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Banche fallite, Vegas si autoassolve: “I rischi dei bond erano chiari nei prospetti. Nostri errori? Siamo umani”

Il presidente della Consob nella relazione annuale al mercato ha ammesso che l'autorità "può aver sbagliato". Poi però ha dato la colpa all'eccesso di informazioni nei documenti messi a disposizione dei risparmiatori: "Troppo lunghi e complessi per poter essere compresi, utili solo a chi li redige per evitare guai legali". Infine ha riconosciuto che occorre centralizzare la vigilanza a livello europeo

“L’attività umana non è mai esente da rischi. I poteri pubblici non possono eliminare ogni forma di rischio, ma devono renderlo ragionevole. Questo è il compito delle autorità di tutela del risparmio. Le donne e gli uomini che le guidano e vi lavorano possono, come ogni essere umano, commettere errori“. Chissà come suonerà, alle orecchie dei risparmiatori truffati da Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife, la confessione di fallibilità scandita dal presidente della Consob Giuseppe Vegas durante la relazione annuale al mercato finanziario. Seguita, peraltro, dall’ammissione che i prospetti che dovrebbero informare i clienti di quei rischi sono “troppo lunghi e complessi per potere essere letti e pienamente compresi” e ormai servono soprattutto “a chi li redige per prevenire rischi legali“. E che, sul fronte della vigilanza, è necessario “dotare l’autorità europea del potere di definire modelli e procedure vincolanti per quelle domestiche e di controllarne successivamente l’operato, anche mediante ricorso a interventi sostitutivi“.

Parlando al parterre riunito come è tradizione a piazza Affari, dopo la parentesi del 2015 all’Expo, l’ex senatore di Forza Italia che guida l’autorità chiamata a tutelare gli investitori e vigilare sui comportamenti degli operatori ha sostenuto che i rischi delle obbligazioni subordinate azzerate dal decreto del 22 novembre 2015 erano noti a tutti. “I prospetti e i supplementi informativi che accompagnavano le emissioni erano stati redatti nel rispetto delle regole di trasparenza previste dalle norme sul prospetto informativo”, ha detto alla platea in cui sedeva anche Roberto Nicastro, presidente delle ‘nuove’ quattro banche. Ma al termine del suo intervento, come un acrobata sul filo, ha riconosciuto che errare è umano e capita anche alle autorità di vigilanza. Le quali comunque, ha rivendicato, “sono qui per dare fiducia ai risparmiatori italiani”. E devono “operare in accordo con tutte le altre” istituzioni con “leale collaborazione” per “determinare il giusto in modo uguale”.

La citazione viene dalla Politica di Aristotele e continua così: “Quel che è giusto in modo uguale tiene d’occhio il vantaggio dello Stato intero e quello comune dei cittadini“. Tradotto: governo, authority e – si suppone – magistratura, nel valutare se a qualcuno sono stati rifilati strumenti finanziari incompatibili con il suo profilo di rischio, devono tener presente anche il quadro più ampio. Musica per le orecchie dei presenti: tra gli altri il numero uno dell’Abi Antonio Patuelli, quello dell’Acri Giuseppe Guzzetti, l’amministratore delegato del Banco Popolare Pier Francesco Saviotti, quello di Mediobanca Alberto Nagel, il presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro, quello di Unicredit Giuseppe Vita, il consigliere delegato di Ubi Victor Massiah e l’ad di Unipol Carlo Cimbri. Meno, forse, il procuratore aggiunto del dipartimento reati finanziari della Procura di Milano, Francesco Greco, presente anche lui a Palazzo Mezzanotte.

L’addio agli scenari probabilistici e l’eccesso di informazioni nei prospetti – Difficile dire se il mea culpa sugli “errori” si applichi anche alla decisione di mandare in soffitta, tra 2009 e 2011, gli scenari probabilistici che mostravano in modo sintetico al risparmiatore, con un valore percentuale, quante possibilità c’erano di veder andare in fumo il proprio capitale. Si direbbe di no, visto che la parte esplicita dell’excusatio ha riguardato solo l’eccesso di informazioni contenuto nel prospetto: “Un eccesso di informazioni equivale quasi sempre a una carenza di informazioni“, ha riconosciuto il presidente Consob.”Il prospetto informativo non si è dimostrato un mezzo idoneo a fornire una risposta efficace al bisogno di conoscenza“. In particolare, “il prospetto è divenuto uno strumento utile a chi lo redige per prevenire possibili rischi legali, ma rimane un documento troppo lungo e complesso per potere essere letto e pienamente compreso dal risparmiatore”. Occorre “operare una selezione”, cosa che ora l’authority, a buoi scappati, propone di fare mettendo in consultazione “una raccomandazione recante linee guida per definire e standardizzare i contenuti delle avvertenze per l’investitore” e “un’altra raccomandazione contenente principi guida relativi alle informazioni chiave da fornire ai clienti al dettaglio nella distribuzione di prodotti finanziari”.

