Cronaca

Tarcisio Bertone e il super attico in Vaticano: al via il processo nella Santa Sede. Nomi, ruoli e accuse dello scandalo

Alla fine la ristrutturazione dei 700 metri quadri extra lusso adibiti a residenza del cardinale è costata 792mila euro. Papa Francesco ha voluto vederci chiaro: alla sbarra ci sono Giuseppe Profiti e Massimo Spina, rispettivamente ex presidente ed ex tesoriere dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Che, insieme al Governatorato, ha pagato i lavori

In principio fu l’attico del cardinale Tarcisio Bertone a destare scandalo in Vaticano. Due appartamenti, quello dell’ex comandante della Gendarmeria Vaticana Camillo Cibin e di monsignor Bruno Bertagna, uniti in una sola grande residenza di 700 metri quadrati al terzo piano di Palazzo San Carlo, accanto a Casa Santa Marta, la residenza di Papa Francesco. Poi il trasloco di lusso, in occasione degli 80 anni del porporato salesiano, festeggiato con un rinfresco per una quarantina di fedelissimi gustando anche il pregiato tartufo d’Alba per richiamare le origini piemontesi di Bertone. E, infine, lo scandalo emerso grazie al libro-inchiesta Avarizia del giornalista de L’Espresso Emiliano Fittipaldi riguardo i lavori di ristrutturazione pagati dall’Ospedale pediatrico della Santa Sede Bambino Gesù. Ben 422mila euro per rendere l’attico degno del suo inquilino. Ma non è tutto. Dall’inchiesta, nata durante lo scandalo Vatileaks 2, è emerso che i lavori di ristrutturazione sono stati pagati due volte: sia dalla Fondazione Bambino Gesù, sia dal Governatorato che, stando alle fatture, ha sborsato 300mila euro poi restituiti da Bertone. Sempre il porporato aveva restituito in due rate (dicembre 2015 e gennaio 2016) 150mila euro al Bambino Gesù quando il costo della ristrutturazione, come aveva scritto Fittipaldi, sembrava essere di 200mila euro. Ma poi l’inchiesta vaticana ha evidenziato, fatture alla mano, che le spese sono state molto più alte.

L’accusa del pm vaticano – Per volere di Bergoglio il 18 luglio 2017 si aprono nuovamente le porte del Tribunale penale della Santa Sede. Alla sbarra ci sono l’ex presidente e l’ex tesoriere dell’ospedale pediatrico, Giuseppe Profiti e Massimo Spina, che secondo il pm vaticano “hanno utilizzato in modo illecito, a vantaggio dell’imprenditore Bandera, denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù, denaro del quale entrambi avevano la disponibilità in ragione delle funzioni dagli stessi ricoperte. In particolare sono stati pagati per fini completamente extraistituzionali euro 422.005,16, utilizzandoli per effettuare lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile di proprietà del Governatorato, destinato a residenza del Segretario di Stato emerito, per avvantaggiare l’impresa di Gianantonio Bandera. Reato commesso nella Città del Vaticano, dal novembre 2013 al 28 maggio 2014”.

Giuseppe Profiti – Legatissimo a Bertone che lo volle a capo del Bambino Gesù, Profiti, nato a Catanzaro, classe 1961, è un vero e proprio manager della sanità cattolica. Ex ufficiale della Guardia di finanza ed ex direttore generale delle Risorse finanziarie della Regione Liguria era stato ritenuto responsabile di concorso in turbativa d’asta nell’inchiesta sulle presunte tangenti per gli appalti delle mense ospedaliere di Savona. In Cassazione arrivò poi l’assoluzione per non aver commesso il fatto. Al suo arrivo a Roma Bergoglio manifestò immediatamente e pubblicamente la sua totale disistima nei confronti di Profiti. Nella sua prima e al momento unica visita al Bambino Gesù, il 21 dicembre 2013, destò notevole scalpore il gesto compiuto dal Papa che, mentre l’allora presidente dell’ospedale pediatrico gli rivolgeva il saluto di benvenuto, prima si mise a giocare con i piccoli degenti e poi abbandonò la sala dell’incontro mentre Profiti stava ancora parlando. In quell’occasione a irritare ulteriormente Bergoglio fu la presenza dell’ex Segretario di Stato, il cardinale Bertone, che ignorato dallo staff papale fu costretto ad abbandonare il nosocomio mentre la visita di Francesco era ancora in corso. Questo gesto a dir poco irrituale del Papa nei confronti di Profiti destò ancora più stupore quando all’ex manager, dopo la revisione contabile voluta da Bergoglio, gli fu rinnovata la guida del Bambino Gesù nel triennio 2014-2016. Incarico, però, che Profiti lasciò nel febbraio 2015 ormai in rotta di collisione con i superiori. Lasciando il Bambino Gesù l’ex manager ha chiesto aiuto ai suoi amici, tra i quali, il cardinale Francesco Coccopalmerio recentemente travolto dalla scandalo che ha visto protagonista il suo segretario beccato dalla Gendarmeria Vaticana nel suo appartamento mentre era in corso un festino gay a base di droga.

