Società

Sicilia, per attirare i giovani c’è un vescovo che canta Marco Mengoni

Gesù si è fatto agnostico, i killer si convertono qualcuno è già in odor di santità”. Chiudete gli occhi e immaginatevi un vescovo teologo, calabrese ma in missione in Sicilia, precisamente a Noto, che con tanto di talare nera, anello, croce pettorale e zucchetto viola, canta “Amen” di Francesco Gabbani, vincitore di Sanremo giovani 2016. Intonazione perfetta e concerto per i giovani della sua diocesi invece di un pallosa omelia. Al posto del pastorale il presule imbraccia una chitarra con la quale accompagna le sue prediche musicali. Non è un scherzo e nemmeno il sogno di un visionario che spera invano che i pastori, preti e vescovi, non si parlino più addosso nelle omelie ma che dialoghino finalmente con i fedeli seduti annoiati nei banchi delle chiese a sopportare estenuanti, noiose e spesso vuote omelie.

Monsignor Antonio Staglianò, dal 2009 vescovo di Noto, ha deciso di correre il rischio e di essere controcorrente. E il repertorio delle sue prediche in musica non è certo tra i più canonici. Si spazia da Marco Mengoni, senz’altro il suo cantante preferito, a Noemi, ai Nomadi, a Edoardo Bennato, a Giovanni Caccamo e alla new entry Gabbani. Non che Staglianò quando canta a furor di popolo sull’altare di una chiesa o su un palco di piazza non manifesta in modo nemmeno tanto velato la soddisfazione di chi sta realizzando il sogno di una vita. Ma un po’ di vanità gli si perdona perché il suo obiettivo è di far arrivare il Vangelo ai giovani e la ricetta è senz’altro vincente.

Don Tonino, come lo chiamano ancora in tanti, ha un curriculum di studioso di tutto rispetto. E chi vuole farlo passare per un menestrello di bassa lega adoperando l’arma della denigrazione ben nota ai vecchi curiali dimostra di provare soltanto invidia per la forza vincente delle sue omelie. Prete dal 1984, laurea in teologia alla Gregoriana con studi anche in Germania e all’Università statale di Cosenza. Assistente diocesano della Federazione universitaria cattolica italiana, parroco, vicario episcopale e direttore dell’Ufficio cultura nella sua diocesi natale di Crotone. Poi direttore e docente dell’Istituto teologico calabro con insegnamenti anche alla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale di Napoli e all’Istituto di scienze religiose di Crotone. Corsi di teologia anche alle Università Urbaniana e Gregoriana di Roma. Nel 1997 diviene teologo consulente della Conferenza episcopale italiana per il Progetto culturale fortemente voluto dall’allora presidente, il cardinale Camillo Ruini. Benedetto XVI lo nomina uditore al Sinodo dei vescovi del 2005 sull’Eucaristia. E nel 2009 arriva la nomina a vescovo di Noto.

Ma Staglianò, tra lo zucchetto, la mitra e il pastorale, non ha dimenticato di imbracciare anche la chitarra e di parlare ai giovani della sua diocesi attraverso le sue amate “canzonette”, come le definisce. “Da anni – racconta il vescovo – insisto nelle mie omelie sul concetto dell’umano dell’uomo che va perdendosi dentro la società dell’ipermercato. Dentro la legge narcisista del consumo si perde qualcosa di noi e si crea nella nostra esistenza un grande vuoto. Quando casualmente ascoltando la radio ho scoperto brani pop che ripetono questi concetti e in cui i giovani si immedesimano, grazie alla forza della musica, ho deciso di utilizzarli”. Un modo di fare la predica incoraggiato anche da Papa Francesco che nella Evangelii gaudium, il documento programmatico del suo pontificato, precisa però che “l’omelia non può essere uno spettacolo di intrattenimento, non risponde alla logica delle risorse mediatiche, ma deve dare fervore e significato alla celebrazione”.