Politica

Bonafede non cade ma resta nel mirino: la colpa da scontare si chiama prescrizione

di Andrea Taffi

Il ministro della giustizia Alfonso Bonafede è salvo, il Senato respinge le due mozioni di sfiducia contro di lui, e Bonafede rimane il Guardasigilli, almeno per ora. Eppure (secondo me) non c’è da gioire. No, perché il Senato non ha sfiduciato Bonafede solo perché costretto a farlo: il contrario avrebbe, infatti, immediatamente generato una crisi di governo, e in questo momento nessuno (nemmeno Matteo Renzi) ha il coraggio di innescare una crisi, che finirebbe per gettare il Paese nel caos.

Nessuno (meno che meno Renzi) vuole assumersi una responsabilità impossibile da giustificare agli occhi degli italiani, alle prese con le preoccupazioni, i dubbi e le incognite di questa delicatissima fase 2 bis dell’emergenza da Covid-19.

Non c’è da gioire, dicevo, perché, anche se salvo, Bonafede non esce dal controllo radar, dal mirino di chi lo vuole sfrattare da palazzo Piacentini. Per quanto la scarcerazione di mafiosi causa coronavirus sia stata una vicenda chiacchierata, il ministro Bonafede (secondo me) non paga quella cattiva gestione, e non paga nemmeno lo scontro dialettico con Nino Di Matteo sulla mancata nomina di quest’ultimo a capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria per via (secondo lo stesso Di Matteo) di certi malumori dei boss mafiosi.

No, il ministro della Giustizia sconta il peccato originale, quello che (secondo alcuni) giustifica la sua cacciata dal paradiso. Il peccato in questione si chiama prescrizione, riforma della prescrizione per essere più precisi. Sul tema è caduto il governo giallo-verde, perché Matteo Salvini (si dice) preferì il suicidio politico, con annessa speranza di nuove elezioni, piuttosto che stare in un governo in costanza di riforma della prescrizione.

Ma la destra non è l’unica a non digerire la riforma: anche Renzi la odia, e non vede l’ora di cancellarla. Per farlo, però, ha bisogno di liberarsi del suo più rappresentativo difensore, del suo simbolo: Bonafede, appunto. Renzi gioca con Bonafede al gatto col topo: quando sta per colpirlo lo libera, ma non del tutto, lo tiene sott’occhio, lo lascia muovere, ma non troppo.

Il paradosso è che Bonafede (e la riforma della prescrizione) devono ringraziare l’emergenza da coronavirus, che rende indecente e non sdoganabile ogni azione politica che non sia indirizzata all’uscita dalla crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo. Ma dopo, quando il Covid-19 non sarà più un problema, che cosa succederà a Bonafede e alla prescrizione? Il gatto Renzi si deciderà a dare la zampata decisiva ai danni del topolino Bonafede?

Nessuno può saperlo adesso. Io spero di no. Ma quello che spero ancora di più è che Bonafede non venga lasciato solo dopo, quando la politica (la peggiore politica) sollevata dal fardello coronavirus tornerà ad occuparsi di tutto quello che la deliziava prima della pandemia.

Per tutto questo, chiedo al Movimento 5 stelle una cosa sola: resistete, non abbandonate Alfonso Bonafede, non buttate a mare una delle buone cose che avete fatto. Con buona pace di Renzi e delle destre tutte.

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