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Truffa Sopaf, Cassazione annulla assoluzione per Aldo e Giorgio Magnoni

I supremi giudici hanno cassato con rinvio il verdetto con cui i giudici d’Appello di Milano avevano stabilito che il "fatto non sussiste" per i due fratelli e altri cinque imputati. Aggiornato al 12 marzo il processo per bancarotta

Lo scorso 11 giugno avevano tirato un sospiro di sollievo. A poco più di un mese dagli arresti per bancarotta per i fratelli Aldo e Giorgio Magnoni della holding Sopaf era arrivata un’assoluzione dall’accusa di truffa. La Corte di Cassazione però ha annullato con rinvio la sentenza con cui i giudici d’Appello di Milano avevano stabilito che il “fatto non sussiste” per i Magnoni e altri cinque imputati.

Cuore del processo l’accusa di truffa alla Cassa di Risparmio di Ferrara, legata a progetti di sviluppo immobiliare denominati Milano Santa Monica e MiLuce, finanziate dall’istituto di credito ferrarese e dalla sua controllata Sgr Vegagest. Con la decisione della Suprema corte ora dovrà essere celebrato un nuovo processo d’appello anche se incombe la prescrizione. I magistrati di secondo grado avevano ribaltato la sentenza di primo grado con cui i due fratelli erano stati condannati a quattro anni e degli altri imputati, tra cui l’ex direttore di Carife Gennaro Murolo, a pene che andavano dai due anni e mezzo fino ai quattro anni e mezzo.

Secondo le accuse, con questi progetti di sviluppo immobiliare sarebbe stata commessa una truffa ai danni della Carife, attraverso tra l’altro l’acquisto di terreni comprati per importi poco rilevanti e poi rivenduti con plusvalenze di decine di milioni di euro. I giudici di appello, oltre a emettere un verdetto di assoluzione perché ”il fatto non sussiste”, avevano revocato anche revocato la provvisionale di 25 milioni di euro disposta dal Tribunale a favore della Cassa di risparmio di Ferrara. Il pm milanese Gaetano Ruta, applicato come pg, pur con una riduzione rispetto al primo grado per via della prescrizione di alcuni reati, aveva chiesto condanne dai due anni e mezzo ai 4 anni di carcere. “Sono certa che questa assoluzione inciderà anche sull’altra inchiesta che riguarda i fratelli Magnoni -aveva commentato l’avvocato Giulia Bongiorno, legale di Giorgio Magnoni -. L’esito era prevedibile, anche perché non c’era alcun indizio”.

Per la famiglia Magnoni però i guai giudiziari non sono finiti. Per quanto riguarda la bancarotta Sopaf, il giudice per le indagini preliminari dei Milano Alessandro Sant’Angelo aveva respinto la richiesta di patteggiamento di Giorgio e Luca Magnoni, rispettivamente a 3 anni e 10 mesi e 2 anni e 10 mesi, ritenendo la pena incongrua. Di conseguenza è stato emesso un decreto di giudizio immediato e gli imputati sono stati rinviati a giudizio davanti ai giudici della I sezione penale del Tribunale di Milano.

Il processo, iniziato l’8 gennaio, è stato aggiornato al prossimo 12 marzo perché i giudici della prima sezione penale hanno dovuto disporre una nuova notifica degli atti all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti (Inpgi) e alle casse previdenziali di medici e ragionieri per permettere ai tre enti di costituirsi come parti civili. In particolare per l’Inpgi, il cui presidente Andrea Camporese è indagato per truffa in uno stralcio dell’inchiesta, la sigla Unità sindacale aveva chiesto che l’ente si costituisse parte civile.