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Ue, la Commissione cancella la direttiva sul congedo per i neo-genitori

La proposta, che estende il periodo di maternità a 20 settimane e prevede due settimane per la paternità, è bloccata da quattro anni a causa del mancato accordo tra i Paesi membri. Così Bruxelles vuole fare tabula rasa e presentarne una nuova. Associazioni e sindacati in allarme fanno appello a Juncker: “Diritti delle lavoratrici a rischio. Conservatori ed estremisti religiosi minacciano i diritti delle donne”

Dopo quattro anni di stallo, la Commissione europea si appresta a cestinare la proposta di direttiva sul congedo di maternità e paternità in Europa. La decisione si iscrive in un più vasto processo di semplificazione e snellimento della legislazione comunitaria “incagliata”. Nel caso della direttiva sul congedo di maternità, gli Stati membri non avevano ancora trovato un accordo di massima, motivo per cui la Commissione è pronta a fare tabula rasa. Pronto l’appello di associazioni, sindacati e parte dell’Europarlamento al neo eletto presidente, Jean-Claude Juncker, affinché non cancelli il lavoro fatto finora.

Che cosa propone la direttiva – In teoria questa direttiva propone di estendere in tutta Europa da 14 a 20 settimane la durata minima obbligatoria del congedo di maternità e di riconoscere alla lavoratrice la retribuzione mensile piena, vale a dire al 100% dello stipendio. In più definisce alcuni standard in materia di salute, sicurezza sul lavoro e divieto di licenziamento per le lavoratrici incinte e introduce nella legislazione Ue due settimane di congedo di paternità, anche queste a pieno stipendio. La vera novità per l’Italia, dove il congedo di maternità è già obbligatorio per cinque mesi con altri sei facoltativi e per condizioni eccezionali, riguarderebbe i padri. E potrebbe contribuire a ridurre le discriminazioni tra lavoratori uomini e donne al momento dell’assunzione. Questo congedo, inoltre, andrebbe ben al di là dell’attuale “congedo parentale” previsto in forma facoltativa e non strettamente collegato al parto, per il quale la retribuzione si ferma al 30% del totale.

Quattro anni in cerca di un accordo – Nonostante l’importanza della questione, questo dossier risulta bloccato in sede di Consiglio Ue dal 2010 a causa della mancanza di accordo tra Stati membri sulle 20 settimane e sul congedo di paternità. Fermamente contrario, come su ogni interferenza europea in materia di diritto al lavoro, il Regno Unito, insieme ad altri Paesi del Nord Europa. Dove però le lavoratrici godono già di più diritti rispetto a molti Stati del Sud. Nel corso del 2010 e del 2011 l’ex Commissaria Ue alla Giustizia Viviane Reding, adesso eurodeputata, ha proposto varie alternative ai Paesi membri per cercare un compromesso, ma ogni tentativo è risultato inutile.

La Commissione vuole presentare una nuova proposta – Fino a che l’esecutivo di Bruxelles ha incluso questa direttiva in quelle soggette ai tagli del programma REFIT, con il quale si propone di snellire e semplificare la corposa regolamentazione comunitaria. Oltre al congedo di maternità, sotto la scure di Refit potrebbero finire norme sui rifiuti, la sicurezza e la salute dei lavoratori e i principi generali della legislazione alimentare. L’intento è quello di presentare al più presto una nuova proposta che inizierà l’intero iter legislativo da capo. Ed è proprio qui il problema: visti i vari passaggi obbligatori tra istituzioni europee, le prime e seconde letture e il consenso da cercare tra i Paesi membri, azzerare l’intera procedura sul congedo di maternità – come sulle altre proposte legislative – vuol dire rimandare il tutto alle calende greche.

Associazioni e sindacati in allarme – La prima ad intervenire è stata l’associazione internazionale European Women’s Lobby (Ewl) che ha mandato una lettera a Jean-Claude Juncker prima ancora della sua elezione definitiva a Strasburgo: “Si tratta di una decisione scandalosa che prende in ostaggio sia le lavoratrici incinte che i futuri padri – scrive il segretario generale Ewl Joanna Maycock – Le forze più conservatrici e religiose e i rappresentanti dell’estrema destra politica stanno danneggiando le lavoratrici rimettendo in questione alcuni diritti basilari delle donne”. Dall’Italia le fa eco il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, con una lettera indirizzata agli europarlamentari italiani in vista del dibattito avvenuto nel pomeriggio: “La Cgil sostiene una revisione della direttiva che porterebbe a cambiamenti significativi e positivi per milioni di donne in Europa, soprattutto rispetto a due questioni fondamentali: il pagamento integrale del congedo di maternità e la protezione delle donne contro le discriminazioni”’.

La parola passa a Juncker – La decisione di ritirare o meno la proposta di direttiva sul congedo di maternità spetta adesso al neo eletto presidente della Commissione Juncker. Che potrà dare così subito prova di quanto promesso al Parlamento europeo sui diritti dei lavoratori.

@AlessioPisano