Mondiali di Calcio

Brasile 2014, talenti all’estero troppo presto: così nasce la crisi del calcio carioca

L'umiliazione inflitta dalla Germania ai Verdeoro per chi conosce il calcio brasiliano non è stata una sorpresa. Sabatino Durante, agente Fifa esperto di calcio sudamericano, analizza: "In Brasile c’è crisi di idee, di promesse, vendute a peso d’oro a club stranieri, soprattutto ucraini e russi". Per Basta considerare che ai Mondiali Under 20 in Turchia la nazionale brasiliana non era neanche presente

Il fallimento ai Mondiali 2014 ha spazzato via in un sol colpo gli stucchi e i paramenti che negli ultimi due anni avevano mascherato la crisi del calcio brasiliano. Un’involuzione nascosta agli occhi propri e altrui, attraverso vittorie in realtà poco attendibili o terribilmente stentate. Ma per chi segue da vicino la realtà brasiliana, la disfatta contro la Germania non è stata una grande sorpresa.

Sabatino Durante, agente Fifa grande esperto di calcio sudamericano, prima del match aveva pronosticato un 6-1 per i tedeschi. Ci è andato molto vicino. E adesso la sua analisi per ilfattoquotidiano.it è spietata: “In Brasile c’è crisi di idee, di talenti. Tante scelte sbagliate che hanno portato alla semifinale di martedì”. Il “Mineirazo”, la peggiore sconfitta della storia del calcio carioca, nasce infatti da lontano. Un anno fa, mentre il Paese si illudeva con il trionfo in Confederation Cup, un altro risultato avrebbe dovuto far riflettere la federazione. Ai Mondiali Under 20 disputati in Turchia la nazionale brasiliana non era neanche presente. Non qualificata, a causa del disastro nel Sub-20 sudamericano: eliminata da Perù, Uruguay ed Ecuador, in un girone a cinque in cui passavano il turno in tre.

L’assenza in un torneo in cui il Brasile ha sempre primeggiato (cinque vittorie e tre secondi posti) era un sintomo chiaro della crisi in atto. Adesso i nodi vengono al pettine anche a livello di nazionale maggiore. La Selecao è arrivata a giocarsi il mondiale di casa con una delle formazioni più modeste di sempre. Una squadra muscolare, senza fantasia. Sul banco degli imputati è finito Luiz Felipe Scolari, colpevole in primo luogo di aver insistito su Fred e Jo. Gli si rinfaccia di aver lasciato a casa Ronaldinho, ma il fatto che l’unica vera alternativa fosse rappresentata da un 34enne scaricato dal calcio europeo, la dice lunga sulla mancanza di giocatori di qualità.

Eppure di talenti il Brasile ne ha sempre prodotti in quantità industriale. “E continua a farlo – spiega Durante – solo che rispetto al passato tanti si bruciano presto”. La responsabilità è di un sistema che non permette loro di crescere per gradi: “Basta qualche partita perché un ragazzino venga chiamato ‘craque’ e sia venduto a peso d’oro a club stranieri, soprattutto ucraini e russi, che ormai fanno scouting massiccio da queste parti. Ma la maggior parte di loro non ha la cultura di base per gestire successo, ricchezza e l’impatto con una realtà totalmente diversa. E così molti si perdono nel nulla”

Anche in patria, poi, affermarsi è al contempo troppo facile e troppo difficile: “I giovani – prosegue Durante – emergono nei campionati statuali di inizio anno, in cui le grandi squadre corricchiano e le piccole danno il massimo. Spesso i fenomeni che si mettono in vetrina in questi tornei sono solo presunti tali, perché il test è di basso livello. Il Brasile è un Paese grande quasi quanto l’Europa, ma con un numero abbastanza limitato di squadre professionistiche (circa 40). Non tutti riescono a trovare spazio, e a volte non sono i migliori”. A questo si aggiungono le tante scelte sbagliate a livello di vertice. La Federazione ha due presidenti (Josè Maria Marin, in carica dal 2012, e Marco Polo Del Nero, che gli subentrerà nel 2015): l’aver già eletto il successore ha delegittimato l’attuale numero uno e complicato il processo decisionale.

Le giovanili, dopo l’addio di Ney Franco e Marquinhos Santos (ct dell’Under 20 e l’Under 17), sono state a lungo abbandonate a se stesse, prive di una guida all’altezza. Mentre in nazionale A, complice la carenza di talenti (a parte Neymar) si ricercava solo grinta e difesa, perdendo contatto con la propria identità. “Il Brasile ha sempre vinto con il dribbling e l’allegria”, sottolinea Durante. “Ha voluto aggiungervi la ‘raca’, ma hanno inseguito un modello che non era nelle loro corde”. Così il calcio brasiliano si è smarrito. Ed è arrivato all’1-7 contro la Germania, il punto più basso della sua storia.

Adesso bisognerà ricostruire. “Il momento è difficile, ma io non sarei troppo catastrofico”, conclude Durante. “In ogni caso sono arrivati in semifinale, non tutto è da buttare. La nostra crisi, ad esempio, è peggio della loro. Siamo stati eliminati al girone, abbiamo un campionato di basso livello, settori giovanili inesistenti e una federazione allo sbando. Se quello del Brasile è un disastro, per il calcio italiano dovremmo proclamare lutto nazionale”.

Lo speciale mondiali de ilfattoquotidiano.it

Twitter: @lVendemiale