Capitoli

  1. Daniele Nardi, dall’intervista a Le Iene al TED di Trento: “Lo sperone Mummery? Una via elegante, diretta. Voglio scalarlo per onorare chi gli ha dato il nome”
  2. Pagina 1
  3. Pagina 2
  4. Pagina 3
  5. Pagina 4
  6. Pagina 5
Attualità

Daniele Nardi, dall’intervista a Le Iene al TED di Trento: “Lo sperone Mummery? Una via elegante, diretta. Voglio scalarlo per onorare chi gli ha dato il nome” - 2/6

Nardi e Ballard sono dispersi sullo sperone Mummery, una via mai salita. L'unico ad averla discesa è stato Reinhold Messner insieme al fratello Gunther che proprio in quella occasione, perse la vita. Una via impossibile. "D’inverno Nardi l’ha tentato più volte - ha detto proprio Messner al Corriere della Sera -, lui stesso ha scritto che nessuno è mai uscito vivo da questo sperone. E purtroppo questa sua frase è vera". Secondo il grande alpinista, le speranze di trovarli vivi sono praticamente nulle

LE PAROLE A LE IENE – “La via che ho scelto è la più bella, ma anche la più pericolosa, è una super diretta che non è mai stata fatta da nessuno in salita. In discesa è stata fatta dai fratelli Messner quando morì uno di loro“, raccontava Nardi al programma di Italia Uno poco prima di partire. “Il campo base si trova dentro una valle, quindi vedremo il sole 2 volte al giorno e avremo temperature rigide, la notte scenderanno anche a -22. C’è una prima fase in cui saliamo e scendiamo più volte per acclimatarci, secondo il gergo alpinistico, ovvero faremo abituare il nostro corpo alla quota. A 7 mila metri si parla di zona della morte, cioè un’altitudine che non permette di sopravvivere all’essere umano oltre un certo numero di giorni, molto basso.  Quando saremo acclimatati proveremo l’ascesa”. Nell’intervista, Nardi si mostrava consapevole del rischio: quasi una fissazione lo sperone Mummery, per lui. Cinque tentativi di ascesa, falliti. “Nella maggior parte dei casi, sopra ai 7 mila metri è difficile che ti vengano a prendere, ci sono troppi rischi che metterebbero in pericolo anche la vita dei soccorritori, e il Nanga Parbat e una montagna piena di morti“, raccontava ancora l’alpinista, come a dire di essere cosciente che, in caso di pericolo, in un posto del genere si è soli. Troppo pericoloso andare su. “Se non dovessi farcela mi piacerebbe essere ricordato come un ragazzo che ha fatto una cosa incredibile, a mio figlio vorrei dire di non fermarsi mai nella vita, che il mondo ha bisogno di persone che facciano capire che c’è bisogno di pace su questa terra e di non arrendersi”.