Politica

Pizzarotti, Nogarin e la coerenza a tutti i costi del M5S

La coerenza è una brutta bestia. Soprattutto per il M5S, che su quel valore – perché è un valore – ha costruito parte della sua identità. In politica ti si può ritorcere contro: avete detto “chi è indagato deve lasciare”, quindi – per coerenza – dovete far dimettere i vostri; avete detto “fuori i partiti dalla Rai”, quindi – per coerenza – non toccate palla e gli altri si prendono tutto.

Ecco: è arrivato il momento che il M5S rifletta su se stesso, sui propri valori e sulla distanza tra il mondo ideale, che vorrebbe realizzare, e la realtà, difficile e sporca.

Chiariamo alcuni punti.

Le indagini nei confronti dei sindaci Nogarin (indagato per concorso in bancarotta fraudolenta) e Pizzarotti (indagato per abuso d’ufficio) non hanno nulla a che vedere con le inchieste ben più gravi che riguardano – solo per citare i più recenti – il presidente del Pd campano Graziano (indagato per concorso esterno in associazione mafiosa), il sindaco Pd di Lodi Uggetti (arrestato per turbativa d’asta) o l’europarlamentare Pd Soru (condannato in primo grado per evasione fiscale). Un conto è il fallimento dell’Aamps di Livorno (responsabilità dell’amministrazione precedente Pd) e l’assunzione di 33 precari, e le nomine al Teatro Regio di Parma, un’altra è – secondo le accuse – aver chiesto voti al clan dei Casalesi, aver taroccato gare d’appalto per favorire società amiche o aver evaso il fisco per milioni di euro.

Le indagini nei confronti dei sindaci pentastellati sono “atti dovuti”, ma perché Nogarin non è stato sospeso e Pizzarotti sì? Perché il primo ha comunicato immediatamente al M5S di aver ricevuto un avviso di garanzia, il secondo è stato zitto per circa tre mesi. Credo sia stato un silenzio grave, rispetto al quale le motivazioni addotte oggi da Pizzarotti e riassumibili in “Mi avete lasciato solo”, suonano come arrampicate sugli specchi (lo stridio si sentiva distintamente ieri sera da Mentana).

Siamo alla vigilia di elezioni decisive (comunali e referendum), su cui si gioca la sopravvivenza di Renzi, ma anche del M5S: è pronto a guidare i comuni più importanti d’Italia e il paese, o non è in grado? Tanto sono decisive, quanto feroce è e sarà la campagna elettorale. Prepariamoci: questo è solo un assaggio.

Per tutto questo, per evitare confusioni (“tutti rubano”), attacchi (“giustizialisti coi nemici e garantisti con gli amici”), e harakiri, è necessaria un’assoluta chiarezza di comportamento. Da parte di Pizzarotti e da parte del M5S, perché in un momento così cruciale i due destini sono intrecciati: l’uno fa male all’altro e viceversa. Pizzarotti non ha mai nascosto la sua dissidenza, così come il M5S i suoi metodi a volte rudi; ma è anche vero che l’uno ha ben amministrato Parma, come l’altro ha scardinato positivamente gangli melmosi della politica nazionale (per questo è tanto temuto); l’uno esiste grazie all’altro e viceversa. Perché non ripartire da qui? Perché non mettere da parte i rispettivi orgogli e vanità ferite? Oggi il tempo delle beghe interne è finito.

Credo che Pizzarotti dovrebbe ammettere l’errore, accettare la sospensione e, invece di screditare il movimento a cui deve tutto, sostenerlo in vista delle prossime scadenze elettorali.

Credo che anche il M5S dovrebbe ammettere gli errori e, oggi che dalla gioventù è passato all’età adulta, stabilire una linea chiara, invece di rivendicare una coerenza che poi non riesce a rispettare, confondendo i suoi elettori. Quale potrebbe essere? Ad esempio che chi viene indagato deve essere immediatamente sospeso dal partito, in attesa di ulteriori sviluppi. Anche Nogarin. Solo se già nel corso delle indagini emergessero gravi indizi di colpevolezza (e non parrebbe né il caso di Nogarin né di Pizzarotti), ci dovrebbero essere espulsioni e dimissioni.

A meno che non vogliano continuare a farsi del male da soli