Il premier ha scelto accuratamente i numeri da usare per raccontare agli italiani, in occasione dei suoi primi 30 mesi a Palazzo Chigi, "come stavamo prima dell’arrivo del nostro governo" e "come stiamo adesso". Nessun cenno all'aumento del debito pubblico, al fatto che l'occupazione sale solo per gli over 50 e alla restituzione del bonus. Quanto al pil, l'andamento negativo del 2013 viene confrontato con un "+1%" che è il dato - non paragonabile - relativo al primo trimestre 2016 rispetto allo stesso mese del 2015
Qui sulla chiarezza dei numeri ci sarebbe da discutere. Le slide renziane mettono infatti a confronto il calo dell’1,9% del pil nel 2013 con un misterioso “+1%”. Non è facile capire da dove esca quel dato visto che l’unico indizio è “dati Istat” e l’ultimo dato ufficiale diffuso dall’istituto sul pil è il +0% registrato nel secondo trimestre. L’unico +1% – volendo escludere che il governo abbia scelto di anticipare nelle slide la revisione delle sue stime di crescita per l’intero 2016 – si ritrova nelle rilevazioni sul pil del primo trimestre. Che rispetto all’ultimo del 2015 – il confronto più rilevante – è salito a dire il vero dello 0,3%. Ma ha invece registrato, appunto, un +1% rispetto ai primi tre mesi del 2015. E fu quello il dato rivendicato su Twitter da diversi esponenti del governo, che ora si ritrova sulla slide. Un numero superato, considerato che venerdì 2 settembre l’Istat diffonderà il dato definitivo sul secondo trimestre che dallo “0” si discosterà al massimo di un decimale. La crescita acquisita finora è dello 0,6% contro la previsione di un +1,2% inserita nel Documento di economia e finanza, che verrà rivisto a fine mese prendendo atto del rallentamento dei consumi interni e dell’export e della frenata dell’industria. Non è un caso se gli indici di fiducia di consumatori e imprese sono in calo: il primo in agosto è sceso ai minimi da un anno. Nonostante questo, una delle slide di Renzi festeggia il confronto positivo tra il valore attuale dell’indice (definito “fiducia dei cittadini”) e quello registrato durante il governo Letta (109,2 contro 94,5).