Cultura

Giovanni Paolo II raccontato in ‘Dentro di me il tuo nome’, il prezioso testo di Rino Fisichella

Cento anni fa nasceva un uomo che avrebbe cambiato il mondo. In un piccolo paesino della Polonia vicino Cracovia, Wadowice, il 18 maggio 1920 veniva alla luce Karol Wojtyla. “Per comprendere Giovanni Paolo II – ha scritto l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, nel suo libro Dentro di me il tuo nome (San Paolo) – sarà sempre necessario ritornare alla sua prima enciclica Redemptor hominis.

Si trovano in quel testo le linee fondamentali del suo pensiero e il programma del suo pontificato. Un’espressione più di altre può essere significativa: La Chiesa desidera servire quest’unico fine: che ogni uomo possa ritrovare Cristo, perché Cristo possa con ciascuno percorrere la strada della vita, con la potenza di quella verità sull’uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell’incarnazione e della redenzione. Su questa via che conduce da Cristo all’uomo, su questa via sulla quale Cristo si unisce a ogni uomo, la Chiesa non può essere fermata da nessuno”.

Per Fisichella “guardare ai circa ventisette anni del pontificato di Karol Wojtyla con questa espressione sotto gli occhi, implica saper interpretare i suoi viaggi, le sue prese di posizione, i suoi gesti, il suo insegnamento e la sua stessa fine. Tutto trova sintesi intorno alla volontà di portare Cristo all’uomo, a “ogni uomo”, come amava sottolineare, nessuno escluso, per far comprendere il senso della vita.

Il vigore dei primi anni di pontificato e la fatica nel muovere i passi e far sentire la voce alla fine del suo servizio come successore di Pietro trovano riscontro in questo desiderio di annunciare Cristo. Qualunque giudizio si vorrà dare su Giovanni Paolo II resta, comunque, il fatto che soprattutto gli ultimi anni di pontificato hanno suscitato un’ondata inarrestabile di affetto, di ammirazione e di commozione al di là di ogni aspettativa”.

Come titolo del suo libro su Wojtyla, Fisichella ha scelto uno degli ultimi versi del Trittico romano, il componimento poetico più bello del Papa polacco, con il quale egli stesso, nel 2003, due anni prima di morire, ha concluso la sua notevole opera letteraria. Parole che, per il presule, “portano con sé un vero anelito verso l’eterno e l’infinito”. Nel volume, uno dei teologi italiani più autorevoli e affermati a livello internazionale, rilegge, in modo rigoroso, tutto il magistero di San Giovanni Paolo II proponendone, per la prima volta, una sintesi chiara e completa.

Un lavoro di certo non facile, non solo per la vastità dei documenti di un pontificato durato quasi ventisette anni, ma anche per la molteplicità dei temi trattati. L’analisi viene svolta essenzialmente a partire dalle quattordici encicliche di Wojtyla che Fisichella, uno dei collaboratori più vicini al Papa polacco, rilegge da una prospettiva inedita e avvincente. .

Si tratta indubbiamente di un testo che contribuisce a scrivere un’ulteriore e preziosa pagina della biografia di San Giovanni Paolo II, sottraendolo ai facili cliché e alle inevitabili caricature di cui, in buona e in cattiva fede, anch’egli è stato ed è vittima.

Il presule sottolinea, infatti, che “se qualcuno pensava che tutto sarebbe finito dopo i funerali è rimasto deluso. La sua fama di santità ha avuto la meglio e ha trovato conferma nell’immediata beatificazione il 1° maggio 2011 e nella successiva canonizzazione il 27 aprile 2014 a nove anni dalla sua morte”.

Anche tutto il grandissimo entusiasmo internazionale che ha accompagnato il centenario della nascita di San Giovanni Paolo II è un’ulteriore dimostrazione di quanto, a quindici anni dalla sua morte, l’eredità di questo grande uomo del Novecento, profondamente figlio di questo secolo come della sua amatissima Polonia, sia ancora viva e preziosa. Non solo nell’ambito della stretta geografia cattolica, ma in tutti i cinque continenti visitati da Wojtyla e in tutti gli areopaghi del mondo.

Fisichella ricorda, inoltre, che “Giovanni Paolo II, da grande poeta qual era, aveva compreso che bisognava parlare all’uomo nel suo linguaggio, per farsi capire da lui e per permettere di comprendere che Cristo è l’uomo nuovo a cui guardare. Ha scritto che bisogna tenere fisso lo sguardo su ciò che costituisce l’originalità del cristianesimo dinanzi alle culture e alle religioni, per non disperdere il patrimonio di ricchezza spirituale che si è accumulato nel corso dei secoli. Proprio partendo dal fondamento del cristianesimo è possibile verificare il contributo che il suo magistero ha portato per la crescita di tutti e lo sviluppo permanente della fede”.

“Karol Wojtyla filosofo e teologo – aggiunge Fisichella – ha compreso quanto fosse necessario un pensiero forte e ancorato alla tradizione per poter corrispondere alle sfide della cultura contemporanea così secolarizzata e distante dalla verità dell’uomo. La forte personalità e il carisma che lo hanno caratterizzato hanno permesso che le sue parole si incidessero nel cuore di molti.

Giovanni Paolo II si tuffava in mezzo alle folle; eppure, sapeva guardare negli occhi di quanti si accostavano a lui. Da giovane aveva calpestato il palcoscenico e amava compiere gesti di alto valore simbolico. Rimangono impresse le sue forti braccia che abbracciavano chiunque”.

Fisichella sottolinea, infine, giustamente che “ogni successore di Pietro è posto nel momento giusto e corrisponde con la sua personalità alle esigenze che si pongono sul tappeto della storia. È necessario, quindi, guardare maggiormente a ciò che essi rappresentano piuttosto sottolineare ciò che sono. Il Papa, ogni Papa, sarà sempre segno di un servizio peculiare che Gesù stesso, non gli uomini, gli hanno affidato. Egli dovrà essere sempre segno dell’unità dei cristiani per comunicare a tutti la forza del credere.

Ognuno sarà carico della propria personalità, ma tutti dovranno ripercorrere la stessa strada voluta da Cristo: essere capaci di dimenticare se stessi per dare la propria vita a servizio della Chiesa. Il successore di Pietro non avrà mai una sua vita. Sarà sempre solo davanti al maestro di Galilea per ripetergli con forza: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna”.