Cronaca

Roma, anche la Corte dei Conti indaga su Ama: “Verifiche sui firmatari della delibera di giunta che boccia il bilancio”

I magistrati contabili hanno recepito l’esposto di 40 pagine consegnato dall’ormai ex presidente di Ama, Lorenzo Bagnacani, in una versione ad hoc dove si specificano i possibili profili di danno erariale. Il Campidoglio potrebbe presentare a breve un controesposto

Non solo la Procura di Roma. Ora anche la Corte dei Conti del Lazio indaga sulla bocciatura del bilancio 2017 di Ama Spa, la società capitolina dei rifiuti. E stavolta, a quanto risulta a IlFattoQuotidiano.it, nel mirino ci sono anche i politici, in particolare i firmatari della delibera della Giunta capitolina dell’8 febbraio scorso che ha ordinato la non approvazione del documento finanziario. Con in testa, dunque, la sindaca Virginia Raggi. I magistrati contabili hanno recepito l’esposto di 40 pagine consegnato dall’ormai ex presidente di Ama, Lorenzo Bagnacani, in una versione ad hoc dove si specificano i possibili profili di danno erariale. Cui è stata allegata anche la delibera firmata – oltre da Raggi, anche dagli assessori Carlo Cafarotti, Antonio De Santis, Daniele Frongia, Margherita Gatta, Gianni Lemmetti, Linda Meleo e Luca Montuori. Una delibera che chiedeva ai rappresentanti di Roma Capitale nel cda “una riformulazione del progetto di Bilancio di Esercizio 2017 che superi i rilievi del Collegio Sindacale”, ovvero di inserirvi i crediti contestati da Roma Capitale – 18 milioni – nel conto economico determinando una perdita d’esercizio e un rosso nel documento finanziario.

L’ESPOSTO DI BAGNACANI – Un intero paragrafo della denuncia viene dedicato ai “profili di responsabilità erariale di Roma Capitale”. Questi sarebbero da “ricollegarsi alla ingiustificata e illegittima mancata approvazione del progetto di bilancio al 31 dicembre 2017, con il concorso del Collegio Sindacale di Ama, nonché al comportamento della stessa amministrazione tenuto, evidentemente idoneo ad aggravare lo stato di tensione finanziaria in cui versa la Società”. Di conseguenza, “appare pericoloso e quanto meno non producente per gli amministratori di Ama modificare sostanzialmente la condotta fin qui tenuta, stralciando o svalutando anche solo parte dei citati crediti”, in riferimento al contenzioso da 18 milioni di euro. Non solo. Roma Capitale, secondo gli ex vertici “sottovaluta le conseguenze del proprio comportamento gravemente colposo nei già delicati rapporti con il pool di banche che ha concesso le tre linee di credito di cui si è detto”. In tutto ciò, la mancata approvazione del progetto di bilancio da parte di Roma Capitale “si fonda essenzialmente sull’opinione del Collegio sindacale, decaduto e ancora, dopo oltre 90 giorni, non rinnovato”.

IL CONTRATTACCO DI GIAMPAOLETTI – La delibera di giunta, la cui votazione è stata preceduta dall’uscita dalla Sala delle Bandiere di diversi assessori e approvata il voto negativo dell’assessora Pinuccia Montanari – dimessasi pochi minuti dopo – è stata proposta dal Dipartimento capitolino Partecipate, di competenza dell’assessore Lemmetti e guidato ad interim da Franco Giampaoletti (indagato dalla Procura di Roma con l’ipotesi di concussione). Il direttore generale del Campidoglio, tuttavia, in questi giorni non si è sottratto al confronto in Commissione capitolina Trasparenza e il 17 febbraio ha presentato una relazione alla sindaca Raggi in cui ribadisce i motivi che hanno ispirato la bocciatura del bilancio e attacca duramente l’operato del consiglio d’amministrazione appena rimosso. “In ordine al superamento del (precedente, ndr) progetto di bilancio – si legge – Ama Spa procedeva alla predisposizione di un nuovo progetto e, invocando il ricorrere della fattispecie del cosiddetto errore rilevante, giungeva alla chiusura dello stesso con risultato invariato rispetto al precedente”. Dunque, “l’evidente contraddittorietà della nuova impostazione rispetto a quella lungamente e pervicacemente sostenuta con la precedente formulazione, suscita particolare sconcerto tenuto conto della circostanza che le partite oggetto di contestazione erano da tempo ben note alle parti”.

LA BATTAGLIA SULLA GIUSTA CAUSA – Quello che trapela è che Lorenzo Bagnacani, Vanessa Ranieri e Andrea Masullo faranno causa al Campidoglio non riconoscendo i profili della “giusta causa” nel provvedimento della loro rimozione. Una richiesta di risarcimento danni che potrebbe arrivare a superare anche i 500mila euro. Nella sua relazione, Giampaoletti però raccoglie tutta una serie di elementi molto duri sull’operato totale dei vertici. “Tasso di raccolta differenziata sostanzialmente identico al corrispondente dell’anno precedente”, “mancato rispetto dell’obiettivo di regolarità del servizio”, “drastica riduzione della percentuale di disponibilità dei mezzi”, “sostanziale stagnazione dell’elevato tasso di assentismo” e “un numero di reclami dell’utenza superiore ai 360.000”.

E ancora: “Inefficienza ed inadeguatezza dei sistemi di controllo interno”. Ma soprattutto, un “utilizzo delle consulenze esterne” nei pareri pro-veritate, che rappresenta “un utilizzo di consistenti risorse aziendali finalizzate ad un’attività’ di consulenza esterna pur in presenza di una struttura legale societarie interna, non in linea con gli obiettivi issati dal Socio”, sui cui “correlati risvolti amministrativi e contabili si avvieranno le opportune verifiche in ordine al rispetto delle regole in materia di affidamenti di incarichi oltre che alla congruità dei costi”. Tradotto: il Comune potrebbe presentare a breve un controesposto nei confronti di Bagnacani & co.