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Iran, sostenitori di Teheran bruciano bandiere britanniche davanti all’ambasciata Uk. Polizia spara su manifestanti anti-regime

Le proteste davanti all'edificio diplomatico sono scoppiate dopo il fermo e il successivo rilascio dell'ambasciatore di Londra, accusato di aver partecipato a una manifestazione illegale. Il diplomatico inglese ha smentito la ricostruzione, spiegando di essersi presentato a una semplice veglia in memoria delle 176 vittime della strage del Boeing 737

L’Iran è tornato in piazza e una parte dei manifestanti si è radunata davanti all’ambasciata britannica di Teheran, dopo che nella notte le Guardie della Rivoluzione hanno fermato, e poco dopo rilasciato, l’ambasciatore di Londra accusato di aver partecipato sabato alle proteste contro la Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, in seguito alle rivelazioni sulle responsabilità iraniane per l’abbattimento dell’aereo ucraino, l’8 gennaio. Il diplomatico inglese ha negato di aver preso parte alla manifestazione, spiegando di essersi presentato a una semplice veglia in memoria delle 176 vittime della strage del Boeing 737. Intanto, il regime spara sulla folla che continua a portare avanti le proteste contro la Guida Suprema.

Dopo lo scontro militare a suon di missili tra Washington e Teheran, la tensione nella Repubblica Islamica si è quindi alzata anche nei confronti del governo di Londra, con un gruppo di manifestanti fedeli al regime che si sono radunati intorno all’edificio diplomatico bruciando bandiere britanniche. Oggi le autorità iraniane, compreso il ministro degli Esteri, Javad Zarif, hanno confermato di aver fermato per alcune ore l’ambasciatore britannico Rob Macaire accusandolo di aver preso parte a una “manifestazione illegale”. “Posso conformare che non prendevo parte ad alcuna manifestazione! Sono andato a un evento pubblicizzato come una veglia per le vittime della tragedia”, ha risposto Macaire su Twitter. “È normale voler rendere omaggio, alcune delle vittime sono britanniche – ha aggiunto – Sono andato via dopo cinque minuti, quando sono cominciati certi cori” contro il regime.

Il Foreign Office inglese ha fatto comunque sapere che pretende “spiegazioni complete” dall’Iran “sull’arresto” del proprio diplomatico, secondo quanto riportato dalla Bbc, preannunciando di fatto una prossima contro-convocazione dell’ambasciatore iraniano a Londra. Secondo il ministro degli Esteri, Dominic Raab, “l’Iran è a un crocevia. Può continuare nel cammino verso uno status da paria, con l’isolamento politico ed economico che ciò comporta, o fare passi per allentare le tensioni e impegnarsi nel dialogo diplomatico”.

In previsione di nuove manifestazioni, il governo di Hassan Rohani ha anche aumentato il livello di sicurezza per le strade della capitale, dispiegando unità anti-sommossa equipaggiate con cannoni ad acqua vicino a tre università in centro, dove ieri sono iniziate le proteste contro le autorità. Una tensione che ha convinto il presidente Donald Trump a intervenire nuovamente sul dibattito interno iraniano con un tweet: “Ai leader dell’Iran, non uccidete i manifestanti. Ne avete già uccisi o imprigionati migliaia e il mondo sta guardando. Cosa più importante, gli Usa stanno guardando. Ripristinate internet e lasciate che i reporter girino liberamente! Basta uccidere il vostro grande popolo iraniano”.

Ma a Teheran la polizia ha caricato i manifestanti riunitisi in Azadi Square, dando inizio a violenti scontri. Alcuni video che circolano sui social mostrano spari da parte degli agenti. Manifestazioni si segnalano anche in altre città iraniane, come Mashhad, Rasht, Kashan, Sanandaj e Amol.

Anche l’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Unione europea, Josep Borrell, si è detto “molto preoccupato dopo la temporanea detenzione dell’ambasciatore britannico in Iran. Il rispetto della Convenzione di Vienna è un obbligo. L’Unione europea chiede una de-escalation e l’apertura di uno spazio per la diplomazia”.

Sul fronte delle indagini interne relative all’abbattimento del Boeing ucraino, il Parlamento iraniano ha ascoltato il comandante dei Pasdaran, il generale Hossein Salami, che ha riferito a porte chiuse sull’accaduto. Secondo quanto riferito da un parlamentare di Tabriz, Ahmad Alirezabeigi, il militare ha spiegato che, dopo l’attacco missilistico di Teheran contro due basi militari con soldati statunitensi in Iraq, erano stati fatti piani e previsioni, ma che combattere contro una superpotenza “non è una situazione normale”: “Non abbiamo mai pensato di far qualcosa di male alla gente. Siamo angosciati per l’aereo ucraino come non mai e avrei preferito essere io stesso a bordo di quel Boeing 737 e morire con i passeggeri che dovermi vergognare così davanti alla nazione iraniana”, ha dichiarato il generale.