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Recovery Fund, la rigorista Danimarca apre al negoziato. La premier Frederiksen: “Contraria alle sovvenzioni, ma non metterò il veto”

La prima ministra socialdemocratica ha risposto a un'interrogazione parlamentare: "Dobbiamo restare uniti in Ue e questo è il punto di partenza". Un invito anche agli altri 'frugali' a evitare lo strappo a Bruxelles: "Si parla del futuro dell'Europa". Ribadita la linea: solo prestiti e necessarie delle condizionalità. La vera priorità del governo però è mantenere il suo sconto nel prossimo bilancio Ue e per questo sarebbe disposto a compromessi

“Il nostro compito non è mettere il veto, ma trovare una soluzione”, e “il governo è a favore del fondo per aiutare i Paesi più colpiti” dalla pandemia di coronavirus. La Danimarca, uno dei quattro Paesi ‘frugali’ che guidano il fronte dei critici al Recovery Fund da 750 miliardi di euro, apre a una trattativa con gli altri Stati Ue. Non è una retromarcia, né un cambio di linea, perché la premier danese, Mette Frederiksen, ha ribadito la sua contrarietà alle sovvenzioni e aggiunto che “devono essere stabilite alcune condizioni” per ottenere gli aiuti. Allo stesso tempo però, rispondendo a un’interrogazione di Kristian Thulesen Dahl, leader del partito popolare danese, la socialdemocratica Frederiksen ha spiegato: “Vorrei mettere in guardia dal fatto che i Paesi stanno pensando a un veto su qualcosa di vitale come il futuro dell’Ue”. Un riferimento agli altri membri del fronte rigorista, che come emerso dall’Ecofin di ieri (martedì), si è allargato anche a Finlandia e Ungheria.

“Dobbiamo restare uniti in Ue e questo è il punto di partenza del governo per questi negoziati”, ha aggiunto Frederiksen parlando al Parlmamento. La Danimarca è pronta quindi a sedersi al tavolo per trattare, pur restando rigorista: “Sono una fervente sostenitrice della cooperazione europea ma sono anche una frugale del Nord e penso che sia giusto pagare i propri debiti da soli”, ha sottolineato la premier. Le posizioni restano quindi in linea con quelle espresse martedì da Austria e Olanda: il Recovery Fund deve essere ridotto e prevedere solo prestiti, inoltre la concessione di aiuti deve essere condizionata a riforme strutturali.

I rigoristi chiedono anche una revisione del criterio di distribuzione degli aiuti, a loro dire troppo a favore dei Paesi del Sud. L’altra battaglia riguarda invece il prossimo bilancio pluriennale europeo, che dovrebbe essere rafforzato con un aumento dei contributi nazionali rispetto al bilancio precedente. I rigoristi si oppongono e difendono gli sconti, i cosiddetti rebate, di cui beneficiano. Anche in questo caso la premier Frederiksen non cambia linea: “Non capisco perché dovremmo avere un budget Ue più ampio”, ha concluso, rifiutando la possibilità di un incremento del contributo nazionale della Danimarca. Secondo quanto riporta Bloomberg, la priorità principale del governo di Copenaghen è mantenere il suo sconto nel prossimo bilancio settennale dell’Ue e per questo sarebbe disposta a mettere da parte il suo scetticismo sulle sovvenzioni nel pacchetto di aiuti.

Intanto la proposta di Recovery Fund della Commissione Ue ha ricevuto l’approvazione anche di Laurence Boone, capoeconomista dell’Ocse: “È una delle migliori iniziative scaturite da questa crisi”. Boone, presentando l’Economic Outlook a Parigi, ha aggiunto: “E’ un’espressione molto forte del modo in cui la solidarietà europea permette di rispondere alla crisi e di dotare i governi degli strumenti per rispondere alla crisi”.