Massimo Spina – Ugualmente fedelissimo di Bertone è l’altro imputato del processo, Spina, campano, nato a Piano di Sorrento, classe 1960, anche lui manager di lungo corso nella sanità cattolica. Il suo nome compare anche nell’inchiesta sul “Giubileo della cricca” che ha visto protagonisti il cardinale Crescenzio Sepe, l’ex provveditore alle Opere pubbliche del Lazio Angelo Balducci, il costruttore Diego Anemone, l’ex numero uno della Protezione civile Guido Bertolaso e l’ex ministro berlusconiano Pietro Lunardi. All’epoca delle indagini emerse, infatti, anche un’intercettazione telefonica di monsignor Giovanni Ermes Viale, allora capo ufficio della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli guidata proprio da Sepe, che chiedeva a Balducci di aiutare la figlia di Spina a superare il concorso per l’ammissione al corso di laurea in Architettura presso l’Università La Sapienza di Roma.

Gianantonio Bandera – Non è indagato, invece, l’imprenditore che ha effettuato i lavori di ristrutturazione dell’attico di Bertone. Si tratta di Gianantonio Bandera proprietario dell’impresa edile Castelli Re anche lui da sempre legatissimo al porporato salesiano. Fu proprio l’arcidiocesi di Genova, guidata da Bertone dal 2002 al 2006, a nominare Bandera magistrato della Misericordia, la fondazione che amministra i beni della curia del capoluogo ligure destinati ai poveri e che possiede un patrimonio enorme di lasciti immobiliari. Ma grazie al porporato salesiano l’imprenditore ha fatto diversi lavori: dai parcheggi con centinaia di posti auto nelle parrocchie genovesi al posto dei campetti degli oratori, ad auditorium, uffici e laboratori realizzati nell’ospedale Bambino Gesù nel periodo della presidenza di Profiti.

Una ristrutturazione da 792mila euro – Sono sette le fatture emesse dall’impresa Castelli Re, per un importo di 422mila euro, pagate dalla Fondazione Bambino Gesù per i lavori dell’attico di Bertone. Ma esistono altre quattro fatture, per un totale di 307mila euro, che la stessa ditta ha presentato al Governatorato vaticano che ha poi chiesto a Bertone di coprire le spese. A questa cifra, che era quella del preventivo presentato dalla Castelli Re, si sono poi aggiunte opere per 29mila euro. A essi vanno sommati ancora le maestranze e i materiali messi a disposizione dal Vaticano che si aggirano sui 27mila euro e quelli di ditte terze che ammontano a poco più di 5mila euro. Un totale quindi di 370mila euro che sommati ai 422mila euro pagati dal Bambino Gesù arrivano alla cifra stratosferica di 792mila euro.

Profiti: “La ristrutturazione fu un’operazione di fundraising” – Profiti ha sempre ammesso tutto spiegando che “l’idea di fondo era quella di promuovere incontri con aziende, personaggi, diciamo così, istituzionali ai quale illustrare le attività del Bambino Gesù, fare comunicazione e quindi fundraising. È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa del cardinale Bertone cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l’appartamento”. L’ex manager ammette, inoltre, di aver ricevuto le fatture dalla ditta di Bandera e aggiunge pure di ricordare l’esistenza di “una lettera con la quale la stessa società si impegnava a fare una donazione al Bambino Gesù per un importo corrispondente”. Alla domanda se Bertone era a conoscenza di tutto ciò, Profiti risponde: “Confesso che questo non lo ricordo, se sia stato comunicato o meno. Credo di aver chiesto al cardinale se c’era questa disponibilità a fare incontri istituzionali, anche culturali diciamo. E se c’era questa sua disponibilità, si poteva contribuire. Credo lui abbia detto di sì”. Diversa è stata, invece, la posizione di Bertone: “Escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione Bambino Gesù ad alcun pagamento”, aveva detto il porporato allo scoppio del caso precisando di aver “saputo poi di un contributo dato dalla Fondazione Bambino Gesù” allo scopo.

Francesco: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione” – Ora il Papa, che non ha mai nascosto la sua irritazione per la scelta di Bertone di continuare a vivere in Vaticano da pensionato, vuole finalmente vederci chiaro. “Il Bambino Gesù – ha detto Bergoglio – ha avuto una storia non sempre buona quando i medici sono diventati affaristi facendo di un ospedale pediatrico un’impresa”. Francesco, non nuovo a forti richiami contro la corruzione, ha tuonato con forza: “Non si possono fare affari corrotti con i bambini!”. E ancora: “Il cancro più forte di un ospedale è la corruzione. Oggi una mancia qui, domani una tangente là e si finisce pian piano senza accorgersene nella corruzione. In questo mondo in cui si fanno affari sporchi, il Bambino Gesù deve dire di no. Peccatori sì, corrotti no”.

Aggiornato da Redazione Web il 20 luglio 2017 alle ore 14.33

Twitter: @FrancescoGrana