non addetti ai lavori (musicisti, attori, scrittori, intellettuali) il ruolo essenziale dell’arte e della cultura per la vita umana (pensate solo per un attimo quale sarebbe ora la condizione psicologica collettiva se durante il lockdown non avessimo potuto ascoltare musica, leggere libri, vedere film, serie tv, registrazioni di spettacoli teatrali), proprio in quel momento la politica ha deciso di metterla ai margini.

In particolare, il settore più ignorato, danneggiato, ridicolizzato è stato il teatro: ennesimo paradosso nel paese della Commedia dell’Arte, di Goldoni, di Alfieri o, per limitarci al Novecento, di Pirandello, De Filippo, Dario Fo e Carmelo Bene. Non usano mezzi termini Antonio Rezza e Flavia Mastrella, due figure molto importanti del teatro italiano, protagonisti di una carriera ultratrentennale che li ha visti collezionare prestigiosi premi (Leone d’Oro alla Carriera della Biennale di Venezia, Premio Rosa d’Oro della Milanesiana, Premio Ubu e molti altri), ma soprattutto conquistare vasti consensi di critica e pubblico.

Per Rezza “la condizione della cultura in Italia dopo questo periodo di lockdown è quella di un paese profondamente arretrato. C’è da vergognarsi rispetto alla considerazione della cultura rispetto ad altri paesi europei”. Le sue considerazioni partono dal generale al particolare: “il ridicolizzare qualsiasi fenomeno culturale è un orientamento da regime dittatoriale. Si ridicolizza la cultura di modo da far pensare, per esempio, ad un metallurgico che attori, musicisti o scrittori svolgano le loro attività per hobby e non come sacrificio”.

In particolare, l’attore e regista sottolinea “la contraddizione tecnica: pensiamo ai permessi concessi agli eventi sportivi, fondati sullo scontro fisico, dove si manifesta l’essenza del corpo. Oppure, se si va al mare si nota che gli ombrelloni sono a normale distanza, i ristoranti giustamente, e sottolineo giustamente, fanno quello che gli pare per ritornare a una normalità. In tutto ciò, si impongono al teatro disposizioni assurde, come dover indossare la mascherina sul palco a teatro. Al cinema, invece, agli attori è consentito baciarsi se hanno effettuato il tampone, in teatro invece non ci si può avvicinare. Una scoperta rivoluzionaria per la medicina: evidentemente l’attore di teatro contagia di più”.

Per Rezza, di fatto, si tratta di bullismo nei confronti del Teatro: “La ridicolizzazione della cultura è anche in questa presa in giro, lo Stato si comporta come nei fenomeni di prevaricazione adolescenziale, quando si prende in giro il più debole per delegittimarlo così non ha nessun prestigio rispetto a tutti gli altri. Queste sono prove tecniche di sottomissione. Nessuno può negare l’epidemia e i suoi morti, ma o c’è l’emergenza, e allora stiamo tutti dentro casa, oppure se siamo in una nuova fase le stesse regole devono valere per tutti”.

Del resto, fieramente Antonio Rezza e Flavia Mastrella non prendono finanziamenti statali: “Io non prendo soldi dallo Stato, non accetto che lo Stato si prenda certe confidenze con me”. Gli fa eco Flavia Mastrella: “Per noi è più dignitoso aspettare che tutte le attività possano riprendere pienamente in tempi di normalità, senza limitazioni grottesche. Anche perché il teatro già stava affrontando un progressivo ridimensionamento, se noi accettiamo queste regole, come l’idea di fare solo monologhi, è una scelta errata, poiché crea abitudine a una fruizione anomala. Il teatro non può essere solo monologhi, è anche visione. Se leviamo l’elemento dello stupore si snatura il teatro. Per noi è meglio che tutto ricominci più avanti, ma come deve essere, con tutti i crismi.”

Una crisi che colpisce un settore già in condizioni precarie, secondo l’artista e scultrice: “Da più i dieci anni i teatri non hanno coltivato nuove tendenze, non c’è stato un ricambio generazionale, la crisi attuale non ha fatto altro che accelerare un processo di decadimento già in atto. La maggior parte dei teatri di sperimentazione, dove molti attori muovono i primi passi, rischia di chiudere”.

Flavia Mastrella conclude con una sentenza memorabile: “L’italia è vittima di una dittatura del caos. E, a quanto pare, così deve rimanere per interesse politico”. Scherzando sui rischi del contagio, dico ai due autori che forse il Governo ha preso alla lettera il saggio di Artaud sul teatro come peste, come contagio. Entrambi rispondono: “Sembra proprio sceneggiata da Artaud questa situazione. Ma egli non avrebbe mai accettato finanziamenti statali”.