Capitoli

  1. Lavoro, crescita, deficit, 80 euro, fondi alla sanità, mutui e investimenti: quello che le 30 slide di Renzi non dicono
  2. Nell'ultimo anno su solo gli occupati over 50. E gli sgravi ci costeranno tra i 14 e i 22 miliardi
  3. Il divario tra uomini e donne e quello tra Italia e il resto della Ue
  4. Il pil dell'intero 2013 confrontato con la crescita del primo trimestre 2016 rispetto all'anno prima. Ma senza spiegarlo 
  5. Silenzio sul debito che a giugno ha toccato un nuovo record. Da febbraio 2014 è salito di 141 miliardi
  6. 80 euro, povertà, fondi per il sociale e la sanità
  7. I mutui erogati e lo shopping dei gruppi stranieri in Italia
Economia

80 euro, povertà, fondi per il sociale e la sanità - 6/7

Il premier ha scelto accuratamente i numeri da usare per raccontare agli italiani, in occasione dei suoi primi 30 mesi a Palazzo Chigi, "come stavamo prima dell’arrivo del nostro governo" e "come stiamo adesso". Nessun cenno all'aumento del debito pubblico, al fatto che l'occupazione sale solo per gli over 50 e alla restituzione del bonus. Quanto al pil, l'andamento negativo del 2013 viene confrontato con un "+1%" che è il dato - non paragonabile - relativo al primo trimestre 2016 rispetto allo stesso mese del 2015

Per ricordare uno dei suoi cavalli di battaglia, gli 80 euro in più nella busta paga dei lavoratori dipendenti che guadagnano fino a 26mila euro annui, il premier ha riciclato la slide diffusa in occasione dei due anni a Palazzo Chigi. Il confronto è facile: “ieri” i beneficiari erano zero, oggi “10,4 milioni di italiani ricevono 80 euro in più al mese”. Nel frattempo però ilfattoquotidiano.it ha raccontato come nel 2015 1,4 milioni di italiani, uno ogni otto beneficiari (11,5 milioni), siano stati costretti a restituire quei soldi allo Stato. E se poco più di 1 milione ha dovuto renderlo perché a fine anno è emerso che aveva guadagnato più del tetto massimo previsto, 341mila hanno dovuto dire addio a quella somma perché troppo poveri: trattandosi di una detrazione fiscale, il bonus non spetta a quanti hanno un reddito sotto i 7.500 euro all’anno, ma tra errori di calcolo e presunzioni sbagliate è successo che molti datori di lavoro lo versassero anche a loro. A quel punto l’Agenzia delle Entrate ha battuto cassa chiedendo indietro. Non a rate, come è stato versato, ma tutto in una volta.

Davanti alle proteste dei cittadini, a giugno il governo aveva fatto sapere di essere disponibile a “andare incontro” almeno a questa platea concedendo la rateizzazione o, “se ci sono le risorse“, rinunciando alla restituzione. Non se n’è più saputo nulla e le slide non ne parlano. In compenso rivendicano i “3,4 miliardi di fondi per il sociale” contro gli 1,8 di “ieri”. Un aumento purtroppo indispensabile, visto che l’anno scorso gli italiani in povertà assoluta siano saliti a 4,6 milioni, il numero più alto dal 2005. E il nuovo Sostegno di inclusione attiva, che parte proprio ora, è stato finanziato con soli 750 milioni, mentre secondo l’Alleanza contro la povertà servono almeno 7 miliardi di euro l’anno. Intanto l’Italia si piazza 32esima su 41 Paesi Ocse per misure di protezione sociale.

Un’altra slide rivendica i 111 miliardi di fondi per la sanità contro i 106,4 miliardi del 2013. Qualche dato in più: nel 2015 il Fondo sanitario nazionale è stato ridotto a 109,7 miliardi, nonostante il Patto siglato con le Regioni ne prevedesse 112. Per quest’anno il Def 2015 stabiliva che la dotazione aumentasse a 113,1. Nella legge di Stabilità sono diventati, appunto, 111. Obbligando gli enti locali a fare nuovi risparmi e tagli.