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Coronavirus, Burioni: “In Italia non c’è ancora, niente panico. Ma sono tassativamente vietati i viaggi in Cina”. E loda il ministro Speranza

Coronavirus? Prima di tutto, facciamo chiarezza: il virus in Italia ancora non c’è. Quindi, non ha nessun senso evitare i cinesi, i ristoranti cinesi, i quartieri cinesi. Non dobbiamo farci prendere dal panico. C’è però una situazione in rapida evoluzione che deve preoccuparci e non dobbiamo fare i faciloni. Ma ribadisco: niente panico, nessuna discriminazione nei confronti dei cinesi “. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “Radio Radio” dal virologo Roberto Burioni, che puntualizza: ” Dobbiamo fare fondamentalmente una sola cosa. Siccome contro questa nuova infezione, non abbiamo vaccini, né farmaci, però abbiamo un sistema che ci consente di diagnosticare l’infezione, dobbiamo fare in modo che questo virus non arrivi in Italia. E quindi è tassativamente vietato andare in Cina o nelle zone interessate dal virus, perché il rischio è veramente notevole. La seconda precauzione da prendere è avere attenzione nei confronti delle persone che stanno tornando dalla Cina, perché potrebbero aver contratto la malattia e svilupparla qui. Ricordo che l’incubazione di questa infezione può durare 10-12 giorni. Ci possono essere casi di persone infettate che, però, non mostrano sintomi, ma sembrano che queste persone siano poche rispetto alla massa”.

Il docente universitario, che quotidianamente sul suo sito di informazione scientifica, ‘MedicalFacts’, aggiorna le informazioni sul virus cinese, aggiunge: “Se qualcuno è stato in Cina negli ultimi 14 giorni e ha i sintomi di un’influenza, non vada dal medico, né al Pronto Soccorso, perché rischierebbe di infettare altre persone. Chiami il 118 e a quel punto il personale sanitario andrà a casa sua e gli farà i prelievi. Nessun allarmismo, quindi, e basta con le scemenze. Ho visto circolare Catene di Sant’Antonio in cui addirittura si consigliava di assumere olio di origano. Quello che è accaduto in Cina da noi virologi viene chiamato “spillover”, termine inglese che significa “tracimazione”, cioè un virus animale, traboccando, è finito nell’uomo ed è diventato un virus umano. In Cina, infatti – continua – ci sono mercati in cui esiste una grande promiscuità tra persone e animali vivi. E sono il punto ideale dove il virus può passare dall’animale all’uomo. Quanto sia grave questo virus e quanto si diffonda non lo sappiamo, perché i dati provenienti dalla Cina non sono molto affidabili. Ma possiamo dire che è giusto avere una notevole attenzione, perché quello che sta accadendo in Cina non è sicuramente una banalità sulla quale possiamo ridere”.

Circa la sproporzione tra la presunta percentuale di infettati dal Coronavirus e il numero di abitanti in Cina, lo scienziato osserva: “Quando abbiamo a che fare con qualcosa che si moltiplica, i numeri fanno molto presto a salire. C’è un numero che caratterizza ogni infezione virale ed è il tasso di riproduzione, che indica statisticamente quante persone infetta un malato. Se questo numero è 2, vuol dire che un malato infetta due malati, i quali infettano 4 persone, le quali, a loro volta, infettano 8, e così via. Facendo un po’ di conti, arrivare a un miliardo è un attimo. Sembra che il tasso di riproduzione del Coronavirus sia 2,6. Quindi, questo virus ha la capacità di infettare tutti. La domanda da fare in questo momento è: qual è la mortalità di questa infezione? – prosegue – A questa domanda non sappiamo dare una risposta esatta. Sappiamo che col morbillo muore una persona ogni 3mila. Con questo virus quante persone muoiono ogni 1000 infettati? Ancora non lo sappiamo. Ma, siccome sono morte più di 100 persone, dovremmo preoccuparci, perché non è tra i virus più lievi. In Cina hanno forse a che fare con molte, molte, molte decine di migliaia di casi, se non centinaia di migliaia. Noi in Italia potremmo avere a che fare con uno o due casi, nel caso il virus dovesse arrivare. Pertanto, dobbiamo assolutamente abbassare quel tasso di riproduzione di 2,6 a un valore inferiore a 1“.

Burioni spiega: “A meno di un colpo di fortuna inaspettato, come l’esistenza di un farmaco usato per altri scopi che funziona contro questo virus), dovremo affrontare questa epidemia senza questi aiuti. Il rischio che il virus arrivi da noi c’è: da uno studio francese è il rischio stato quantificato e risulta che ci sia il 12% di probabilità che il virus arrivi in Italia nelle prossime due settimane. Quel 12% non è un numero immutabile e può essere ridotto con attività di sorveglianza negli aeroporti e con l’attenzione verso i pazienti eventuali. Noi dobbiamo essere pronti. Il ministro della Salute Speranza, che sta facendo un ottimo lavoro, si è organizzato e sta creando delle unità apposite. Io ho proposto delle unità mobili di soccorso.

E chiosa: “E’ stato calcolato che per riuscire a estinguere l’epidemia la Cina dovrebbe bloccare il 70% dei contagi che stanno avvenendo. Se questo non dovesse avvenire, l’unica soluzione sarebbe eliminare i viaggi da e per la Cina. Non vedo soluzioni alternative. Peraltro, dai calcoli dell’Imperial College di Londra e dell’Università di Hong Kong, il numero realistico di contagi è molto più alto di quello diffuso dai cinesi, che, secondo me, come minimo si scordano uno zero“.