Cronaca

Ponte Morandi a un anno dal crollo, agli abitanti della Val Polcevera hanno restituito il cielo

Gli hanno restituito il cielo. Ma solo per otto mesi. Della mattina del 14 agosto 2018 ricordo l’odore delle macerie, il colore violetto dei lampeggianti, i tuoni, le voci che arrivavano da chissà dove, forse da sotto le macerie. Un uomo che mi venne incontro coperto di polvere e cemento. E ricordo quando alzando lo sguardo all’improvviso trovai sopra di me il vuoto. Proprio lì dove per decenni tutti noi genovesi avevamo visto il ponte. Un vuoto che ti pareva di caderci dentro.

Erano così via Fillak e via Porro; anche nei giorni più luminosi d’estate arrivavi nel viale ed era come se qualcuno avesse spento il sole. Piombavi in un’ombra densa che ricopriva come polvere le foglie dei tigli. Sopra la testa sentivi quel rumore continuo di auto e camion che passavano e passavano. Senza tregua, di giorno e di notte, con il sole e la pioggia. Sempre, perfino quando giocava l’Italia e ogni strada si svuotava. Il ponte no.

Non hanno mai avuto silenzio gli abitanti della Val Polcevera. Non avevano un orizzonte da guardare. Ma in alcune strade non avevano nemmeno il cielo. Dovrebbe essere sancito dalla Costituzione: ogni italiano ha diritto a un cielo. Perché sono così diversi i luoghi dove viviamo, ma questo almeno dovrebbe essere garantito a tutti: poter alzare la testa e vedere un po’ di blu.

Invece no, in Val Polcevera non si poteva. Poi sono arrivati il dolore e la morte (soltanto loro si sono ricordati di questa periferia dimenticata da tanti) e come unica consolazione alla gente di via Fillak hanno lasciato il cielo. Ma sarà soltanto per pochi mesi. Ad aprile arriverà un altro ponte, torneranno quelle centomila auto al giorno che portano rumore e malattie (il record di mortalità della Liguria, il 50 per cento in più dei quartieri borghesi di Genova).

L’Italia guarderà i nuovi piloni, le auto dei presidenti ci scorreranno sopra tra bandiere e fanfare. Tutti ci dimenticheremo di nuovo di chi vive là sotto. E forse la gente di Certosa, di Rivarolo ricorderà questi mesi come uno di quei miraggi che non sai più se erano realtà o sogno: i pochi mesi in cui hanno visto il cielo.