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Coronavirus, gli egoismi del Nord Europa non hanno senso: ‘siamo tutti sulla stessa barca’

In queste settimane di clausura forzata, ma necessaria, ci siamo ritrovati in chat con amici spagnoli, portoghesi e italiani che vivono nei paesi del Sud Europa diversi dal nostro. I commenti di tutti erano in linea con le prese di posizione dei governi meridionali: l’attacco dell’Olanda alla fascia dei paesi più a sud è un nuovo tassello per consumare l’Europa.

“È come se fossero ritornati i ‘PIGS'” si ascoltava ieri in un dibattito radiofonico di un network di Siviglia, quell’acronimo usato per identificare i paesi con le finanze meno virtuose (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) è oggi utile per alimentare nuovi pregiudizi culturali e politici. Altra linfa per la spirale egoistica che agita un continente senza leader e senza idee.

Le indagini invocate da Wodke Hoekstra, ministro delle Finanze dell’esecutivo di Amsterdam, sui paesi che chiedono l’emissione dei coronabond per affrontare l’eccezionale crisi economica segna la distanza tra nord e sud. Com’è lontana l’Olanda epicentro continentale delle libertà e della tolleranza, con Amsterdam collocata nel quadro europeo come una delle capitali più aperte e più internazionali. Ora è ripiegata su se stessa, capace sì di arginare nel 2017 l’onda populista dell’ultradestra di Geert Wilders (nello stesso gruppo della Lega di Salvini nel parlamento di Bruxelles), ma divenuta più egoista nella rincorsa a destra avviata, per mero calcolo elettorale, dal premier moderato Mark Rutte.

Tutto sembra rispondere alle aspirazioni della Nuova Lega Anseatica, una coalizione tra i paesi affacciati sul mar Baltico (Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Svezia) che – richiamando i fasti dell’alleanza tra le città nordiche che ebbe un ruolo centrale nei commerci del tardo Medioevo – punta a difendere gli interessi, innanzitutto economici, dei suoi membri.

In questi giorni i quotidiani spagnoli hanno rispolverato finanche le dichiarazioni dell’ex presidente dell’Eurogruppo, il socialdemocratico olandese Jeroen Dijsselbloem, che, contrapposto allo spagnolo Luis de Guindos nella corsa per la carica, tirò fuori dal cassetto un luogo comune vecchio come il mondo: “I paesi del sud spendono i loro soldi in alcool e donne”.

L’Europa luterana della Hanse si manifesta cinica, con i nuovi falchi del rigore fiscale contrapposti all’interventismo dei paesi un tempo definiti ‘PIGS’, oggi supportati con convinzione dalla Francia del presidente Macron. Il premier spagnolo Pedro Sánchez è apparso fermo sulla linea italiana, la sua ministra degli Esteri Arancha González ha affidato a un tweet la rabbia del governo di Madrid: “Siamo sulla stessa barca dell’Ue? Abbiamo colpito un iceberg inaspettato. Condividiamo tutti lo stesso rischio in questo momento, non c’è tempo per le discussioni su chi è il primo della classe”, ha scritto.

Ma ancora più incisivo è stato il premier portoghese, il socialista António Costa, che nel corso di un intervento a Matosinhos ha sbottato: “Nessuno ha più tempo da perdere ad ascoltare i ministri olandesi delle Finanze. Lo abbiamo già fatto nel 2009, 2010, 2011 e anche dopo”. Il suo aggettivo ‘repugnante’ scandito con fermezza rimarrà nel tempo, come un vero j’accuse del premier di Lisbona.

La contrapposizione esiste, è culturale e politica. E se non si può pretendere che i sostenitori della Nuova Lega Anseatica leggano Altiero Spinelli, si può pensare che almeno conoscano i fattori che segnarono il declino della storica unione tra le città del nord, da un canto l’avanzata degli Stati nazionali – la stessa oggi favorita dal loro egoismo – e, dall’altro, le grandi imprese marittime di spagnoli e portoghesi che seppero individuare altre rotte e nuovi mercati. La storia è annunciatrice di tempi antichi, amava dire Cicerone.