Economia

Spread, Visco: “Salito anche per rischi di uscita dall’euro. Segni di tensione sul costo dei prestiti per famiglie e aziende”

Il governatore della Banca d’Italia: "I fattori che portano gli investitori a percepire rischi più elevati, come ad esempio le condizioni di bilancio lassiste e la prevalenza dei trasferimenti e i sussidi sulle misure volte a rafforzare la crescita dovrebbero essere affrontati"

“I premi sui Credit default swap (“assicurazioni” contro il rischio di fallimento dello Stato, ndr) suggeriscono che il differenziale dei titoli di Stato italiani è salito a seguito sia dell’aumento dei rischi di credito sia dei rischi di ridenominazione dei titoli in una diversa moneta” rispetto all’euro. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, in visita in Israele, commenta così l’andamento dello spread negli ultimi mesi. Aggiungendo che, come già anticipato nell’ultimo Bollettino di via Nazionale, “la trasmissione di tassi più elevati dai titoli di Stato al costo dei prestiti per famiglie e imprese è stata finora limitata, grazie all’ampia liquidità delle banche e bilanci migliorati. Ma cominciano a emergere segni di tensione“.

“Secondo nostre indagini – ha aggiunto Visco – le condizioni del credito si sono inasprite, in particolare per le piccole imprese, in seguito all’aumento dei costi di finanziamento delle banche e il deterioramento delle prospettive economiche. Nel più lungo termine, un premio ad alto rischio sui titoli di Stato finirebbe inevitabilmente per incidere sull’economia reale. Una strategia credibile per ridurre l’onere dell’elevato debito pubblico italiano a medio termine non può più essere posticipata e i fattori che portano gli investitori a percepire rischi più elevati, come ad esempio le condizioni di bilancio lassiste e la prevalenza dei trasferimenti e i sussidi sulle misure volte a rafforzare la crescita dovrebbero essere affrontati”, ha concluso Visco.

Lo spread, ha ricordato, “all’inizio di questa settimana era oltre 270 punti base, più del doppio del livello raggiunto a inizio 2018, prima delle ultime elezioni generali”, e l’alto livello del debito “espone l’Italia alla volatilità del mercato finanziario: l’ammontare annuale di obbligazioni da rifinanziare attualmente ammonta a circa 400 miliardi di euro e l’impatto iniziale di più alti tassi di interesse sui costi sono piccoli ma, se l’aumento dei tassi dovesse persistere, peserebbe inevitabilmente sulla spesa”. Per ora, stando al Def nel 2018 e 2019 la spesa per interessi risulta in lieve calo e quest’anno dovrebbe attestarsi a 63,9 miliardi contro i 65,5 del 2017. Quindi “una credibile strategia di ridurre il livello del debito nel medio termine non può più essere rinviata”.