Per Lauda era semplicemente "il più grande", per il Brasile era il riscatto. Leggeva la Bibbia e volava sulla pioggia. Litigava con Prost e vinceva per gli esclusi. Ancora oggi, a 25 anni dalla sua morte, non è facile comprendere perché e quanto profondo sia stato l'impatto sportivo e umano del pilota brasiliano, prima e dopo quel settimo giro di Imola nel 1994. Cinque gran premi per provare a spiegarlo
Alain Prost, sempre lui, corre verso la direzione di gara. Vuole incontrare il presidente della Fia – nonché compatriota – Jean Marie Balestre. Se Montecarlo ha segnato l’origine, cinque anni dopo, a Suzuka, la diatriba tra Senna e il francese arriva al suo apice.
Pochi istanti prima, a sei giri dalla fine, è avvenuto il contatto alla Chicane del Triangolo. Prost è uscito. Senna, con l’aiuto di commissari e passando per una via di fuga, riesce a ripartire, cambiare il musetto della vettura danneggiato e vincere. Inutilmente però. La notizia della squalifica – con la conseguente perdita del titolo – lo raggiunse durante il giro d’onore.
Allergico alle ingiustizie, sopratutto quando queste sanno di complotto “politico”, Ayrton attacca pesantemente Balestre, usando tutta la schiettezza che lo ha sempre caratterizzato. Prevedibile la multa. Meno il ritiro della superlicenza, necessaria per correre l’anno successivo. Uno scontro di personalità risolto solo da Ron Dennis (team manager della McLaren). A tutto vantaggio di Ayrton, che un anno dopo si prende la vendetta. Ancora in Giappone. Ancora protagonista un incidente tra i due. Ma stavolta l’iridato è Ayrton: “A volte le gare finiscono a sei giri dal termine, a volte alla prima curva”.