Mafie

Napoli, i ‘bimbi della paranza’ condannati a 20 anni di carcere

E’ un durissimo colpo. Un vero cazzotto dello Stato, assestato nel corpo molle delle bande di camorra che sognavano il governo assoluto dei vicoli del centro storico di Napoli. Come i nonni, e dopo i padri e gli zii, una nuova generazione criminale ha tentato di riprendersi con violenza assoluta il “suo territorio”, attuando una strategia terroristica contro i clan rivali: MazzarellaDel Prete. Nasce un ‘cartello di camorra’ cresciuto attorno ai giovani eredi del clan-famiglia Giuliano, del rione Forcella. Come agli inizi degli anni Ottanta nacque l’alleanza della Nuova Famiglia contrapposta alla Nco (Nuova Camorra Organizzata) di Raffaele Cutolo, allo stesso modo l’ultima generazione dei Giuliano ha fondato, nel 2013, la cosiddetta “paranza dei bimbi“: un cartello di giovanissimi bamboccioni di malavita.

Una federazione criminale con epicentro la famiglia Giuliano e altri gruppi come Amirante, Brunetti e Sibillo, con il supporto della cosca dei Rinaldi di San Giovanni a Teduccio. Nei mesi, hanno seminato il terrore nel cuore antico della città. Una guerriglia violentissima con efferati omicidi, compresi quelli di vittime innocenti e agguati su inermi passanti usati come bersagli mobili solo per provare il funzionamento delle armi oppure per distrarre le forze dell’ordine. Follia allo stato puro. Degenerazione psichiatrica del crimine. Un potere predatorio, esibito con “stese” e azioni plateali in stile Far West per suscitare sottomissione e ottenere il dominio del territorio, conquistare lo scettro del potere da esercitare nei vicoli all’ombra del Duomo di Napoli.

Tutto per accaparrarsi il controllo delle attività illegali: spaccio, estorsione, usura e il mercato delle scommesse. Più che aspiranti camorristi, i bimbi delle paranze, somigliano ai terroristi dell’Isis, come più volte ha denunciato il magistrato Henry John Woodcock che, insieme al collega Francesco De Falco, ha istruito il processo con rito abbreviato contro gli emergenti senza storia delle bande di camorra. E la sentenza pronunciata ieri pomeriggio, nell’aula bunker del carcere di Poggioreale, dal giudice dell’udienza preliminare Nicola Quatrano, costituisce uno spartiacque, una frattura, una ferita durissima inferta al direttorio della “paranza dei bimbi”. Non è un caso se i fratelli Giuliano, ovvero Antonio e Giuseppe e poi Luigi junior, sono stati condannati rispettivamente a 16 e 14 anni di carcere.

Questi ultimi sono cresciuti nel mito del fratello Salvatore, detto ‘O russo, condannato con pena definitiva a 26 anni di reclusione per l’efferato omicidio di Annalisa Durante, appena 14 anni, trucidata il 27 marzo 2004 a Forcella nel corso di una sparatoria. Vittima innocente di camorra, per i camorristi solo un effetto collaterale di una guerra cronica e strisciante di una città sanguinolenta, dove i morti ammazzati sono la modalità “normale” di affermazione della forza criminale. Napoli fuori controllo. Napoli impazzita. Napoli da mettere in sicurezza. A vegliare e curare la carriera dei Gracchi c’è lei, Carmela De Rosa. Amorevole Cornelia della camorra che ha cresciuto i propri bambini, Salvatore, Antonio, Giuseppe e Luigi junior, a pane e pistole.

E proprio la mamma chioccia, la Cornelia di camorra sempre attenta alla pettinatura e all’abbigliamento, è stata riconosciuta “cassiera” della paranza dei bimbi e condannata a 6 anni e 4 mesi di carcere. Pena che si aggiunge ad un’altra, rimediata insieme al marito Luigi Giuliano, cugino e omonimo del più noto boss Lovigino, per aver minacciato il sottoscritto perché “scriveva cose fuori posto e mancava di rispetto.  In tutto, sono stati 44 gli imputati riconosciuti colpevoli a vario titolo di gravissimi reati: dall’associazione camorristica all’omicidio, allo spaccio di droga. I “bimbi della paranza” usciranno di cella quando avranno oltre i 40 anni d’età. Un risultato giudiziario fondamentale se solo si tiene presente che l’indagine e gli arresti avvennero il 9 giugno dell’anno scorso. In 12 mesi, Procura e Tribunale hanno messo un punto fermo a una storia fatta di violenza, efferatezza e di grave minaccia per la coesione sociale. E’ solo un primo passo. Occorre insistere.