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Coronavirus, Bolsonaro come Trump vuole riaprire tutto. Ma il popolo brasiliano non ci sta

Spessissimo lo sviluppo degli scenari nelle faccende umane e del mondo è imprevedibile. Nelle questioni sociali ancora di più. E in epoca di pandemia quelle che in un primo momento erano opinioni, “meglio stare a casa”, “no, meglio uscire”, sono diventate posizioni politiche: stare a casa non è solo più un’idea da spaventati per il virus e da ligi alle leggi, bensì tendenzialmente (e sottolineo tendenzialmente) di sinistra, mentre fregarsene del virus (“me ne frego!”) e voler uscire è tendenzialmente di destra.

Ma si è arrivati addirittura al paradosso. Nella totale confusione di opinioni popolari e scientifiche, nonché di numeri, sorpresa!, chi salva il popolo dalla corrottissima Oms e dal diabolico cattivone che vuole vaccinare il mondo è, udite udite, mr. Donald Trump in persona.

Bill Gates sarebbe stato smascherato nel suo diabolico progetto nientemeno che dal più discusso presidente degli Stati Uniti della storia, che vuole riaprire tutto e far uscire la gente in strada, poiché la pandemia è in realtà un trucco per vendere vaccini e tenere altrimenti la popolazione in scacco. Per cui niente finanziamenti.

Nel frattempo, a migliaia di chilometri di distanza, Jair Bolsonaro non si smentisce e dà il benservito al suo ormai ex ministro della Sanità per sostituirlo con un altro, molto più incline anche lui a riaprire tutto e ricominciare a vivere normalmente, iniziando dalle scuole.

I brasiliani sono disorientati. La maggioranza ha votato Bolsonaro ma è terrorizzata dal virus, al punto che è tutto fermo anche nei piccoli villaggi dove di contagiati non c’è quasi traccia. Il presidente, avversato da tutti, va addirittura contro le amministrazioni locali che vorrebbero tutto chiuso.

In Italia circola un video che parla di brasiliani che rompono la quarantena e da bravi liberi carnevalari scendono in piazza, mentre in realtà Rio de Janeiro è blindata al punto che sono riusciti persino a bloccare le favelas dove sono tutti rifugiati terrorizzati, nonostante #iorestoacasa qui sia quasi una condanna a morte, con uno spazio vitale di due metri quadrati a individuo nelle abitazioni (chiamiamole così). Anche se ci sono segni di rivolta nella megalopoli di São Paulo. Nello stesso tempo Rede Globo sta dando voce alle lamentele di senzatetto presi per la strada e relegati in hotel popolari di infima categoria, privi di servizi decenti. Nel frattempo c’è anche chi protesta chiuso in casa, dalle finestre, per il provvedimento di rimozione del ministro della Sanità, pro isolamento.

Chiaramente Bolsonaro non lo fa per la “libertà”, bensì più probabilmente per il liberismo, occorrerà vedere quale sarà la reazione del popolo. La sua sbrigativa, terrificante valutazione di alcune settimane fa – “Ci saranno 30mila morti e finisce lì” – è inaccettabile, anche se nel paese ogni anno sono 50mila i morti solo tra i bambini, perlopiù per stupro seguito da omicidio, e nessuno ha mai protestato più di tanto per questo, visto che “tanto” si tratta di gente proveniente dalle favelas.

Tutto questo richiederebbe una seria rivalutazione dei paradigmi di riferimento. D’altra parte l’isolamento forzato si sta rivelando anche un’opportunità di riflessione profonda per tutti, sul significato di quello che stiamo realmente facendo con la nostra stessa umanità e col pianeta Terra. Di fatto sono tutti disorientati, in Brasile come in America, e ovunque nessuno sa quale sia la verità. Poiché mentre da una parte ci sono i vaccinatori convinti, dall’altra ci sono persino medici credibili che spiegano come siano stati fatti grossi errori e in realtà la cosiddetta pandemia sia certamente un’epidemia, ma che possa essere fermata curando i malati nella maniera corretta, non necessariamente come una polmonite da virus.

Le migliaia di morti, impressionanti, incluse quelle purtroppo registrate tra il personale sanitario medico e paramedico sarebbero da imputare anche a una sottovalutazione di patologie parallele, come la tromboembolia polmonare, indotta dalla pesantissima infiammazione, che secondo alcuni autori avrebbe dovuto essere trattata con antinfiammatori e senza necessaria ospedalizzazione.

Difficile avere un’idea di quali saranno i reali sviluppi. Se è vero che “la storia del passato ormai ce l’ha insegnato che il popolo affamato fa la rivoluzion”, la stessa storia ci ha insegnato sì cosa fa il popolo di fronte a pandemie e epidemie, ma non nell’epoca della mediatica neurodigitale endemica.