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Spagna, Sanchez spera nel bipartitismo con le nuove elezioni. Ma tornare indietro non si può

Gli spagnoli si preparano a votare per la quarta volta in quattro anni. E’ dalle elezioni del 2015 che l’equilibrio bipartito della Spagna è stato infranto, trasformando quella che era una democrazia stabile, con alternanza di governo, in una nazione politicamente frammentata. Dal 2015, l’ingresso in parlamento di Podemos a sinistra e di Ciudadanos a destra ha indebolito la forza elettorale dei due partiti tradizionali, il Psoe e il Pp, socialisti e conservatori rispettivamente.

E questo è un fenomeno assolutamente non circoscritto alla Spagna: in Italia negli ultimi due anni abbiamo avuto la vittoria del Movimento 5 Stelle, la trasformazione della Lega in partito nazionale e quella di correnti interne al Pd in nuovi partiti. Nel Regno Unito quest’anno Nigel Farage ha vinto le Elezioni europee, i liberal democrats sono arrivati secondi mentre sia i conservatori che i laburisti si sono ritrovati dimezzati.

La politica europea sta cambiando e richiede nuove formule per poter governare, ma non è facile accettare e adattarsi alle nuove realtà. Il leader del Psoe, che dalla primavera non è riuscito a formare un’amministrazione stabile basata sui 123 seggi socialisti della Camera dei deputati composta da 350 membri, ancora non vuole gettare la spugna e spera con la quarta mandata elettorale di tornare al vecchio bipartitismo strappando voti a Podemos. Il Pp condivide questa speranza ed è convinto che attirerà una buona fetta dell’elettorato di destra, inclusi coloro che hanno votato Ciudadanos alle ultime elezioni. Il Psoe e il Pp si sbagliano: è infatti molto probabile che la paralisi politica alla quale entrambi cercano di porre fine si consolidi con il nuovo voto.

Tre fattori peseranno sui risultati delle prossime elezioni: il livello di assenteismo, quanti insomma non andranno a votare perché sono stanchi di farlo senza vedere alcun risultato; se i partiti della destra finiranno per farsi una guerra serrata, lasciando a Sanchez spazio per attirare una buona percentuale di voti da quell’area; il futuro della Catalogna. A ottobre ci sarà infatti la sentenza del processo dei leader separatisti catalani accusati di tradimento e ribellione contro lo stato.

La Catalogna ha sempre giocato un ruolo importante nei governi del Psoe o del Pp, agendo de facto come ago della bilancia in parlamento. Il movimento separatista, ricordiamolo, non vuole che ci sia alcuna interazione con Madrid. Dato che nessun partito ha una visione chiara su come gestire la questione separatista catalana, un tema elettorale decisamente importantissimo, la probabile condanna dei leader separatisti chiuderà ogni possibile negoziazione relativa ad appoggi catalani dentro il parlamento per governi del Psoe, del Pp o di qualsiasi altra colorazione politica.

Tornare indietro non si può anche per altri motivi. Alle elezioni di primavera, bisogna ricordare, è comparso un nuovo partito, Vox, di destra, che ha raccolto il 10% dei voti. E’ questo un segno chiaro che l’elettorato cerca qualcosa di diverso dai due partiti tradizionali, che non è soddisfatto delle loro politiche ma soprattutto che il voto riflette sempre di più esigenze e visioni di gruppi sociali ben distinti.

Di fronte a questo scenario, la soluzione migliore sono i governi di coalizione. Non è però facile farli funzionare: lo abbiamo toccato con mano in Italia, ma la Germania ci insegna che è possibile riuscirci se questo tipo di governo diventa la formula unica e ottimale.

Dopo le ultime elezioni il Psoe avrebbe potuto raggiungere un accordo per governare con Podemos, ma non lo ha fatto. In primis Pedro Sanchez voleva governare da solo, quindi avrebbe accettato l’appoggio in parlamento di Podemos ma non la loro presenza nel governo. Sanchez teme che l’interazione con Podemos spinga il Psoe troppo a sinistra e che così facendo scoraggi gli elettori di centrosinistra a votarlo. In secondo luogo, la prassi della politica spagnola non ha la flessibilità necessaria per incoraggiare questo tipo di alleanze. Ed ecco perché il paese andrà a votare per la quarta volta, con molta probabilità il 10 novembre.