Mafie

Cattura di Provenzano, generale Sottili: ‘Ecco la verità sulle denunce di Masi’

Riceviamo e pubblichiamo volentieri la replica di Giammarco Sottili, Generale di Brigata della riserva dei Carabinieri, al post di Francesca Scoleri ospitato sul nostro sito nel blog Sostenitore

di Giammarco Sottili

Egregio Direttore P. Gomez,

sono il Generale di Brigata della riserva dei Carabinieri Giammarco Sottili e scrivo in relazione all’articolo apparso su ilfattoquotidiano.it dell’8 aprile 2017 dal titolo “Trattativa Stato-mafia, duro colpo al processo. Capo scorta Di Matteo in aula per calunnia”. L’articolo riferisce dell’archiviazione da parte del Gip presso il Tribunale di Palermo della inchiesta a carico di Ufficiali dei Carabinieri, e tra essi il sottoscritto, aperta su denuncia di Saverio Masi per favoreggiamento nei confronti di Provenzano e Messina Denaro e del contestuale ordine di imputazione coatta a carico del M.llo Masi e del m.llo Fiducia per diffamazione e calunnia in relazione ai fatti da questi ultimi denunciati e dal Giudice ritenuti inveritieri e falsi. La tesi dell’articolo, senza tanti giri di parole, è che si tratti dell’”ennesimo tentativo di indebolimento dell’impianto accusatorio” in danno del  processo Trattativa in corso di svolgimento presso la Corte di Assise di Palermo e che, pertanto, non si siano volute approfondire le denunce di Masi e Fiducia, definiti quali “vittime di azioni punitive alla luce del sole” ed ora rinviati a giudizio per calunnia perché testimoni (scomodi) di vicende particolarmente inquietanti.

Ricordo, come ricorderanno i suoi lettori, che nel 2006 è stato dato alle stampe un libro dal titolo La scomparsa dei fatti. Si prega di non pubblicare le notizie per non disturbare le opinioni nel quale si stigmatizzava quel tipo di informazione che – per  omaggiare i potenti o per perseguire le tesi propugnate dalla parte politica di appartenenza – propinava mere opinioni per fatti, vuote di contenuti oppure vere e proprie bufale.

La “scomparsa dei fatti” è, letteralmente, quanto si registra dalla lettura dell’articolo citato, che riguarda il M.llo Masi: il giornalista, infatti, non parla minimamente delle ampie motivazioni dell’ordinanza del Gip di Palermo, per enunciare invece le ragioni strumentali che, a suo dire, fondano l’imputazione coatta per calunnia e diffamazione imposta dal Gip, vale a dire creare consapevolmente una ondata di discredito su un teste del processo della Trattativa. Eppure l’ordinanza del Gip di Palermo in ventidue pagine esamina nel merito, punto per punto, le vicende che hanno costituito oggetto di denuncia da parte di Masi (e in misura più limitata di Fiducia).

Mi creda, Direttore, sarebbe possibile riempire i due paginoni centrali di un giornale se si volessero pubblicare l’uno dopo l’ altro i fatti denunciati, gli approfondimenti ed i risultati investigativi e la ricostruzione operata dal Gip che conclude, un episodio dopo l’altro, o che non vi è riscontro a che siano realmente accaduti i fatti di favoreggiamento denunciati dai sottoufficiali oppure che vi è la prova, all’opposto, che tali fatti non sono successi.

L’ordinanza elenca anche una serie di altre circostanze che concernono le modalità e le tempistiche della denuncia e che rendono difficilmente credibili le denunce di Masi, evidenziando anche l’esistenza di volontà accusatoria e consapevole, in capo allo stesso, di far processare soggetti che egli sa innocenti: le denunce – che datano 2.5.2013 –  sono intervenute in alcuni casi a distanza di 7 anni, in altri di 12 anni dai fatti, talora nonostante su tali vicende Masi si fosse già trovato a deporre e sebbene i fatti denunciati fossero di elevatissima gravità; contestualmente alla presentazione della denuncia del maggio 2013 è stata indetta una conferenza stampa a Roma, per conseguire il maggior rilievo mediatico e per presentarsi all’opinione pubblica quale vittima dei superiori a causa delle accuse da lui portate; in tale epoca, in realtà, Masi era già stato condannato in primo grado per falso e truffa ed attendeva la celebrazione del giudizio d’appello (condanna poi divenuta irrevocabile in Cassazione); in alcune dichiarazioni rese vi sono contrasti e discrasie tra loro insanabili e non superabili, tali da rendere il soggetto denunciante intrinsecamente inattendibile.

L’insistere, ancora attualmente, nell’accusa ai superiori di aver commesso gravi fatti finalizzati a rallentare l’azione di contrasto a Cosa Nostra, coprendo la latitanza dei suoi massimi esponenti, fatti che sono risultati del tutto insussistenti, infine dà conferma della piena consapevolezza in capo a Masi dell’innocenza degli incolpati.

In conclusione, non è affatto vero, come si sostiene nell’articolo di cui si discute, che non sono state volutamente svolte indagini per chiarire la portata delle denunce dei due sottufficiali mentre è semmai vero il contrario e gli esiti sono quelli sopra riassunti, tratti dalla ordinanza del Gip di Palermo.

Al fine di poter ristabilire la verità dei fatti, come ricostruita all’esito di capillari indagini, Le chiedo di voler dare spazio nel suo giornale alla presente missiva, poiché l’articolo pubblicato getta, senza fondamento, discredito sulla persona degli Ufficiali denunciati da Masi e Fiducia. Unisco altresì l’ordinanza Gip presso il Tribunale di Palermo, forse colpevolmente non nota all’articolista o comunque per consentirne la lettura integrale.