Società

Sanremo 2019: gli esperti servono, in ogni ambito. O moriremo di populismo

Non avevo alcuna intenzione di scrivere un articolo su Sanremo: primo perché non sono un’esperta di musica; secondo perché, semplicemente, non è una manifestazione che amo. Ma le polemiche seguite alla vittoria di Mahmood, con la protesta da parte del cantante Ultimo, le esternazioni di Salvini, la rivolta del web contro la giuria di esperti mi hanno come acceso un campanello di allarme. Che onestamente non riguarda solo Sanremo, ma la società e la politica italiana in generale.

Sulla polemica specifica, penso che una giuria di persone esperte sia necessaria, per quanto si vada a formare un ibrido complicato col televoto. Credo ovviamente che la gente da casa non vada truffata ma rispettata nelle sue intenzioni, visto che paga anche soldi – e pure tanti – per votare. Ma l’offesa per il televoto non la vedo nella presenza di una giuria di esperti, casomai nella composizione di questa giuria. Non faccio i nomi, tanto si conoscono. Mi pare che non ce ne sia uno che si occupi davvero di musica: giornalisti che scrivono di tutt’altro. Questo mi sembra francamente assurdo – penso anzi che gli stessi avrebbero dovuto rifiutare, ma si sa, Sanremo, il cachet, la fama – ma se fosse stata composta da persone veramente esperte e appassionate di musica ne avrei detto solo bene (vedi X Factor, o no?).

Peccato che la polemica abbia tracimato. Non più una critica a un meccanismo tecnico che riguarda una singola trasmissione, ma l’offesa generale alla volontà del popolo sovrano, calpestata dalle élite malvagie. Se in più ci si mette l’altra polemica, quella su Mahmood scelto perché di origine egiziana, e quindi con chiaro intanto antisalviniano e pro-immigrazione, il tutto diventa veramente indigeribile. L’idea che la “gente di sinistra” abbia scelto un immigrato di seconda generazione a testimonianza del fatto che gli immigrati sono buoni e bravi mi sembra una colossale assurdità. Che dopo il Pd abbia fatto il suo comunicato inneggiando al vincitore di origine egiziana non c’entra nulla, se Mahmood viene strumentalizzato è questione successiva alla vittoria.

A me, comunque, che abbia vinto un cantante che si chiama Mahmood e che ha un genitore immigrato sembra una cosa di un’importanza fondamentale in un momento storico dove si dice che gli immigrati sono gente in salute che arriva con le Nike e lo smartphone e che va rigettata nel suo Paese dove vive tanto bene. Insomma, se guardiamo le cose più in grande, forse non potremmo che essere contenti se questa vittoria ha un valore sociale

E appunto, guardando le cose più in grande. La questione della giuria di Sanremo, veramente impresentabile, non c’è dubbio, ha dato il la all’ormai insopportabile polemica popolo vs élite. Ora, voglio chiarire subito una cosa: sono anni che non faccio che scrivere contro la spocchia di chi critica il popolo, contro chi parla di populismo a vanvera, contro un sistema politico che non ha fatto altro che favorire chi ne faceva parte contro chi invece, là fuori, aveva sempre di meno.

Ho scritto decine e decine di articoli su questo, criticando il Partito Democratico, criticando quelli che criticavano il Movimento Cinque Stelle per la sua aderenza alla “pancia” del Paese. Ma credo che ora siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo mettere una linea. Forse la mia sensibilità è cambiata, non lo so, ma avverto una generale, gigantesca arroganza di massa contro chi è esperto di qualche cosa, perché ha studiato sodo, perché ha fatto del suo lavoro la sua ragione di vita, con impegno e sacrifici immensi. Parlo di un medico come di uno storico dell’arte, ma di chiunque sia diventato con fatica e tempo esperto in qualche cosa.

Purtroppo, questo non conta più niente. Non solo non conta più niente per datori di lavoro che ormai mettono sullo stesso piano persone qualificate e con esperienza con chi invece non ha qualifiche né esperienza – questo lo sappiamo, è ormai storia italiana arcinota, si chiama sfruttamento e stupidità. Ma il problema sono anche le persone che, a causa di una retorica imperante per cui qualsiasi opinione è uguale a un’altra e siamo tutti sullo stesso identico piano quando si discute di qualcosa di specialistico – vedi vaccini, vedi alimentazione, vedi psicologia e altro – ormai si sentono legittimate a dire la qualunque, su questioni che non sono banali ma specialistiche, e sentirsi pari a chi su quell’argomento ha speso una vita. 

I social media hanno dato la possibilità a tutti di esprimersi, e questo – attenzione – è un bene, non c’è dubbio, l’ho sempre scritto e sempre lo scriverò, probabilmente senza social ci sarebbe stata magari la rivolta sociale. Ma il punto sono le emozioni con cui si scrive, e anche le convinzioni. Si può stroncare un ristorante con superficialità senza pari, distruggendo magari chi fa quel lavoro. Ripeto, le recensioni vanno bene, sono democratiche, importanti, le uso.

Ma appunto: se mettessimo nel sito di quel ristorante – per fare un esempio qualunque – anche il parere di persone esperte in quell’ambito? Proprio a controbilanciare eventuali pareri troppo positivi o troppo negativi, sbilanciati, errati per malafede o nessuna conoscenza? Chi legge potrebbe leggere il parere degli esperti e della gente normale. Io ascolterei tutti, mi sembrerebbero importanti entrambi. Questo doppio registro – esperti e persone che hanno usufruito di un servizio – lo metterei ovunque, altro che eliminare il parere di chi ha cultura e formazione.

La conclusione è politica. Abbiamo vissuto e stiamo vivendo anni di rabbia sociale. Giusta, giustificata: la crisi ha ferito il Paese, la povertà è raddoppiata, nell’indifferenza dell’Europa e di chi governava in maniera scellerata. Sono usciti milioni di libri anticasta, articoli anticasta, ci sono giornalisti – specie di destra – che hanno guadagnato migliaia di euro sulla retorica anticasta e insistono a farlo. Perché non gliene frega nulla delle conseguenze sociali, di quello ciò che sta accadendo nella mente delle persone. Che ormai pensano che tutto fa schifo a prescindere, che la politica sia ladra a prescindere, che i giornalisti siano una casta a prescindere (ad esempio del fatto che ormai sono poverissimi, tanto per dirne una, nessuno sa nulla), che si può sputare qui e là perché si sa, il popolo è sovrano e tutto ciò che viene detto è identico, senza distinzioni, senza gerarchie.

È un modo di pensare allucinante e pericoloso. Chi continua ad alimentarlo fa male. Non solo perché questa non è vera democrazia diretta, ma populismo dei peggiori. Ma perché prima o poi anche coloro che alimentano il populismo, specie se stanno al governo, finiranno per essere valutati con la stessa moneta ignorante e rabbiosa a prescindere. E a quel punto, chissà, forse torneranno a valutare il valore dell’esperienza e il peso di chi le cose le ha studiate. Non credo che arriveranno a capirlo, d’altronde sono lo specchio del Paese, ma in ogni caso spero che a quel punto sia troppo tardi per loro.

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