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Università: i superprof nominati da Renzi? Un’operazione ideologica e inutile

Dopo le dichiarazioni del presidente dell’autorità anticorruzione Raffaele Cantone sulla presunta correlazione (“nesso enorme”) tra “fuga dei cervelli” con il nepotismo e la corruzione interni al sistema universitario, qualcosa si è mosso. Cantone è stato invitato alla cena alla Casa Bianca con Obama e il governo, al fine di favorire il rientro di studiosi di valore operanti all’estero, ha annunciato un “concorsone” (le cosiddette “cattedre Natta”) finalizzato all’assunzione di 500 superprofessori.

Secondo Francesca Puglisi, responsabile università del Pd, questa nuova forma di reclutamento potrebbe sostituire quella ordinaria nel prossimo futuro.

Come allora c’era chi riteneva che la cosiddetta “Riforma Gelmini” avrebbe migliorato l’università (qualche ripensamento da parte di queste persone?), c’è oggi chi applaude a questa iniziativa, forse avendo solo letto gli annunci roboanti. Invece, chi l’università la conosce bene ha espresso forti perplessità. Qui una lettera aperta di molti docenti universitari. Tra i primi firmatari ci sono il vincitore della Medaglia Planck Giorgio Parisi e i vincitori di grant ERC, come Roberta D’Alessandro.

I concorsi universitari sono un argomento che appassiona quasi più della nazionale di calcio; e infatti ogni volta che se ne scrive arrivano nei commenti le proposte più fantasiose. Non a caso, tutti i governi si siano succeduti negli ultimi anni hanno messo mano alla legislazione universitaria. Ricordiamo brevemente i “risultati”: grazie alla narrazione di molti organi di stampa (corruzione, nepotismo, inefficienza, etc. etc.) riguardo l’università, di cui quelle di Cantone sono solo le ultime in ordine temporale, sono state intraprese delle “cure” (non dissimili dalle cosiddette “medicine alternative”) le quali hanno portato dal 2010 alla diminuzione di circa 12.000 docenti universitari (meno 20%) e tagli su tagli ai fondi di ricerca.

Il decremento di risorse però non ha colpito tutti allo stesso modo. Chi ha pagato di più sono stati proprio i giovani (spazzati via qualcosa come metà dei posti di dottorato). I pochi “ex-giovani” che hanno resistito, hanno visto cancellare la posizione del ricercatore a tempo indeterminato, sostituito da figure precarie. Siamo arrivati all’assurdo che per risparmiare, alcuni atenei hanno offerto posizioni di “ricercatore di tipo A” a tempo determinato (solo tre anni) con un impegno a “tempo definito” (part-time), a persone che stanno all’università dalla mattina alla sera, per svolgere lo stesso lavoro di prima.

In questo quadro devastante, è davvero una priorità l’assunzione dei 500 docenti? Al di là delle forti perplessità dal punto di vista tecnico (quali sono le competenze del presidente del Consiglio per nominare le commissioni che identificheranno i superprofessori? Qualcosa di simile accadeva solo ai tempi del Duce!) le criticità di questa operazione sono più profonde. Il giorno dopo che gli “Überprofessoren” avranno preso servizio, si troveranno in un sistema nel quale i bandi per i fondi di ricerca escono con scadenze imprevedibili (l’ultimo dopo tre anni), ogni volta con regole diverse, e soprattutto la cui percentuale di successo è minima (300 progetti finanziati su circa 4500 presentati nell’ultimo bando). Per spendere gli eventuali fondi di ricerca, tramite il Mepa dovranno affrontare problemi non semplici.

Questa operazione è però soprattutto preoccupante perché propaganda l’idea che si possa finanziare una presunta “eccellenza” a scapito della gestione ordinaria. La questione è analoga a quella del ponte sullo stretto. A che serve un’opera faraonica per risparmiare forse mezz’ora, quando per andare da Messina a Palermo in treno ci vogliono tre ore?

Sono state appena riaperte le criticatissime procedure per l’Asn, l’abilitazione scientifica nazionale, la “patente” che i candidati devono aver ottenuto per partecipare a uno dei (pochi) concorsi universitari. Possibile che mentre sia in corso una procedura “ordinaria” ci si preoccupi di indire un’altra procedura “straordinaria” e parallela, nella quale il superamento delle ex-mediane ora definite soglie bibliometriche (obbligatorie per i comuni mortali ma non per i superprofessori) non sia richiesto? Chi conosce la valutazione sa che la difficoltà principale non è di decidere chi siano gli scarsi. Su questo punto è facile trovare un accordo. La vera complessità è discernere tra i bravi e bravissimi, tanto che da più parti si è proposto di introdurre una “lotteria” per assegnare i fondi di ricerca. Si selezionerebbero i progetti solidi e finanziabili e a quel punto si decidono i vincitori in modo casuale, riconoscendo che a livelli altissimi ci sia comunque un’inevitabile aleatorietà di giudizio. Il modo quindi per selezionare i bravi è di avere dei bandi ordinari solidi dal punto di vista procedurale e finanziati adeguatamente, non di riciclare soluzioni propagandistiche del tempo di “quando c’era Lui”.