Modelli di vigilanza “non in discussione” – Nessun ripensamento, per Vegas, è comunque necessario sui “modelli di vigilanza sulla prestazione dei servizi d’investimento”: “Le vicende relative alla liquidazione delle quattro banche non ne mettono in discussione la validità di fondo“. Nel mirino vanno messi solo i “modelli di gestione” di alcune banche “nei quali mancava un sistema adeguato di checks and balances fra soggetti decidenti, organi di gestione e organi di controllo” – tutti aspetti soggetti alla vigilanza della Banca d’Italia. E’ stato questo “meccanismo di corporate governance debole”, punta il dito Vegas, che “ha provocato a imprese e risparmiatori danni i cui effetti negativi sono stati in alcuni casi sanzionati e in altri sono in corso di verifica da parte delle autorità di controllo e della magistratura”. Non l’inazione della Consob, su cui fino allo scorso dicembre – quando sono stati nominati i due membri mancanti del collegio dei commissari – Vegas ha regnato indisturbato grazie al suo voto doppio in caso di parità.

Amnesia totale sulle responsabilità dell’authority nell’aver fatto perdere centinaia di milioni di risparmi agli obbligazionisti delle quattro banche. Si pensi a quando, nel dicembre 2013, la commissione ha pubblicato sul proprio il sito il supplemento al prospetto informativo dei bond di Banca Etruria emessi quella primavera e ha concesso ai risparmiatori solo due giorni a cavallo delle festività per esercitare il loro diritto di revoca. Questo nonostante la normativa Ue dica chiaramente che i due giorni sono il tempo minimo da concedere ai clienti, tempo che può essere prorogato a discrezione dell’autorità.

Unico indizio del fatto che serva un cambio di passo è stato l’auspicio che venga “realizzata una piena centralizzazione” a livello europeo “della vigilanza sull’intermediazione finanziaria”, dotando l’autorità europea “del potere di definire modelli e procedure vincolanti per quelle domestiche e di controllarne successivamente l’operato, anche mediante ricorso a interventi sostitutivi”.

Sanzioni giù da 20,6 a 12,1 milioni – A supporto della tesi secondo cui la vigilanza è stata efficiente ed efficace, Vegas ha ricordato che dal 2007, anno di introduzione della direttiva Ue sui mercati finanziari (Mifid), “Consob ha realizzato circa mille interventi di vigilanza in materia di servizi di investimento” con una copertura di “circa il 90% del risparmio investito in strumenti finanziari riconducibili a clientela retail, mentre le verifiche ispettive hanno riguardato il 55% circa del mercato”. Sfogliando le 244 pagine della relazione si scopre però che nel 2015 l’authority ha irrogato sanzioni per 12,1 milioni contro i 20,6 milioni di multe del 2014. Secondo l’autorità non si può fare un confronto perché nel 2014 erano arrivati a compimento quattro casi di particolare entità – quelli cioè legati a Premafin, Fondiaria-Sai, Monte dei Paschi e Proto -, che da soli avevano comportato sanzioni per un totale di 16 milioni di euro. Nel 2015 la sanzione più alta è quella che si riferisce a Tercas, che ammonta a 976mila euro. Nel frattempo però alcuni pronunciamenti della commissione sono stati annullati perché l’autorità ci ha messo troppo tempo a fare gli accertamenti: è il caso della multa da 1,4 milioni all’immobiliarista Danilo Coppola, comminata dopo oltre due anni di indagini. Questo dopo che lo scorso anno il Consiglio di Stato ha sancito che la fase dell’iter sanzionatorio che si svolge davanti alla Consob presenta numerose criticità.