Economia

Industria, Gualtieri: “Basta tabù. Lo Stato azionista fa bene al mercato. Il pubblico non può solo fare le regole, ma deve anche agire”

Il ministro dell'Economia, in una lunga intervista al quotidiano Repubblica, ha affermato la necessità di un'azione pubblica per sostenere gli investimenti e promuovere una politica industriale, sottolineando che in tutta Europa è in atto un cambiamento di paradigma e mentalità

“La logica di mercato e l’intervento dello Stato possono coesistere perfettamente, proprio perché esistono i fallimenti di mercato nei quali lo Stato non solo può, ma deve intervenire”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, in una lunga intervista a Repubblica pubblicata martedì 24 dicembre. Il ministro ha aperto così a una maggiore presa della mano pubblica sull’economia. Sui possibili interventi in discussione, dalla partecipazione nell’Ilva, all’Alitalia, al salvataggio della Popolare di Bari, il ministro sottolinea che sono di natura diversa, ma “Stato e mercato possono coesistere proprio per far funzionare meglio il mercato, e d’altronde è quello che avviene in tutti i grandi paesi avanzati“. Le dichiarazioni arrivano dopo che in altri Paesi europei, come la Germania, sono state annunciate politiche industriali in cui lo Stato giocherà un ruolo importante.

“Non vogliamo sussidiare inefficienze – ha proseguito il ministro – ma, quando è necessario, promuovere gli investimenti e l’innovazione nei settori strategici. Da questo punto di vista la formula dell’azionariato misto pubblico-privato ha dato buona prova di sé anche nel contesto delle privatizzazioni. Le più importanti multinazionali italiane sono ancora oggi società a partecipazione pubblica”, ha aggiunto. I possibili interventi del governo potrebbero causare qualche frizione con Bruxelles, ma il ministro si dice fiducioso, perché ora “c’è più attenzione sia ai temi sia al ruolo delle politiche pubbliche sia alla necessità di contemperare le esigenze della concorrenza con quelle di favorire la crescita di imprese che possano concorrere a livello globale”.

A una domanda sui problemi che potrebbe provocare sull’alto debito un maggiore impiego di risorse pubbliche, il ministro ha risposto che “i vincoli delle finanze pubbliche ci rendono attenti e prudenti nella selezione degli interventi, che devono sempre ponderare con cura benefici e costi, compresi quelli di un mancato intervento”. Ma la sua posizione è chiara: “Servono senza dubbio politiche industriali per favorire lo sviluppo del Paese. Sarebbe improprio considerare lo Stato quello che si accolla le perdite quando un’impresa non può stare in piedi per ragioni strutturali, ma è altrettanto datato un pensiero che affida allo Stato solo la funzione di fare le regole. Siamo invece in una fase nuova – a livello non solo italiano, ma europeo e globale – con sfide mai viste prima: quelle dell’innovazione continua, delle tecnologie dirompenti e della sostenibilità ambientale e sociale. E proprio per far fronte a queste sfide, in sintonia con quanto sta facendo anche la nuova Commissione europea, serve un nuovo modello di politica industriale che veda il concorso delle politiche pubbliche e degli attori privati”.

Riguardo alle privatizzazioni, il ministro afferma che non bisogna tornare al passato: “Se da un lato ci sono settori e imprese che possono trarre vantaggio dall’intervento pubblico, dall’altro ci sono invece quelle che che possono lavorare meglio se aperte a soci privati. Ma non faremo privatizzazioni per fare cassa anche perché le partecipate non sono solo strategiche, ma danno anche ottimi dividendi al bilancio pubblico”.

Un maggiore coinvolgimento dello Stato nell’economia il successore di Giovanni Tria tira in ballo anche la questione delle concessioni. Per Gualtieri l’obiettivo del governo è riallineare la disciplina al codice civile e al codice degli appalti: “Ricondurre tutto a un’unica disciplina generale, affidata ad un regolatore indipendente, favorisce la certezza del diritto e rende il mercato aperto alla concorrenza e contendibile”. Insomma, uno Stato di nuovo protagonista nell’economia, invocato da una sinistra (europea) che sembra ritornare su posizioni più keynesiane che liberiste, come confermato dallo stesso Gualtieri: “Stiamo voltando pagina e stiamo cercando di aprire ad una nuova stagione”.